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“Strani Disegni”: il romanzo a enigmi di Uketsu tra infanzia e inquietudine

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Strani disegni
di Uketsu
Einaudi, giugno 2025

Traduzione di Stefano Lo Cigno

pp. 248
€ 18,50 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)

Si atteggiò da adulta, con parole non consone a una bambina – chissà dove le aveva sentite –, ma riuscì a riassumere perfettamente la questione. 
«Maestra, ogni famiglia ha i suoi problemi». (p. 94)

La frase di Miu, l'amichetta di Yuta, riconduce per forza di cose all’incipit di Anna Karenina e, al tempo stesso, sintetizza l'essenza del nuovo libro di Uketsu. Edito da Einaudi Stile Libero, Strani disegni ha riscosso un notevole successo in Giappone, tanto da diventare in pochi mesi un caso editoriale da oltre un milione di copie. Fin da subito l'impressione è quella di avere tra le mani un'opera moderna, che rovescia la forma narrativa tradizionale creando un ibrido tra immagini e parole; un binomio poco sviluppato nella letteratura contemporanea che porta il lettore a esaminare gli indizi con cura e a sentirsi parte integrante di un gioco creato a posta per lui. ­­

Il romanzo ha una struttura a puzzle composta da quattro capitoli all’apparenza indipendenti e con protagonisti diversi: uno studente universitario, una madre col suo bambino, un professore d’arte, un giovane giornalista. L’architettura del testo si poggia su quattro disegni – uno per capitolo fondamentali per raggiungere la soluzione finale, ma anche per riflettere sull’importanza del disegno – infantile, ma non solo – come approccio diagnostico e terapeutico. In psicologia, il disegno permette di esplorare l’universo emotivo, soprattutto nei bambini, rivelando contenuti che il linguaggio non riesce ancora a esprimere. Uketsu è bravo a svelare quanto vasto possa essere il mondo celato dietro le apparenze, trasformando linee e scarabocchi in tracce di un’oscurità più profonda, dove l’infanzia non è rifugio ma luogo di inquietudine latente.

Lo stile non brilla per raffinatezza o profondità linguistica, ma Uketsu sa come guidare il lettore attraverso un intreccio ben congegnato, dove ogni frammento trova il suo posto. Tuttavia, alcune scelte di comportamento dei personaggi lasciano perplessi, soprattutto in momenti di tensione: in più di un’occasione i protagonisti reagiscono in modo poco credibile rispetto al pericolo imminente, smorzando l’efficacia drammatica della scena. Nel capitolo Il disegno dell’appartamento scarabocchiato, ad esempio, un uomo pedina Naomi e Yuta per giorni. All’inizio, Naomi si dice insospettita solo perché l’auto, parcheggiata davanti al negozio dove è appena entrata, appartiene a un modello «che non aveva mai visto nelle vicinanze» (p. 52); e, al termine dell’inseguimento, la donna arriva addirittura ad aprire la porta e a invitare lo sconosciuto a entrare in casa, per poi puntagli contro un'arma. Inoltre, qua e là compaiono alcuni cliché – «la tensione si tagliava col coltello» (p. 52), per citarne uno – che rimandano a un immaginario consolidato del genere, senza cercare soluzioni espressive più personali. Le digressioni, talvolta estese, seguono uno schema riconoscibile e ben orchestrato: Uketsu le affida a paragrafi autonomi, che si aprono come piccole stanze narrative, per poi ricondurre il lettore al punto in cui il racconto principale si era interrotto.

Il clima sospeso e un senso latente di minaccia rimandano al cinema di Lee Chang-dong, soprattutto al film Burning – L’amore brucia, basato su un racconto breve di Haruki Murakami. In Burning, la serra di cui parla Ben è un oggetto all’apparenza neutro che potrebbe nascondere un crimine; in Strani disegni, sono appunto i disegni: ambigui e rivelatori. In entrambi i casi, l’oggetto è un simbolo muto, che il protagonista – assieme al lettore – deve decifrare. Questa tensione trattenuta, che sfuma nel sospetto più che esplodere nell’azione, sembra accomunare una certa sensibilità narrativa asiatica contemporanea, dove l’ignoto è più inquietante quando resta in ombra.

I temi che Uketsu affronta sono molteplici e intrecciati in modo sottile. C’è la psicologia, intesa come esplorazione degli strati più profondi e oscuri della mente umana, ma anche il sadismo e il masochismo – tratti ricorrenti nell’immaginario giapponese, dove l’estetica del dolore e la tensione tra vittima e carnefice si riflettono spesso in dinamiche affettive e familiari. L’arte, in Strani disegni, non è semplice decorazione ma codice: i disegni, le scritte in kanji e hiragana, gli schizzi infantili diventano veri e propri enigmi da decifrare, tracce visive di un trauma o di un messaggio rimasto inascoltato. E poi c’è l’amore, declinato in tutte le sue derive: ossessivo, malato, simbiotico, a tratti ombelicale. Un amore che spesso non cura, ma acceca o annienta. È in questo intreccio tra emozione, segno grafico e perversione quotidiana che si muove il mondo narrativo di Uketsu: un luogo dove l’orrore nasce da ciò che dovrebbe essere familiare:

Yonezawa sapeva benissimo che i bambini sono molto più suscettibili alla tristezza e all’ansia rispetto agli adulti. Al contempo, però cercano in tutti i modi di nascondere i propri sentimenti… Proprio come gli adulti. (p. 229)

Leonardo D'Isanto