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Editori in ascolto - Ago Edizioni: intervista ad Andrea Crisanti

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Della neonata casa editrice Ago Edizioni ho avuto modo di leggere i primissimi due titoli, Confessione di mezzanotte di Georges Duhamel (trovate la recensione qui) e I condannati dell'Escambray di Norberto Fuentes (trovate la recensione qui).

Due libri molto diversi tra loro che ho amato molto. In occasione allora di questa nuova avventura, ho intervistato Andrea Crisanti, l'editore.

·       Quando e dove è nata la casa editrice?

Non esiste mai un quando esatto per questo tipo di decisioni. L’idea di aprire una casa editrice è intrinseca in chi lavora da tanto tempo in questo ambiente, credo che venga a tutti prima o poi. C’è un momento in cui ti rendi conto che sei quasi noioso e parli soltanto di libri, di quelli pubblicati e di quelli che non lo sono e del motivo per cui non vengono proposti. E forse a questa domanda non ho mai dato una risposta ed è il motivo per cui poi ho creato Ago, per provare a dare un posto ai libri che non lo avevano. Sono invece molto sicuro sul dove sia nata, e cioè a Torino: mi sono trasferito qui da un paio d’anni, e al contrario di Roma, che è città monumentale e stupenda, capace di sminuire con una battuta al bar o uno scorcio in centro qualsiasi proposito o guizzo personale, Torino aiuta questo genere di possibilità perché è una città piccola, a tratti claustrofobica e che quindi stimola il pensiero attivo, un pensiero di evasione, perché è appunto città a misura, dove la possibilità di costruire sembra più concreta e meno difficile da immaginare come per me era a Roma. Ovviamente è una sensazione molto personale, non bisognerebbe neanche dirlo ma oggi…

·       Perché proprio il nome "Ago"?

Prima ancora di sapere cosa pubblicare avevo in mente un’idea di editoria. Qualcosa che fosse pratico, artigianale, ben fatto e ragionato, in controtendenza rispetto alle esigenze di mercato di oggi, qualcosa che fosse antico e moderno insieme. L’ago restituisce completamente questa idea. Mi piace molto il concetto di un lavoro lento, non nell’accezione di rallentato, ma di meditato, consapevole, inattuale perché sceglie di sostenersi non attraverso la produzione massiccia, mensile o settimanale, ma attraverso una consapevolezza e una condivisione di intenti con le librerie indipendenti. Questo fa sì che i libri non scadano, ma entrino nelle teste dei librai e dei loro lettori, sfuggendo alle logiche contemporanee. Usare il tempo e voler un po’ più bene ai libri e non trattarli come carne da macello.

·       Da chi è composta la redazione?

La redazione è composta da Chiara Rondoletti che è la progettista grafica della casa editrice. Tutto ciò che vedete è frutto della sua ricerca estetica. Ci sono anche Caterina Miracle Bragantini e Giulia Di Filippo in qualità di traduttrici e redattrici. È tutto molto piccolo ovviamente, diritti, eventi e commerciale si fa tutto in casa, è normale che sia così, credo.

·       Qual è il vostro campo di ricerca? Quali testi cercate di proporre al pubblico?

La narrativa è il settore in cui sinceramente mi trovo più a mio agio. Fin dai miei poco proficui studi in Lettere moderne ho capito che in Italia c’è un problema di proposta. Studiamo e leggiamo sempre le stesse cose. In qualche modo questo comportamento è giustificabile dalla grande qualità della proposta, sia degli autori italiani che di quelli stranieri, e quindi è come se non si sentisse realmente la necessità di andare a vedere cosa c’è al di là del recinto degli autori e delle autrici che noi oggi conosciamo. Quindi la proposta è semplice, cerchiamo libri mai tradotti in Italia o fuori catalogo da molto tempo, ma personalmente preferisco le prime edizioni, sono più rischiose, ma le più importanti.



·       Qual è la prima collana e i primi testi pubblicati?

Ago non ha collane. Se si sfogliano i nostri primi due titoli si vede, non ci sono altri nomi, definizioni, o claim di collana. Non perché non siano importanti o decisivi, ma noi con Ago facciamo tre o quattro titoli all’anno, meno di una collana vera di un editore medio. I primi testi pubblicati sono stati Confessione di mezzanotte di Georges Duhamel e I condannati dell'Escambray di Norberto Fuentes.

·       Perché proprio Duhamel e Fuentes?

Perché sono i titoli più attuali in assoluto che potessi trovare. Salavin che vaga per Parigi dopo aver lasciato il lavoro per non essere riuscito a reprimere un istinto, che non vuole tornare a casa perché teme di parlarne con la madre che lo mantiene, che non vuole sposarsi per non impegnarsi, che si perde per non trovarsi non è forse il trentenne di oggi? Confessione di mezzanotte è del 1920.
E Fuentes allo stesso modo è purtroppo sempre attuale perché intaglia gli uomini alle prese con la barbarie della guerra. Sono forse finite le guerre nel mondo? L’uomo è cambiato rispetto alla tragedia? Non credo, non siamo così rapidi a cambiare emotivamente, un fratello ucciso per errore, una fossa comune dove le madri vanno irreparabilmente a cercare le ossa irriconoscibili dei loro figli risvegliano negli uomini sempre le stesse macroemozioni, quello che cambia sono i soggetti che le provano, e in questo Fuentes è abilissimo a definire i suoi personaggi.
C’è anche un discorso di stile. Sono due libri con un’idea formale molto forte, andrebbero letti anche solo per quello considerando i libri di narrativa italiana che escono oggi, tutti uguali.

·       Considerato che il testo di Duhamel è il primo di una serie di cinque, prevedete di pubblicare anche i restanti quattro?

Certo! Anzi, colgo occasione per ringraziare i lettori che lo hanno accolto e che lo stanno apprezzando nella bellissima traduzione di Caterina Miracle Bragantini. La mia idea è di pubblicare tutto il ciclo e poi andare oltre, Duhamel ha scritto molto, valutiamo volta per volta e poi decidiamo.

·       Qualche anticipazione sulle pubblicazioni future?

A marzo, in occasione di Book Pride, i primi del mese uscirà un libro di Mary MacLane, L’attesa del diavolo. Quando uscì in America, nel 1902, vendette centomila copie in due mesi. Vediamo noi cosa possiamo fare (scherzo). A maggio ne esce un altro ma non voglio dire nulla ancora, è una perla pregiata che va tenuta nascosta. A ottobre esce Op Oloop di Juan Filloy, uno scrittore completamente anticonformista, argentino, la cui traduttrice credo che al momento abbia una crisi al giorno per cercare di stargli dietro, ma il libro è molto bello, folle. È la storia di un uomo che fa lo statistico e che sta andando a sposarsi in taxi, ma per un imprevisto arriva in ritardo all’altare e manda tutto all’aria. Questo venderà cinque copie in tutto, invece! Grazie.



Intervista a cura di Deborah D'Addetta