La ripubblicazione di quest'opera, a cura di Renato Troncon, con la prefazione di Riccardo Falcinelli e la postfazione di Giulio Carlo Argan, ci consente di approfondire quello che Goethe, sorprendentemente, giudicava il suo più significativo contributo alla cultura del proprio tempo e di appropriarci al genio tedesco nel suo duplice volto di artista-scienziato.
Nel 1810, all'età di sessant'anni e avendo ormai conquistato la fama grazie a capolavori quali I dolori del giovane Werther e Le affinità elettive, Goethe pubblica questo trattato, che condensa anni di esperimenti, osservazioni, riflessioni da dilettante su luce e colori. L'interesse per il colore, in Goethe, è indagine della vista quale organo di conoscenza e apprensione del mondo sensibile. Contrariamente a Newton, che indagava il colore per scoprire l'essenza della luce da un punto di vista fisico, scoprendo con esperimenti che il colore è una caratteristica intrinseca della luce, Goethe si interessa alla percezione del colore, ossia al carattere legato all'oggettività dell'osservatore.
Comprendiamo quindi che si gioca un problema legato alla percezione e all'oggettività dell'indagine scientifica.
Tentiamo invano, in realtà, di esprimere l'essenza di una cosa. Prestiamo invece attenzione agli effetti: la loro storia completa ne abbraccerebbe senz'altro l'essenza. Inutilmente ci impegniamo a descrivere il carattere di un uomo. Quando invece se ne pongano insieme le azioni e le opere ecco profilarsi dinanzi a noi un'immagine di esso. (p. 26)
Im Anfang war die Tat, recita il Faust e la linea di pensiero è qui la medesima: al principio vi è l'azione, poiché ogni guardare si muta in considerare, ogni considerare in un riflettere, come scrive nella Prefazione. Il colore è per Goethe la natura stessa che si dà all'occhio dell'uomo.
Così la natura parla agli altri sensi, sensi conosciuti, misconosciuti, ignoti; così parla a se stessa e a noi attraverso mille manifestazioni. Per l'uomo attento essa mai è in alcun suo luogo morta o muta, e alla solida terra ha anzi concesso un confidente, un metallo nelle cui più piccole parti abbiamo la possibilità di leggere ciò che accade nell'intero. (p. 26)
Comprendiamo perché Goethe sia l'ispiratore di un approccio anti-riduzionista alla scienza, quella degli scienziati che rivendicano la coappartenenza della parte al tutto, e dei filosofi che pensano che il mondo della vita non debba essere sacrificato a una scienza astratta. L'edificio newtoniano, nota Goethe, è «una costruzione divenuta inabitabile» (p. 28). Non l'astrazione ma l'osservazione dei fenomeni è alla base del desiderio del sapere, e queste osservazioni goethiane vengono riproposte nelle Tavole allegate al volume, che servono a mettere alla prova il metodo goethiano, ossia l'attenzione alla nostra percezione dei colori. Goethe classifica tre modalità, in cui i colori si manifestano a noi: i colori fisiologici, che riguardano la maniera in cui la retina reagisce alle sollecitazioni luminose; i colori fisici, osservati attraverso prismi trasparenti; i colori chimici, ossia quelli appartenenti agli oggetti, che permangono in essi.
Lo studio della Natura attraverso i fenomeni prevede anche l'apporto di varie discipline a questo studio. Anche l'arte pittorica o la musica "decifrano" il linguaggio della natura. Ciò porta Goethe all'analisi dei colori legati ad uno stato d'animo e alla loro espressività artistica. A illuminare questo aspetto, la postfazione di Giulio Carlo Argan, che inserisce a ragione La teoria dei colori nella temperie culturale dell'età di passaggio fra l'illuminismo kantiano e la sensibilità romantica.
L'universo è movimento indistinto, la natura è movimento composto, misurato, diretto a certi fini. Anche l'uomo è natura, il miglior prodotto della natura; è in movimento, ma gli stimoli che gli giungono dal cosmo trovano un equilibrio nel suo equilibrio. Il grande contrasto di luce e tenebra, ancora indistinte, placa il suo sussulto nell'alternativa del più e del meno, del caldo e del freddo, del chiaro e dello scuro, dei rapporti tra i colori. (p. 287)
Per mezzo dei colori gli uomini non solamente rendono percepibile il mondo, ma agiscono in esso per rendere più armonico il rapporto con l'ambiente. Contro una visione meccanicistica e al dualismo che contrappone materia e spirito, Goethe propone una visione della natura come essere vivente, creatrice e creatura. Allo stesso tempo, l'uomo non è solo osservatore passivo, ma anch'egli creatore, capace di trasformare la realtà in esperienza di bellezza.
Questo saggio, per lo stile chiaro e comprensibile resterà un modello per decenni e ispirerà la riflessione sui colori di Ludwig Wittgenstein e le visioni di Monet e van Gogh, Kandinskij e Klee, fino alla teoria della percezione della Gestalt.
Deborah Donato

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