in

«Non potete fermare i legami che devono essere. Sono inevitabili come la notte e il giorno: si seguono sempre». L’emozionante esordio di Maria Laura Berlinguer: “La cena delle anime”

- -



La cena delle anime. Sa che a pro sos mortos 
di Maria Laura Berlinguer
HarperCollins, 2 settembre 2025

pp. 352
€ 18,90 (cartaceo)
€ 9,99 (eBook)

Vedi il libro su Amazon
«All’interno di una famiglia» aggiunse Piero, «i segreti possono essere pericolosi».
«Pericolosi per chi?»
«Per chiunque. Tutto ciò che teniamo nascosto e non affrontiamo continua a condizionare in qualche modo i nostri comportamenti. Fino a quando non lo portiamo alla luce, rimaniamo suoi prigionieri». (p. 214)

Il legami con il passato sono invisibili, ma tenaci come il maestrale che sferza le rocce della Sardegna, viva e palpitante in questo intenso romanzo al pari dei protagonisti. Un’isola di bellezza straordinaria dove la natura selvaggia incontra una storia millenaria scolpita nella pietra: una terra che custodisce con fierezza le sue radici, i suoi miti e quella forza arcana che la rende unica nel Mediterraneo. È questo l’ambiente che accoglie l’intensa e intrigante storia che Maria Laura Berlinguer ha saputo raccontare con maestria, omaggiando la sua terra d’origine con un esordio che, sono sicura, catturerà parecchi lettori.

Segreti inconfessabili, un passato remoto e misterioso che con le sue ombre torna a turbare la quiete di personaggi, incontri fatali, amori contrastati: tutto si intreccia con le storie di riti, di credenze antiche, profumi e sapori di quella terra ancestrale, in un racconto che è anche memoria collettiva. Un nome, Padria. Nella Sardegna nord-occidentale in provincia di Sassari, questo paese presenta ancora oggi un paesaggio rurale e silenzioso, fatto di campi, macchia mediterranea e nuraghi, pozzi sacri e tombe dei giganti: testimonianza di una civiltà antica che continua a vivere nei luoghi e nelle persone. Una scelta che per alcuni aspetti tradisce l’amore che l’autrice ha per ciò che viene fatto con le mani seguendo l’antico sapere e le preziose conoscenze degli antenati: Maria Laura Berlinguer porta avanti da diverso tempo un progetto editoriale che si occupa di valorizzare il Made in Italy e l’eccellenza dell’artigianato italiano.

La narrazione si sviluppa su due binari temporali — il 1899 e il 2022 — che si rincorrono e si rispondono, rivelando lentamente i fili intrecciati di una storia familiare complessa, dove il passato torna a farsi sentire con forza nel presente. Tutto ruota attorno a Padria, cuore geografico e simbolico del romanzo, dove Iride Dessì, una giovane donna, fa ritorno in occasione della morte del padre. È qui, nella maestosa dimora di famiglia, che ritrova Tata, figura materna e custode di memorie, e Piero, compagno d’infanzia. Ma soprattutto, è qui che comincia a confrontarsi con un’eredità fatta non solo di beni, ma di segreti antichi e mai chiariti, destinati a emergere attraverso ricordi, lettere, documenti e…incubi. 

A dare corpo alla parte più remota della vicenda è Mimì Oppes, trisavola di Iride, donna colta, inquieta e appassionata, intrappolata in un matrimonio infelice con Augusto Dessì. Attorno a lei si muovono personaggi indimenticabili: Lady Elisabeth Hope, giovane archeologa inglese, e Emanuele Manca, bandito affascinante, figura tragica e romantica. Amicizia, desiderio di libertà, amori impossibili e scelte coraggiose si alternano in un intreccio che, pur attraversando epoche diverse, parla di identità, destino e memoriaTra i personaggi memorabili spicca Ada, la cognata di Iride: figura apparentemente impassibile e severa, ma che, sotto quella corazza di rigore, nasconde una storia dolorosa e un cuore che non ha smesso di sentire. La sua presenza silenziosa e autoritaria si trasforma lentamente agli occhi del lettore, svelando una complessità emotiva che colpisce per autenticità.

A lei si affianca guaritrice, la strega — sa bruja, in sardo — la strega, figura ricorrente nella tradizione popolare isolana. Presenza misteriosa e ambigua, incarna quel sapere arcaico e femminile, spesso temuto e al tempo stesso cercato, che affonda le sue radici in una Sardegna antica, fatta di riti, credenze e superstizioni.

Varcata la soglia dell’altro, sa istria, il barbagianni che abitava lì con lei, la accolse con il suo verso stridulo. Mentre accendeva il fuoco, il viso di Mimì le apparve. Sa bruja l’aveva guardata a lungo. In quegli occhi aveva colto qualcosa che non poteva ignorare. Era certa che il tempo le avrebbe dato ragione. Gettò una manciata di foglie sul fuoco e rimase a osservare il fumo che si alzava, sottile e  fragile come il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti. (p. 55)

È proprio attraverso personaggi come questi che il romanzo costruisce un ponte tra il visibile e l’invisibile, tra ciò che si tramanda apertamente e ciò che resta custodito nei sussurri delle donne, nei gesti ripetuti, negli aromi delle erbe e delle bacche speciali. Sa bruja è una donna inquietante per i suoi silenzi, i suoi sguardi, ma il lettore scoprirà che, nonostante la sua marginalità e la sua presenza oscura, rappresenta anche la luce della guarigione, è anche una donna che salva, è custode dei segreti delle erbe e del sapere antico. «Per dialogare con le forze arcane non basta nascere in un giorno speciale, o acquisire esperienza. Serve un legame profondo con la natura». (p. 57)

Belli i passaggi in cui nasce l’amicizia tra Mimì e Elisabeth: Berlinguer dosa con sapienza pensieri, sguardi, considerazioni che fanno crescere gradualmente la complicità e la sintonia tra le due giovani. Mimì, di nascosto dal marito e dalla cognata che non la vorrebbero in mezzo alle cuoche, porta l’amica inglese nella cucina per renderla partecipe del misterioso rito della panificazione

Maddalena maneggiava con destrezza la pala, i capelli nascosti da una cuffia bianca e un grembiule stretto, che la rendeva simile a una forma di ricotta dentro una fustella. Dritta davanti al tavolo, sa bruja sollevava con cura il telo di lino che copriva un impasto molliccio e bianco, un composto vivo fatto di acqua, farina e sale. Mimì osservava affascinata. Quel piccolo miracolo di lievito madre, capace di autogenerarsi e rigenerare, era il cuore di tutta la preparazione. (p. 78)

E la storia d’amore? La passione che brucia in poche pagine tra Mimì e il bandito Emanuele Manca lascerà senza fiato diversi lettori. È una forza irresistibile che stringe più che un laccio d’acciaio, ma qui mi fermo. Lascio al lettore anche il piacere di scoprire da solo l’altro filone narrativo, quello di Iride Dessì che verrà a riportare alla luce tutti i segreti della sua famiglia: c’è da dire che in termini di economia del romanzo, quest’ultimo snodo narrativo serve a completare il primo come in cornici che si incastrano l’una nell’altra.

Uno degli aspetti più riusciti dello stile di Maria Laura Berlinguer è il modo in cui dà vita ai personaggi senza mai descriverli apertamente. Non ci sono lunghe digressioni fisiche o psicologiche: sono gli sguardi, i gesti, le posture, i silenzi a parlarci. Gli occhi di Lady Hope, le movenze di Mimì, la fermezza o l’incertezza con cui affrontano una scena: tutto viene restituito con una scrittura scarna, essenziale, ma incredibilmente precisa, che riesce a farci cogliere in poche righe l’inquietudine, l’autorevolezza o la fragilità di ciascuno. Questo costituisce un tratto narrativo che non impone, ma suggerisce, e, secondo me, risulta ancora più potente. 

La padrona di casa aveva gli occhi più sorprendenti che Elisabeth avesse mai visto; grandi come quelli di un cerbiatto, di un colore indefinito che ricordava il miele. Non sapeva bene cosa aspettarsi da quella gente, ma ciò che trovò superò qualsiasi aspettativa. […] Dietro quella figura esile, quasi fragile, percepiva un’intelligenza viva, una curiosità desiderosa di emergere. (p. 65)

La voce di questa autrice esordiente è ammaliante, capace di riportare il lettore accanto al focolare di una narrazione antica, dove ogni parola è scelta per evocare. C’è qualcosa di quasi rituale nella sua prosa: i profumi dei cibi tradizionali, la cura per i dettagli che costruiscono l’atmosfera, la scelta di indugiare sulle sensazioni più vere. Un libro bello non solo da leggere, ma anche da ascoltare.

Marianna Inserra