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«Vivere su un'isola è cercare». Torna la saga di Roy Jacobsen: "Mare bianco"

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Mare bianco
di Roy Jacobsen
Iperborea, 14 giugno 2023

Traduzione di Maria Valeria D'Avino

pp. 256
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Torniamo nelle Lofoten, a un anno di distanza di uscita de Gli invisibili (qui la recensione), primo romanzo della trilogia di Roy Jacobsen, con il secondo capitolo della saga dei Barrøy. Troviamo lo stesso universo silenzioso ed estremo, lontano dal mondo e lontano dagli uomini, nella prima delle tre parti del romanzo, quando Ingrid decide di ritornare nell'isoletta che porta il nome della sua famiglia, ora abbandonata.
Siamo nel 1944, durante l'occupazione nazista della Norvegia e lentamente comprendiamo che non esiste lembo di terra al mondo, neanche quello sperduto e inospitale di un'isola oltre il circolo polare artico, non toccato dalla violenza della Storia. 
Vivere su un'isola è cercare. Ingrid cercava da quando era nata, bacche, uova, piume, pesce, molluschi, pesi di pietra per le reti, ardesia, pecore, fiori, listelli di legno, ramoscelli...gli occhi di un isolano cercano indipendentemente da cosa stiano facendo le mani e la testa, sguardi irrequieti sulle isole e sul mare che si fermano sul minimo cambiamento, notano il segno più insignificante, scorgono la primavera prima che arrivi e la neve prima che lasci le sue pennellate bianche nei burroni e negli avvallamenti, colgono i segni prima che le bestie muoiano e i bambini cadano, vedono pesci invisibili nel mare sotto sciami di ali bianche, la vista è il cuore pulsante degli isolani. (p. 28)

La vista è il cuore pulsante di Ingrid, che cerca «qualcosa d'introvabile» scrutando con tutte le sue forze. Ma, aguzzando la vista, appaiono particolari, lasciti, che le fanno capire che non è l'unico essere umano nell'isola. Il mare aveva restituito i corpi di una nave bombardata, ma anche un corpo vivo: un giovane soldato ferito, la cui nazionalità è misteriosa, l'idioma ignoto, ma lui e Ingrid trovano il modo per comprendersi.   

Il silenzio fra i due non è sintomo di incomunicabilità, ma di un modo quasi primigenio di intendersi. Ma il silenzio, che già era la cifra del primo romanzo della saga, è il grande protagonista di Mare bianco, con momenti in cui si risente anche di un vuoto di trama e le azioni vengono elencate in modo asettico e rapido:

Lo riportò a terra, aspettò che riprendesse l'equilibrio e ripartì. Pescarono e pulirono il pesce, poi Ingrid lo sbarcò di nuovo e tornò a casa, ma cambiò idea e tornò indietro, legò la cima al palo e si sdraiò con lui nel fienile finché scese il buio. (p. 63)

Molte pagine con questo ritmo, a tratti tachicardico, ma a cui non corrisponde un vero e proprio avanzamento di trama, risultano non di facile lettura, ma per fortuna l'icasticità della prosa di Jacobsen riesce a donare a volte il lettore con parole sintetiche dense di poesia. La seconda parte porta l'ingresso di nuovi personaggi e luoghi, con eventi drammatici legati ancora una volta alla guerra. Ingrid si vedrà costretta per l'ennesima volta a rivedere la propria identità, a reinventarsela.

Nella terza parte, si ricostituisce la famiglia e i fedeli lettori del primo volume troveranno Lars, Barbro e le dinamiche familiari che avevano apprezzato ne Gli invisibili.  

Resta il fascino di una natura ostile e della lotta dell'uomo per la sopravvivenza. Ingrid, alla porta, che saluta, tra quelli che rimangono e coloro che salpano ancora una volta è il giusto finale per lasciare i lettori in attesa - quasi come Ingrid - del terzo episodio della saga.

Deborah Donato