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L'horror più puro in cui i morti camminano sulle terre dei vivi: "Luna fredda su Babylon" di Michael McDowell

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Luna fredda su Babylon
di Michael McDowell
Neri Pozza, ottobre 2025
 
Traduzione di Elena Cantoni
 
pp. 440
€ 14,90 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

La situazione era insopportabile: il telefono muto, l’assenza inspiegabile della sorella, l’imminente crisi isterica della nonna e la crescente certezza che la pioggia stesse distruggendo gran parte degli arbusti della piantagione. I soldi rimasti erano pochi, e senza il raccolto non c’era speranza di rimediare. Si girò ad accendere la lampada alle sue spalle: aveva bisogno di luce (p. 71)

Jerry e la nonna Evelyn stanno aspettando il ritorno di Margaret, la sorellina di Jerry, che deve essere stata bloccata in città dal temporale. A Babylon, quando piove, il ponte sul fiume Styx non è semplice da attraversare. Le ore passano e Margaret non ritorna, anche dopo che la pioggia e il principio di alluvione sono passati: sembra che le acque dello Styx non le abbiano permesso di attraversare il confine. In un paese dove i vivi e i morti non sempre rispettano il loro lato del velo, la scomparsa e la tragedia che si abbatte sulla famiglia Larkin è pronta a far emergere forze sovrannaturali che si fanno carico di colpire ciò che è un meschino delitto umano.

«A truly scary horror story». Così il «New York Times» ha definito Cold Moon, film uscito nel 2017 e tratto da Luna fredda su Babylon. Questo è l’ultimo romanzo in ordine di pubblicazione per Neri Pozza, ma in realtà uno dei primi di Michael McDowell, autore che ha catturato il pubblico italiano con la saga di Blackwater. La definizione, essenziale, è calzante per descrivere questa narrazione che se, da un lato, mostra una certa semplicità in termini di intreccio, dall’altro punta moltissimo sull’atmosfera regalando pagine di terrore ben scritto. Non si troveranno le macchinazioni e i piani complessi degli Aghi d’oro, né la riflessione morale e sociale di Katie, ma gli elementi del più classico horror che vira, in alcuni casi, sul gore.

A scanso di equivoci e per rassicurare chi legge, da qui in poi non ci saranno spoiler. Va comunque evidenziata una particolarità: la forza di Luna fredda su Babylon non è capire la persona responsabile della scomparsa di Margaret. La risposta è molto evidente fin dai primi capitoli e le motivazioni sono così meschine e basilari da non riservare chissà quale sorpresa. La storia tende a una sorta di Delitto e castigo. Le azioni della persona responsabile sono così sciatte e raffazzonate da spingere a chiedersi se si tratti di un inconscio desiderio di cattura oltre che di pochezza intellettiva. Ma la tensione che si tiene tesa per tutto il romanzo – pochi i momenti in cui tirare un sospiro di sollievo – è data dall’ambientazione e dalla scelta di alcuni espedienti ormai entrati nei meccanismi standard dell’horror.

Anche se le vicende si svolgono all’inizio degli anni Ottanta, Babylon, cittadina della Florida dove non giunge mai il sole vista la pesante cappa di pini che blocca ogni raggio, sembra ferma in una sacca senza tempo: proprio come quelle cittadine degli horror in cui i protagonisti incappano per sbaglio e dal quale non riescono più a fuggire. I rimandi biblici e mitologici all’aldilà sono molto evidenti nei nomi: il fiume Styx, vero protagonista della storia, è lo Stige, il fiume del mondo dei morti; la presenza di così tanti serpenti da rendere necessario un rodeo annuale per sterminarli è evidente segno del peccato che striscia tra le vie cittadine. I crotali, responsabili della morte dei genitori di Jerry e Margaret Larkin molti anni prima, vengono addirittura messi in una gabbia al centro della piazza cittadina, quasi alla gogna, prima di essere sterminati durante i festeggiamenti per la fine del rodeo: perché «non c’è gusto ad ammazzarli e basta» (p. 82). Ci sono elementi di torbido paganesimo e superstizioni che permeano la cittadina.

Come in ogni comunità ristretta, Babylon è popolata da pochi abitanti, ciascuno con la sua particolarità che li rende indimenticabili anche quando non hanno un particolare peso nell’economia generale della narrazione. La preside della scuola, Ginny Darrish, è superstiziosa fino al midollo. «Cominciare qualcosa di venerdì è come girare per casa con un ombrello aperto sopra la testa.» (p. 400) commenta quando si tratta di risolvere il mistero di Margaret e, ahimè, tocca farlo di venerdì. Ed Geiger, il pescatore del paese, e la giovane nipote che vive con lui, Annie-Leigh Hooker, sono gli occhi e le orecchie di Babylon: niente sfugge al loro controllo, tanto che lo sceriffo, Ted Hale, è da loro che parte per avviare le indagini. Belinda, la figlia dello sceriffo, è la classica cheerleader spumeggiante che non può mancare in un horror; James Redfield, il ricco e malato proprietario terriero e di banche del paese, ha due rampolli che nulla hanno dell’acume paterno e desiderano solo godersi i soldi e spadroneggiare come meglio credono, come se le regole fossero state scritte per gli altri. La famiglia Larkin, colpita già dalla morte dei genitori di Jerry e Margaret, reclamati dallo Styx, è segnata dalla scarsità di denaro, dall’imminente fallimento della piantagione di mirtilli e, in generale, dalla mancanza di prospettiva per il futuro che Jerry percepisce con tutto il suo peso.

Passando sotto il ponte, rabbrividirono: in quel punto l’aria era terribilmente fredda e umida, e l’acqua, nera e opaca, sembrava un abisso insondabile e senza vita. Lì non nuotava nessun pesce e, appena sotto la superficie, i mulinelli trascinavano una quantità di cose morte. (p. 295)

L’atmosfera, dicevamo, spadroneggia. La scelta del titolo non è casuale: non sono le figure umane al centro della storia, ma come in Blackwater – lo Styx è anche un affluente del Perdido – è l’ambiente che domina su tutto. L’acqua nera e minacciosa che ribolle nella bocca dei cadaveri, la luna che illumina ogni nefandezza, i morti che camminano sulla terra dei vivi per richiedere giustizia laddove il potere temporale non riesce a intervenire, regalano pagine di alta tensione. Alcuni espedienti ormai considerati standard, come la fila di lampioni che si spegne mano a mano che un personaggio passa, visioni orrorifiche che vengono razionalizzate fino a che la mente umana cede, le allucinazioni, sono usate per creare veri momenti di paura.

Luna fredda su Babylon è un horror in piena regola, che mescola i vari gradi di ribrezzo e perturbante per creare un intreccio senza eccessivo sottotesto – e si percepisce una voce narrativa ancora acerba – ma davvero spaventoso. A volte, vedere un serpente che strappa la lingua a un povero pescatore può scuotere di più di un sussurro nel buio.

Giulia Pretta