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Una feroce faida familiare e una crociata per la vendetta. Dopo Blackwater, ci si sposta nella New York di fine Ottocento con "Gli aghi d'oro" di Michael McDowell

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Gli aghi d'oro Michael McDowell

Gli aghi d'oro
di Michael McDowell
Neri Pozza, gennaio 2024

Traduzione di Elena Cantoni

pp. 540
€ 14,90 (cartaceo) 
€ 8,99 (ebook)

«Che il 1882 faccia prosperare la famiglia» disse Duncan.
«Prosperità a noi» si associò James Stallworth «e rovina ai democratici». Abbassò lo sguardo sul nipotino Edwin e gli arruffò i capelli in un virile gesto d'affetto.
«Che il Signore continui a favorirci» disse Edward, chiudendo per un momento gli occhi. (p. 67)
New York è una città dal doppio volto: da un lato, le eleganti abitazioni di Gramercy Park, dall'altro, a poca distanza, la degenerata povertà del Triangolo Nero, fatto di vie appestate da furti, prostituzione, fumerie d'oppio e squallida miseria. L'Anno di Grazia 1882 sta per vedere lo scontro tra queste due realtà incarnate da due famiglie: Stallworth, Repubblicani che annoverano tra le fila giudici draconiani, avvocati, pastori e dame di carità, e Shanks, un gruppo di ricettatrici, falsarie e abortiste su cui domina la matriarca, la mastodontica Black Lena che, emigrata dalla Germania anni prima, si è già scontrata con il feroce James Stallworth che ha condannato il marito all'impiccagione. Ambizioni sociali e politiche spingono gli Stallworth a intraprendere una lotta dal sapore di crociata verso questo purulento quartiere che minaccia il decoro di New York: peccato che, dall'altra parte della linea di demarcazione, le Shanks siano pronti a riceverli.

Michael McDowell, fino all'inizio del 2023, era noto a un pubblico più ristretto, e legato al nome di Tim Burton per le sceneggiature di Bettlejuice e un piccolo apporto a Nightmare before Christmas. Lo scrittore americano, da sempre affascinato dal tema della morte tanto da essere noto per la sua collezione di oggetti funerari del XIX secolo e per aver dedicato la sua tesi di dottorato sull'atteggiamento americano nei confronti della morte tra il 1855 e il 1865, non è però giunto al pubblico italiano fino alla pubblicazione della saga di Blackwater. Complice anche la straordinaria veste grafica realizzata da Pedro Oyarbide che ha reso i volumi un oggetto di culto e da collezione, Blackwater è una saga familiare in sei volumi: fu pubblicata, in origine, al ritmo di uno al mese, tra il gennaio e il giugno del 1983, e racconta le vicende dalla famiglia Caskey nella cittadina di Perdido e di come il loro mondo viene ribaltato da una violenta piena che porta con sé la misteriosa Elinor (potete trovare qui un'analisi alla saga e qui la recensione al primo e secondo volume). Gli aghi d'oro, uscito per la prima volta nel 1980, e con Neri Pozza alla sua prima traduzione in Italia, si muove su alcuni degli elementi rintracciabili in Blackwater: la dimensione familiare, rivalità e vendetta, e una forte componente matriarcale in cui gli uomini, nonostante siano più attivi che non a Perdido, si ritrovano a essere pedine di un gioco di cui non possono afferrare la complessità. L'elemento horror viene sostituito da un più sottile perturbante che colpisce i personaggi più di chi legge. 
«Questo non è il momento delle mezze misure. Per prima cosa, concentrati sul Triangolo Nero, dipingilo più depravato di quanto già non sia. Poi scova una famiglia, un qualche clan intriso di peccati, trascinali tutti al fiume e tienigli la testa sott'acqua finché non affogano! Ti garantisco che sulla spiaggia avrai una platea di centomila persone a cantare le tue lodi e a coprirti di allori!» (p. 125)
La storia si mette in moto per motivazioni molto pratiche. Gli Stallworth, famiglia di Repubblicani con grandi ambizioni, sta cercando un modo per scalzare i Democratici dal ruolo di comando che hanno su New York. In cerca di una missione che dimostri la loro forza e la loro adesione ai valori della fede, scelgono il quartiere del Triangolo Nero come terreno per la loro crociata. Ripuliranno le strade dalla feccia criminale che le infesta e porteranno sollievo alle povere anime ormai perdute nel peccato. La parte maschile della famiglia, capitanata dal vecchio James Stallworth, dal figlio Edward, pastore, e dal genero Duncan, avvocato, si muoverà sul lato della giustizia in aula e su una massiccia campagna comunicativa tramite i giornali della città sotto il loro controllo; le donne, con Marian, moglie di Duncan, e Helen, nipote di James, si occuperanno del più femminile settore della carità con un'organizzazione benefica, che più che organizzare raffinati tè e incontri tra signore della buona borghesia non sembra intenzionata a fare. Non temete: a inizio volume trovate l'albero genealogico della famiglia.

Pensare di penetrare in un quartiere come il Triangolo Nero senza incontrare resistenza è però pura utopia. Tra le vie piene di liquami e nequizia, la famiglia Shanks si è scavata la sua nicchia. Lena, la capofamiglia, è una nota ricettatrice; la figlia Daisy si occupa con grande competenza di aborti clandestini e sua sorella Louisa, muta a seguito di una malattia, è un'abile falsaria e contabile. Ci sono dei trascorsi con gli Stallworth dato che James, anni prima, ha fatto impiccare il marito di Lena e l'ha condannata a lunghi anni di carcere. Se per gli Stallworth la famiglia Shanks è l'incarnazione perfetta del marcio che si annida a New York, l'invasione del Triangolo Nero è l'occasione per il clan Shanks di vendicarsi.

In questa contrapposizione di campo, le figure femminili, come già in Blackwater, sono quelle che spiccano. Marian domina i salotti e il nucleo domestico, affiancata da Helen che, visto che si rende conto che i valori religiosi non guidano la sua famiglia, cerca di spingere la zia a maggiori azioni concrete. Ma se il mondo repubblicano prevede la netta divisione delle sfere di competenza – uomini nel mondo esterno e donne in casa – il Triangolo Nero non si preoccupa del genere: chi è abbastanza in gamba può prosperare. Lena e le sue figlie hanno messo in piedi un piccolo impero economico di tutto rispetto e le migliori collaboratrici – così come le migliori delatrici – sono tutte donne. Il Triangolo Nero inghiotte gli uomini che pensano di poter sfogare i loro desideri disdicevoli in un luogo dove la legalità non sembra avere accesso, come dimostra chiaramente la sorte di Benjamin, lo sciocco fratello di Helen. 

L'elemento horror – che in Blackwater non era comunque presente in tutti volumi – lascia spazio al perturbante senza bisogno di sfiorare l'elemento sovrannaturale. Il perturbante, quella sensazione di disagio psicologico che si prova quando il mondo conosciuto non risponde più alle regole che pensavamo note, non è però rivolto verso chi legge che ha sempre il polso della situazione e, anzi, ha accesso a una dovizia di dettagli e informazioni quasi ottocentesche nella loro ricchezza: è giocato molto più abilmente perché coinvolge e stravolge solo i personaggi. Nella lotta tra le due famiglie, James Stallworth non riesce a capacitarsi che i contraccolpi alle loro azioni siano parte di un piano mirabilmente congegnato. Per lui, le classi inferiori non sono in grado di progettare, non provano rancore o vendetta perché sono alla stregua di animali che dimenticano i torti subiti. Duncan, meno granitico del suocero, continua a ipotizzare che Lena Shanks possa avere a che fare con la resistenza del ma, per via della sua frequentazione con una mantenuta del Triangolo Nero, viene denigrato da James che vede deluse le sue granitiche aspettative nei confronti del genero che vedeva già come futuro sindaco di New York. La possibilità che il male si insinui fino a Gramercy Park non sfiora Marian che è certa dell'inviolabilità della sua sfera di competenza e influenza. 

Ma al di là della lotta tra Stallworth e Shanks e delle raffinate macchinazioni che prendono il via soprattutto nella seconda parte, i dettagli delle ambientazioni sono il punto di forza di tutta la narrazione. Sia i rituali sociali di Gramercy Park che le squallide abitazioni di Mulberry Street sono descritti in modo da investire tutti e i cinque i sensi di chi legge: si sente il pestilenziale odore dell'oppio e il nauseante olezzo del vomito degli ubriachi agli angoli delle strade; si gusta il raffinato punch e si percepisce la ruvidezza dell'amido degli abiti dei bambini. Un'esperienza sensoriale totalizzante che trasmette tutto il senso del pericolo e lascia chi legge con il timore di inoltrarsi sulle buie scale e gli infidi vicoli del Triangolo Nero.

Giulia Pretta