Giovani e belli
di Sara Maria Serafini
Morellini, settembre 2025
pp. 208
€ 17 (cartaceo)
€ 8,49 (ebook)
"Simu giuvan' i beddre" glielo diceva sempre Emma, quando Diana smetteva di credere nel futuro. (p. 71)
Scriveva Flaiano che l’infanzia è l’unico luogo che non riusciamo ad abbandonare e, vista in esergo, questa riflessione suggerisce la chiave interpretativa del quarto romanzo di Sara Maria Serafini. Giovani e belli racconta quanto sia complesso mettere da parte ciò che si è stati e quanto si è visto e subito. Soprattutto, quanto si è sofferto.
Il romanzo si concentra sul ricordo e le conseguenze di un'infanzia turbolenta, crudele, talvolta violenta. I protagonisti sono orfani cresciuti nella casa famiglia Littarru, in Sardegna, e segnati dal desiderio di essere scelti e amati. Per ognuno di loro, l'affetto va acchiappato e stretto con tenacia e tutti i legami resistono in bilico. Spinti a diventare grandi prima del previsto, si travestono da quello che non sono, interpretano ruoli per preservarsi finché, facendo gruppo, qualcuno riesce davvero a trovare, nell'altro, un amico.
Eravamo bambini appesi alle finestre. Un giorno no e uno sì arrivavano le coppie sposate senza figli, a scrutarci, come si fa con i cani nei recinti. Noi eravamo furbi. Salutavamo composti, giocavamo con gli altri bambini senza fare a botte. Le più carine correvano correvano con le braccia aperte incontro alla futura mamma di turno. Era tutto finto, i bambini in fondo sono cattivi. (p. 10)
Quei giovani sono diventati adulti che hanno bisogno di superare un trauma.
Esiste un evento che fa da demarcazione tra quell'infanzia e tutto ciò che è successivo, un fatto che trascina la complessa adolescenza a un livello più profondo, e aumenta il carico del peso che aggrava sugli orfani, rendendolo insostenibile. Ci riferiamo alla morte di Emma, fulcro emotivo di un trio affiatato, e alle sue conseguenze.
Mi raccontavi che i nostri corpi erano le nostre astronavi. Le navicelle con cui potevamo muoverci nel mondo, conquistarlo. (p. 16)
La sua scomparsa rende Diana e Lippo più vulnerabili, impreparati alla tempesta dell'età adulta.
Quando c'era Emma eravamo la triade. Invincibile, lucente. Adesso siamo come un mostro in principio potentissimo a cui è stato amputato un arto. Ancora forte, ma incapace di fare tutte le cose di prima. (p. 18)
Metabolizzare il lutto richiede tempistiche dilatate e porta i superstiti a intraprendere un viaggio nel Sud Italia. Il viaggio assume la forma di un esorcismo: del dolore, dell'ingiusto. Nel concreto, è il pretesto per rintracciare Lucio.
A questo punto, il romanzo vira infatti verso uno sviluppo più dinamico e cupo.
Io ho ammirato la sua noncuranza, il completo disinteresse verso quello che di orribile gli altri possono pensare di lui. (p. 15)
Lucio è un manutentore del luogo che ha ospitato i ragazzi: subdolo e prevaricatore, è probabilmente il responsabile del suicidio di Emma, a causa dei comportamenti vessatori commessi per anni sulla stessa. L'uomo incarna quindi quel passato tremendo, il vincolo da recidere per potersene, finalmente, liberare.
Ma Lucio è anche l'uomo che ha provato a cambiare vita, o almeno così sembra dal suo innocuo profilo Facebook, dove i ragazzi hanno modo di agganciarlo con un account fake. Starà a loro decidere se fidarsi del suo cambiamento e perdonarlo o, al contrario, colpire chi ha spinto Emma alla morte e rappresenta forse il suo ultimo legame con lei.
Forse siamo alla ricerca ossessiva di Lucio perché è l'unica cosa che in qualche modo ci lega ancora a lei. (p. 59)
Giovani e belli varca quindi i confini del romanzo di formazione e del road novel per spingersi nell'indagine profonda della sofferenza e nella sua espiazione. Attraverso il viaggio, attraverso Lucio, i protagonisti condividono il dolore perché forse, in questo modo, spaventa meno. In un testo in cui la vendetta è un'intenzione dichiarata, diventa interessante capire come il dilemma morale condiziona i protagonisti, nutriti dal feroce bisogno di giustizia e amore nei confronti dell'amica perduta.
Sara Maria Serafini racconta quindi la necessità di onorare e riscattare un'amicizia muovendosi su più livelli. Tiene il ritmo del road novel e sperimenta tonalità noir, non rinunciando a momenti più spensierati, che allentano la tensione. Come ci si aspetta da un road novel, il viaggio che i protagonisti compiono nel Sud Italia, descritto con passione e occhi febbrili, non è solo concreto ma anche intimo. Si tratta di un cammino articolato e provante che non guarisce certamente tutte le ferite ma ne accarezza le cicatrici.
In certi giorni, in cui mi sento meno orfana del solito, vorrei avere una casa e comprare tanti oggetti assurdi come questi. Ma è un pensiero che dura poco, non credo che noi sentiremmo mai un posto come casa. (p. 26)
Tra strade assolate e ricordi angoscianti, Sara Maria Serafini mescola nostalgia e spietatezza, rabbia e compassione, e si chiede che tipo di adulto può diventare chi da piccolo ha ricevuto meno amore di altri. Soprattutto esalta il potere salvifico dei legami, invitando a non dimenticare il passato ma a trovare il coraggio per attraversarlo.
Daniele Scalese
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