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#PercorsiCritici - n. 38 - L'attesa: vuoto da riempire o orizzonte pieno di senso?

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C'è una scena, all'interno del celeberrimo film di Luca Guadagnino, Chiamami col tuo nome, uscito nel 2017 e tratto dall'omonimo libro di André Aciman, in cui Oliver, un giovane e bellissimo studioso americano, allievo e ospite del sig. Pearlman, parla con Elio e alla domanda su cosa solitamente si faccia in estate nella pianura padana, quest'ultimo risponde così: "qui si aspetta che finisca l'estate, poi si aspetta che torni l'estate". Queste parole, dal grande potere evocativo, sono altamente rappresentative di quella particolare sensazione di sospensione che cala sulle pianure padane nei lunghi mesi estivi, in cui, in effetti, si verifica un generale rallentamento delle attività di fatica, impossibili da svolgere nelle ore più afose, ma sono anche portatrici di quel sentimento di attesa che caratterizzerà la prima parte della storia d'amore tra Elio e Oliver: le lunghe speranze sospese, nella speranza che sia l'altro a fare il primo passo, il desiderio che il tempo si fermi così che i due possano godere un po' di più del loro amore, la credenza che la ripresa delle attività ordinarie segnerà la fine della loro frequentazione. Insomma, un'attesa che si configura come una speranza di felicità, in un sentimento che coinvolge i due innamorati ben più di quanto essi potessero anche solo immaginare. Ed è così che, anche prendendo spunto dalle tracce dell'ultimo esame di Stato (pur declinando l'argomento un po' a modo nostro), abbiamo pensato di dedicare questo #PercorsiCritici proprio a questo tema, ovvero all'attesa.

Che l'estate in pianura padana sia caratterizzata da questa sensazione di sospensione, è messaggio chiaro anche in Oceano Padano (Laterza, 2015) di Mirko Volpi, in cui la stagione viene raccontata con toni simili, in un passaggio lento e legato ai ritmi della natura. Una sospensione mistica, in cui l'afa abbraccia e costringe, e il frinire cantilenante delle cicale è l'unica canzone che nelle ore più calde si spande nell'aria.

Se in Chiamami col tuo nome e in Oceano Padano l'attesa viene associata alla stagione estiva, con le lunghe ore di luce, le piazze che si svuotano nelle ore più calde e l'afa che fa tremare l'aria, e nel primo connota in senso decisamente romantico una storia d'amore colta nel suo iniziale fiorire, rendendola avulsa dalla realtà, in Dino Buzzati (Il deserto dei tartari) tale sentimento assume dei contorni più amari ed esistenziali, e il compito del tenente Drogo, di vedetta presso una fortezza al limitare del deserto, si rivela ben più di un appostamento militare. L'attesa dei tanto annunciati tartari, infatti, assume contorni simbolici, costituendo in fondo un'allegoria della vita umana, e il perenne appostamento in attesa del nemico vede emergere dal fondo dell'animo del protagonista e del lettore un solo e unico interrogativo sul senso di tale aspettativa.

Ancora un militare è protagonista di un altro libro che ha l'attesa come proprio punto cardine, Il ritorno del soldato, di Rebecca West (Fazi, 2022): in questo libro il protagonista, Chris, torna dalla Grande Guerra, ma quando lui mette piede nella tua terra si scopre che in realtà a dover ritornare è anche la sua memoria. Scopriamo, infatti, che Chris soffre di shell shock, malattia che gli ha causato un'amnesia che ha comportato la perdita degli ultimi quindici anni della sua vita.

Se Drogo è sicuramente uno dei più famosi ed esemplari personaggi della storia della letteratura ritratto in attesa, in realtà non è l'unico. In tempi più recenti, infatti, va segnalato Mattia Signorini, il quale, in Le fragili attese (Marsilio, 2015), è riuscito a condensare in un solo libro diversi personaggi colti in sospensione, racchiusi in una pensione, che rappresenta una sorta di corrispettivo moderno, anche se per certi aspetti diverso, della fortezza in mezzo al deserto. Rifugio per chi vuole congedarsi dalla frenesia della vita moderna perché un luogo sospeso nel tempo, la pensione Palomar è il centro nevralgico da cui partono diverse storie, tutte accomunate dalla volontà di mettersi in attesa, perché delusi da qualcosa e qualcuno. Vale lo stesso discorso per Italo, protagonista del romanzo, che è fuggito lontano dal suo luogo d'origine, ma che non riesce, tuttavia, a risolvere il suo presente, forse perché l'unico modo di liberarsi dai fantasmi del passato è affrontarli.

Se i personaggi di Le fragili attese hanno scelto volontariamente di rifugiarsi in un luogo appartato, la contessina Cornelia, protagonista di L'attesa (La Nave di Teseo, 2022), è invece costretta dalla sua famiglia a nascondersi nelle sue stanze perché incinta di un figlio illegittimo, nato da una relazione antecedente al suo matrimonio combinato col Duca di Francia. Tuttavia, sulla scena irromperà un altro personaggio, la serva Rosa, anche lei in dolce attesa di un figlio illegittimo, concepito all'interno di una relazione adulterina. Col tempo il rapporto tra le due diventerà sempre più stretto, fino a quando non si scoprirà cosa si cela dietro il misterioso arrivo di Rosa, ed ecco che l'attesa, stavolta intesa in un duplice senso, assume significati ulteriori, con una tensione crescente...

Nel caso di Matteo Bussola, invece, il luogo (anzi, il "non-luogo", potremmo dire) di sospensione per eccellenza, ovvero la sala d'attesa di una stazione, abitata di fatto solo da persone che sono in transito verso un appuntamento temporale molto preciso, può dare luogo a una narrazione intima e vivace poiché un filo rosso lega tutti i personaggi presenti, senza che loro ne siano consapevoli. Il tempo di tornare a casa (Einaudi, 2021), in questo senso, costituisce uno dei ritratti più dolci e sentimentali di quello che l'attesa può significare nella vita di diverse persone.

Ma l'attesa può essere spiegata? Ovvero, si può parlare di un sentimento che di fatto è molto soggettivo, e che assume tante sfumature quante sono quelle dell'animo di chi lo vive? Andrea Kohler ci si è cimentato in L'arte dell'attesa (Add editore, 2017), un breve saggio sull'argomento, in cui passa in rassegna le vite di noi tutti, mostrandoci quanto tempo, effettivamente, nella vita di tutti i giorni, passiamo ad aspettare. Ma l'attesa, ovvero quel tempo che nella percezione iperproduttiva e ipercinetica della vita moderna viene spesso relegato a un momento vuoto, da riempire in qualche modo, magari scrollando lo smartphone, è davvero inutile? In realtà, per chi ha studiato latino, diventa facile guardare indietro, a quell'otium che i Romani consideravano importante tanto quanto il negotium, e che era foriero di senso e significato, indispensabile per l'arricchimento del proprio bagaglio personale.

E infine, il valore dell'attesa può essere fatto comprendere ai bambini, impazienti per natura e vivaci, curiosi di scoprire il mondo e tutto ciò che contiene? Ci ha provato Patrick Ness, in Sette minuti dopo la mezzanotte (Mondadori, 2020), in cui lo scarto temporale che precede la comparsa di un mostro dovrebbe rappresentare per il bambino uno spazio utile per capire ciò che gli capita... riuscirà?

Insomma, come abbiamo visto, l'attesa è un sentimento sfaccettato, dalle mille potenzialità e soprattutto da infiniti significati. Resta a noi decidere come impiegare questi vuoti di tempo, se riempirli scrollando uno smartphone o invece guardandoci intorno, alla ricerca di una scintilla di novità.