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#PercorsiCritici - n. 30 - Romanzi distopici per sguardi diversi sul futuro

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Negli ultimi anni, complice il progresso tecnologico, con le sue luci e le sue ombre etiche, il genere distopico sta riscuotendo un vero e proprio ritorno sul mercato editoriale. Con "distopico", si intende un romanzo in cui si prefigurano scenari futuri - più o meno verosimili - in cui ogni utopia è ribaltata e le regole della civiltà vengono messe in crisi. Non meraviglia che questi scenari spesso apocalittici nascondano spesso un monito al nostro presente, mostrando le estreme conseguenze del nostro disinteressarci dell'ambiente, del premere sul pedale del progresso scientifico senza mai soffermarci sulle conseguenze bioetiche dell'agire umano,... Viene anzi da chiedersi se la pandemia da cui stiamo uscendo non fornirà materiale per prossimi romanzi distopici (magari un po' meno approssimativi rispetto a quelli che sono usciti durante o immediatamente dopo il lockdown). Vista, in ogni caso, l'estrema pervasività di questo genere, che ha ormai scalato le classifiche anche dei romanzi per ragazzi, abbiamo deciso di dedicare la trentesima puntata della nostra rubrica del giovedì, #PercorsiCritici, proprio a questo argomento.

Abbiamo scelto di non trattare dei classici della distopia, perché sono veramente arcinoti, ma vi lasciamo ugualmente i link ai nostri articoli su 1984 di Orwell, Fahrenheit 451 di Bradbury e Il mondo nuovo di Huxley. Se non li avete mai letti ma volete conoscere più da vicino il genere, beh, correte subito ai ripari, perché lì troverete l'abc di questo genere fortunatissimo, che ha avuto - comprensibilmente - una vera e propria impennata con l'incubo della bomba nucleare portato la Seconda guerra mondiale.

Venendo invece alla distopia contemporanea, è impossibile non citare un'autrice, maestra indiscussa: Margaret Atwood. La scrittrice canadese, amatissima in redazione, è autrice di una serie di distopie slegate tra loro, che stanno vivendo una nuova fortuna editoriale, grazie alla riproposta sul mercato da parte della casa editrice Ponte alle grazie. Citiamo certamente quello che è diventato un vero e proprio caso letterario, da cui poi è stata tratta anche una serie tv altrettanto d'impatto, ovvero Il racconto dell'ancella (Ponte alle Grazie, 2019; prima edizione originale: 1985). Nel libro viene rappresentato un regno teocratico di nome Gilead, ovvero la forma di governo in cui si sarebbero trasformati - in un futuro immaginario - gli Stati Uniti, in cui sono gli uomini a tenere il potere e le donne vengono suddivise in base a quella che viene considerata la loro funzione: dalle mogli degli comandanti, costrette a seguire un codice di comportamento molto rigido, alle ancelle, viste solo in virtù della loro capacità riproduttiva, e così via, scendendo sempre più bruscamente lungo la scala sociale. Seguito da I testamenti (Ponte alle Grazie, 2019), uscito ben trent'anni dopo la pubblicazione del primo libro e atteso con moltissima trepidazione, Il racconto dell'ancella porta criticamente l'attenzione dei lettori sul ruolo della donna nella società, che appare rigido, estremizzato, coatto.

Analogamente, anche in Vox (Editrice Nord, 2018), di Christina Dalcher, il ruolo della donna è oggetto di coercizioni. Nel mondo immaginato dall'autrice, alle donne viene impedito di parlare liberamente, lasciando loro la possibilità di pronunciare solo cento parole al giorno. Monitorate da un contatore elettronico, che dà una scossa alla sua proprietaria qualora questa superi il limite consentito, le donne sono costrette a centellinare ogni singolo termine. Tutto subisce una svolta improvvisa quando la protagonista, Jean, studiosa di neurolinguistica, viene improvvisamente chiamata dal governo per una collaborazione, motivata dalle condizioni di salute del fratello del Presidente. Lì, e solo ed esclusivamente in quella veste, potrà ritornare a parlare, per poi scoprire che dietro questo sistema si nasconde un inquietante segreto.

Controllare il mondo femminile, riplasmarlo, modellarlo e disinnescarne la libertà di parola e di pensiero, ammansendo anche le più ribelli è un obiettivo a dir poco angosciante presente in molta narrativa contemporanea. In particolare, il potere generativo della donna è oggetto di narrazioni di grande effetto. Ne La fabbrica di Joanne Ramos (Ponte alle grazie, 2020) il rapporto tra utero in affitto e denaro genera parecchi dilemmi etici, perché ci si chiede durante la lettura quanto la protagonista e le altre donne presenti nella fabbrica siano state manipolate, e dunque vittime, e quanto invece siano consapevoli delle loro scelte. Viceversa, in Biglietto blu di Sophie Mackintosh (Einaudi, 2021) non tutte le donne sono libere di portare avanti una gravidanza e, chi lo fa contro il volere del governo, deve fuggire e vivere una vita da ribelle e da emarginata sociale. 

A fronte di questi esempi di protagoniste che devono sfidare il loro presente e le scelte imposte dagli uomini, Naomi Alderman in Ragazze elettriche (Nottetempo, 2017) delinea una società in cui invece sono le donne ad aver preso il potere dopo aver scoperto che, a causa di una mutazione, possono generare scariche elettriche con le mani. Per questo motivo, Ragazze elettriche si pone in un rapporto dialogico con i libri precedentemente citati, ribaltandone la prospettiva per trarne una riflessione: perché gli esseri umani, tutti, uomini e donne, abusano del loro potere? Alderman pone le basi per una visione distopica del tutto particolare e originale.

Se usciamo dalle dinamiche di disparità e discriminazioni di genere, per osservare romanzi distopici a sfondo sociale, possiamo citare nuovamente Dalcher, che ha dato alle stampe anche La classe (Editrice Nord, 2020), in cui la distopia viene indagata all'interno di un sistema scolastico. Nel romanzo, infatti, si decide di dividere bambini e insegnanti in merito al loro quoziente intellettivo e questi vengono tenuti sotto esame costantemente, per essere certi che il loro rendimento non cali. Sul gradino più alto ci sono le Scuole Argento, poi le Scuole Verdi, e infine le Scuole Gialle, in cui i ragazzini arrivano dopo essere stati prelevati da casa da vecchi autobus scassati. Lì restano in pianta stabile e vi risiedono, come all'interno di un collegio. In particolare, sopra le Scuole Gialle regna il mistero più totale ed è quando la figlia della protagonista Elena Fairchild, moglie di Malcom, uno dei principali funzionari del sistema, a causa di un esame andato male viene declassata e inserita in una di queste istituzioni, che la stessa decide di farsi spostare in una delle Gialle, per vedere dall'interno come funzionano le cose.

Fin qui, tuttavia, non abbiamo ancora toccato un tema che spesso è un vero e proprio bacino di idee e ispirazioni per gli scrittori contemporanei, ovvero la tecnologia. Infatti, se pensiamo a questo aspetto, è innegabile riconoscere che essa si presti molto bene ad uno scenario distopico in cui si vogliano azzerare i sentimenti umani e spingere sull'informatizzazione e sulla freddezza del calcolo. A proposito di questo tema, il Premio Nobel Kazuo Ishiguro ha scritto, nel 2021, per Einaudi, Klara e il sole, distopia in cui i ragazzi hanno perso del tutto la capacità di socializzare e vivere in armonia e così viene impostato un sistema nel quale a loro fanno compagnia delle intelligenze artificiali con fattezze umane. Questo sistema, tuttavia, non è motivato da un intento filantropico e umano; anzi, nasconde un lato inquietante: questi adolescenti vengono sottoposti a un processo di "potenziamento" che ne migliora le capacità, con lo scopo di accedere a ruoli e vite migliori. Tale meccanismo, però, non è scevro da complicazioni e ben presto si mostreranno le conseguenze. Klara e il sole è certamente uno degli esempi più brillanti di narrazione distopica sulle intelligenze artificiali, perché l'autore compie la scelta efficacissima di adottare il punto di vista di Klara per narrare la storia, ovvero il punto di vista dell'androide, mostrandone i sentimenti, i pensieri, la capacità di apprendimento costante e la sua progressiva "umanizzazione". 

Più freddo e spietato nell'interrogarsi sulle conseguenze che possono portare gli androidi nelle nostre case è Macchine come me di Ian McEwan (Einaudi, 2019), altro gran bell'esempio di distopia sull'intelligenza artificiale. In questo romanzo, che vive di dilemmi etici (come ad esempio: dove finisce l'algoritmo e inizia qualcos'altro? Esiste il libero arbitrio? Possiamo arrogarci il diritto, anche legale oltre che etico, di spegnere un androide?), è ben narrato quanto l'arrivo di un androide in famiglia possa mettere in crisi qualsiasi valore, persino la... fedeltà! 

Finora sono stati citati solo esempi di distopie straniere, ma anche nel panorama italiano si contano tanti tentativi; pochi, però, sono quelli riusciti, a nostro parere. Tra di essi c'è Sirene (Marsilio, 2007), di Laura Pugno. In un mondo in cui il sole è diventato un nemico dal quale proteggersi, gli uomini hanno creato un regno sommerso, un ambiente alternativo in cui è possibile vivere, e in cui viene allevata quella che viene definita la "carne di mare", ovvero le sirene, esseri a cui gli uomini ricorrono anche per il soddisfacimento dei loro bisogni sessuali. Uno dei guardiani delle vasche in cui sono cresciute, Samuel, un giorno scopre che una delle sirene e incinta e il figlio è suo: quando nascerà, il ragazzo scoprirà di provare, verso la piccola sirena ibrida, un sentimento nuovo, mescolato al desiderio di riscatto proveniente dalla sua vita precedente.

Dunque, non è difficile comprendere come le preoccupazioni per il nostro futuro iper-tecnologico, con una società in cui scarseggia l'empatia e domina l'individualismo, si riversino in questi romanzi. E la distopia spesso allunga i propri tentacoli verso altri generi letterari, ibridandosi con il romanzo di denuncia sociale, con la fantascienza e la fantapolitica. 

Fateci sapere se avete letto alcuni di questi romanzi e se ne avete trovati altri da aggiungere alla lista!