in

Raccontare la vita ai margini della società americana: "L'imperatore della gioia", l'atteso ritorno in libreria di Ocean Vuong

- -


L'imperatore della gioia
di Ocean Vuong
Guanda, settembre 2025

Traduzione di Norman Gobetti

pp. 432
€ 20 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

Che strano provare qualcosa di così vicino alla compassione, qualunque cosa fosse, e più strano ancora che, fra tutti i posti possibili, l'avesse trovata proprio lì, al fondo di una strada di case diroccate lungo un fiume tossico. Che in mezzo a un cumulo di rottami fosse riuscito ad avvicinarsi come mai prima a quel che voleva essere: una coscienza seduta sotto una lampadina a leggere, al caldo e da solo, da solo, ma pur sempre figlio di qualcuno. (p. 80)

È il pomeriggio piovoso del 15 settembre 2009, quando il diciannovenne Hai pensa di superare il ponte della ferrovia e di farla finita; sotto di lui, il fiume scorre impetuoso. Siamo in una cittadina dimenticata in Connecticut, a East Gladness, e a guardarlo, a poca distanza, c'è un'anziana, che non ha intenzione di restare ferma a non fare niente. Esce a stendere le lenzuola sulla riva del fiume, e prima una e poi l'altra le vengono portate via dalla corrente; istintivo, il richiamo di Hai dall'alto, ad avvertire la donna; altrettanto istintivo il "Santiddio!" che l'anziana sconosciuta esclama vedendo il ragazzo appeso alla ringhiera del ponte, per poi esortarlo a tornare indietro. E lui prova a spiegare che non voleva farla finita davvero, ma Grazina – questo il nome dell'anziana – sa cosa sia la disperazione e in poco tempo coinvolge il giovane. 

Inizia così un singolare ma autentico sodalizio: la donna abita da sola in riva al fiume, in un quartiere che è stato via via smantellato perché ritenuto poco salubre; lei, ormai vedova, non intende lasciare casa sua. Però è anche vero che da sola fa sempre più fatica a ricordare quali farmaci assumere, a che ora, e ammette di essere sempre meno autosufficiente. Dall'altro lato, Hai se n'è andato di casa e non ha nessuno che lo aspetta. L'accordo è presto fatto: lui le darà una mano e lei gli offrirà in cambio vitto e alloggio. 

Se può sembrare singolare questo incontro, sappiate che tra l'ottantaduenne Grazina e il diciannovenne Hai si stringe un'amicizia vera e propria, che si rinsalda più i due si conoscono. Lei, di origine lituana, ha un passato difficile: è espatriata durante la guerra a diciassette anni, guerra che ha visto da vicino e da cui non si è mai davvero ripresa. La guerra infatti le si presenta in allucinazioni e deliri durante i suoi periodi di scarsa lucidità; e Hai, dopo il primo smarrimento, decide di assecondare Grazina; assume il ruolo del Sergente Pepper che deve portarla in salvo e così riportare pian piano l'amica alla realtà. 

Anche Hai non ha un passato semplice, benché infinitamente più breve: ha un passato di dipendenza da farmaci e la tentazione di cedere a qualche pillola di Grazina è forte; sua madre pensa che lui si sia iscritto a Medicina e lui non sa come rivelarle la verità senza deluderla troppo. Dunque, quasi senza soldi, con un futuro molto incerto davanti, reso ancor più obnubilato dall'assenza di ambizioni e dall'omosessualità che fatica a vivere apertamente, Hai è un emarginato tanto quanto Grazina. Come lei, i suoi famigliari stanno altrove. Insieme, i due trovano un equilibrio piuttosto imprevedibile, fatto di ascolto e comprensione, e soprattutto di accettazione degli ingranaggi che non funzionano e delle ferite che ognuno si porta appresso: 

Poi Grazina allungò una mano e gli scostò la frangetta. "Tu esi mano draugas". "È una preghiera natalizia?" Scosse il capo. "Allora cosa hai detto?" Fissò l'acqua e disse piano: "Tu sei il mio amico". (p. 270)

Accanto all'amicizia, un altro tema fortissimo in questo romanzo corale di Vuong è la brutalità di un mondo del lavoro che non promette né garantisce nulla in una cittadina ben lontana dal sogno americano. Qui i personaggi si arrabattano per mettere insieme il pranzo con la cena onestamente: Hai trova lavoro in una catena di fast food, HomeMarket, dove già lavora suo cugino Sony, un ragazzo genialoide con la sindrome di Asperger, che si guadagna il pane lì con dedizione mentre la madre è in carcere. Le disavventure quotidiane sono vissute con ironia, e tra una battuta e l'altra si forma una nuova strampalata famiglia. Come le persone del New England, sono «indurite dalla vita e perennemente esauste o incazzate o entrambe le cose» (p. 84), ma non per questo stanno sulle loro. Dalla direttrice BJ, aspirante wrestler professionista, al grande e grosso Wayne, che si definisce "chef del girarrosto"; dall'acciaccata Maureen al diciottenne Russia, figlio di richiedenti asilo dal Tagikistan dopo la caduta dell'URSS: ognuno di loro copre e aiuta gli altri, in caso di necessità, perché non c'è competizione. Al contrario, c'è solo il desiderio che il loro HomeMarket resti in piedi e non soccomba alla concorrenza. 

E chi vuole può provare ad arrotondare, magari al macello di suini poco distante, dove però bisogna mettere da parte tutta la propria umanità per mettere a tacere la sensazione che i maiali gridino come persone e non badare al sangue che ci si ritrova addosso. Pagine crude vedono Hai e altri suoi colleghi alle prese con quest'esperienza lacerante, specialmente all'inizio. Adattarsi significa guadagnare qualcosa in più, ma a che prezzo? 

Forse – viene da pensare – Hai è andato con loro più per restare in compagnia che per reale desiderio di guadagno. Infatti è con loro che Hai trascorre il tempo della giornata, in attesa di tornare da Grazina, in un andirivieni routinario che noi lettori percepiamo non possa durare, ma speriamo che non finisca mai. Perché sentiamo che anche ad Hai fa bene stare sia con lei sia con «quelle piccole persone che facevano girare il mondo preparando da mangiare più in fretta di quanto sia mai accaduto nella storia della nostra specie» (p. 410). 

Un po' come in Brevemente risplendiamo sulla terra (La Nave di Teseo, 2020), tessere autobiografiche risuonano in questo romanzo di enorme profondità, disposto a scavare in tante vite, mostrando la mostruosa e disperante piccolezza di ogni essere umano, sensazione tenuta a bada solo dalla comunità che può sorgere se si uniscono le forze. Nell'Imperatore della gioia l'attenzione agli ultimi si misura con il racconto di un'America lontana dagli stereotipi e dalle riviste patinate; eppure nella denuncia che di tanto in tanto troviamo non c'è un j'accuse contro le istituzioni; c'è piuttosto la rassegnazione di chi fa parte della società e deve cavarsela. Con un po' di ironia. Stando insieme.

GMGhioni