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«Ma tu non devi 'fare' il santo, tu sei santo»: una commedia irriverente per Giorgio Benedetto Scalia, "Vita e martirio di Saro Scordia, pescivendolo"

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Vita e martirio di Saro Scordia, pescivendolo
di Giorgio Benedetto Scalia
Pessime idee, giugno 2023

pp. 207
€ 19 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)


“Un vuogghiu fare u santu”.
“Ma tu non devi 'fare' il santo, tu sei santo”. (p. 64)

Immaginatevi un uomo semplice, attaccato alla sua routine da pescivendolo della Vucciria, con i suoi stratagemmi per attirare i clienti ma anche con una grande onestà nel segnalare il pescato migliore. Ecco, Saro Scordia forse non diventerà mai ricco così, ma ha una sua etica professionale e coltiva da tempo l'arte di accontentarsi di poco per campare nella casa lasciatagli dalla nonna. D'altra parte, ha una sola grande passione, vicina all'ossessione: i suoi capelli. Neri e lucenti, anche grazie ai trattamenti naturali fatti in casa su suggerimento di vecchie ricette di sua nonna. Saro si alza apposta nel cuore della notte, pur di avere il tempo per curare i suoi capelli al meglio. Ecco perché quando un uccello al mercato gli strappa una ciocca di capelli, Saro deve affrontare una crisi profonda

Convinto - un po' pirandellianamente - che tutti si accorgano del buco che si è creato nella sua capigliatura, non si fida delle rassicurazioni altrui e inizia ad affrontare una serie di cure più o meno sensate che generano una grave escalation, tanto comica per il lettore quanto angosciante per Saro. Sì, perché le varie cure sembrano aggravare la situazione e i capelli caduti vanno a formare una sorta di gomitolo che l'uomo conserva, quale ricordo dei bei capelli per cui si è sempre distinto. 

Quando, dopo una cinquantina di pagine, si sfiora l'apice della tensione - Saro è morto? Perché è sparito alla vista di tutti? - e viene abbattuta la porta, il parroco don Diego e i soccorsi fanno una scoperta sensazionale. Sì, sulla testa ormai drammaticamente calva di Saro c'è in bella vista una voglia rossa che ritrae... Gesù

L'unica spiegazione agli occhi di don Diego è che Saro Scordia sia un santo e la voce fa presto il giro di Palermo e si diffonde a macchia d'olio: Saro potrà fare i miracoli? L'uomo, sempre modesto e soprattutto disperato per la caduta dei suoi capelli, prova a sottrarsi alle crescenti responsabilità che sembrerebbero derivare dal suo essere stato prescelto, ma don Diego è risoluto: 

“Questa non è una storia, è realtà vera. È il tuo destino, te lo leggo negli occhi. Devi solo starti quieto, nascondi la paura e lasciami fare. Il tuo futuro è gloria!” (p. 90)

Dunque, con don Diego che pare un preparatore atletico e un Life Coach perfetto, inizia una serie di eventi effettivamente inspiegabili, che mettono dubbi anche nello stesso Saro. E non ci vuole molto perché piovano richieste più o meno sensate, e perché don Diego pensi a un merchandising degno di "Saruzzo", a cominciare dalle immaginette con la sua pelata. Ecco come don Diego risponde davanti alla ritrosia di Saro:  

“[...] Ti ricordi quando lavoravi in Vucciria? Come abbaniavi, come arrucciavi il pesce, i piccoli sconti. È la stessa cosa, solo che ora lavori coi miracoli”. (p. 100)

Irriverente e sardonica, la storia di Saro Scordia è adatta a un lettore che ha voglia di sorridere spesso, considerando però che la vicenda iniziale va via via a complicarsi. Da parte del narratore esterno non c'è mai un intervento diretto né viene palesata alcuna intenzione satirica. Tuttavia, è chiaro come spesso l'ironia si trasformi in umorismo, lasciando riflettere noi lettori sulla corruzione e su una certa inevitabile attitudine ad approfittarsi delle occasioni. Saro, con la sua buona fede, è un personaggio di cui si sorride, senza realmente empatizzare con lui o comprendere appieno la sua ossessione per i capelli. Anche la sua solitudine viene presentata senza che sembri rappresentare un vero problema per lui. Le sue vicissitudini da "santo" sono tutte tese verso una svolta che noi lettori attendiamo con curiosità, perché è chiaro che il mercato dei miracoli porterà a un qualche esito inatteso.  

Decisamente originale, Vita e martirio di Saro Scordia, pescivendolo prepara i lettori fin dal titolo: la solennità quasi agiografica della prima parte viene smentita dalla seconda, perché quel "pescivendolo" costituisce un colpo di scena, oltre che cogliere come il protagonista è solito definirsi. Ad aiutare il lettore poco avvezzo al siciliano presente nella maggior parte dei dialoghi, in funzione mimetica, c'è un glossarietto alla fine del libro: non è esaustivo, ma molto si può immaginare dal contesto. Questo romanzo, così calato nella realtà della Vucciria e nella Palermo popolare, non sarebbe d'altra parte verosimile senza i dialoghi in siciliano, che rendono ancor più gustosa l'opera.

GMGhioni