Non sei tu che scegli le isole, sono loro che scelgono te (p. 269)
Ci sono eventi nella vita che possono determinare cambiamenti così profondi e repentini da segnare un punto e a capo, quasi generando persone ed esistenze diverse. Ma si può gettare a mare il passato e ricominciare da capo? È possibile diventare un'altra persona, pur rimanendo quella di prima? Gira intorno a queste domande Le Diomedee, l'ultimo romanzo di Matteo Scifoni, scrittore, regista e sceneggiatore romano, pubblicato da Edizioni Efesto. Un libro che è sì un giallo, ma non soltanto.
Cosimo Spinosi, il protagonista principale, è un rapinatore. Per meglio dire è stato un rapinatore, perché negli ultimi sei anni della sua vita, dall'ultima scarcerazione, ha sempre rigato dritto promettendo a se stesso di non entrare più nel giro del crimine. Ma, complice una storia d'amore finita male e, soprattutto, la perdita del lavoro al supermercato, a un certo punto Cosimo si ritrova a mal partito, senza soldi e con scarse possibilità di trovare un nuovo impiego, ché ad assumere ex galeotti la gente ci pensa due volte. Un giorno si presenta a casa sua Romeo Scuffia, boss del crimine, e gli propone un lavoro pulito pulito: rapinare un magazzino orafo a Termoli dove c'è già un basista fidato, suo cugino Egidio. Il bottino si prospetta ingente e Cosimo si lascia tentare dalle sirene della necessità e, fatalmente, con molte remore, accetta. Coinvolge nell'affare un giovanissimo amico, Flavio, affascinato dal suo passato, bisognoso di soldi e in crisi perché la fidanzata aspetta un figlio. La combriccola dei malviventi si chiude con la donna di Romeo, Linda, una ex velina, ex fidanzata veloce di calciatori e uomini ricchi, sniffatrice di cocaina a go-go, una donna che si rende tristemente conto di aver vissuto tempi migliori. Questa rapina, anche per lei, deve diventare la molla del riscatto. Le prime 60-70 pagine acchiappano il lettore in maniera piacevole e, per certi versi, anche divertente con il resoconto del furto, non andato esattamente come immaginato, e con il racconto degli imprevisti, quasi fantozziani, che ne hanno determinato il fallimento. Ancor più degno del ragioniere il modo (che non svelerò) con il quale Cosimo e Flavio finiscono alle Isole Tremiti, dopo aver nascosto una parte del bottino.
Inizia da qui la parte centrale del romanzo, perfettamente strutturata su due piani: da un lato i giorni di Cosimo e Flavio sull'isola di San Domino e dall'altro il dramma che si consuma a Termoli in un appartamento dove si sono nascosti Romeo, ferito, e Linda, entrambi braccati dalla polizia. Il cambio scena da un ambiente all'altro è per lo più repentino, ma sempre coerente. Il lettore passa dall'atmosfera paradisiaca delle Tremiti all'angoscia cattiva e violenta delle ore passate insieme dai due criminali. L'intero romanzo è ritmato da questi passaggi di ambientazione ai quali corrispondono i cambi di stile, tra il drammatico e il comico, l'elegiaco e il tragico, senza farsi mancare qualche lieve nota splatter. E insieme cambia anche il registro linguistico che rispecchia personaggi e luoghi. Se tra Romeo e Linda le parole diventano dure e cattive, i dialoghi dell'isola parlano di rapporti improntati alla sincerità e all'empatia. Il tutto si fonde in un'armonia narrativa che rende scorrevole la lettura del romanzo.
I luoghi sono i protagonisti comprimari del racconto, al pari dei personaggi. Prime fra tutti, ovviamente, le Isole Tremiti che diventano il paradiso ritrovato. La descrizione delle cale, delle spiaggette, della pineta, del piccolo paese, delle acque cristalline rappresentano la prova che un'altra vita, guidata dalla bellezza, può esistere. I rapporti tra le persone sono diversi, quasi a indicare che la natura e la bellezza del paesaggio possono molto sull'animo umano. Quanto sembra lontana, per Cosimo, la periferia romana nella quale è cresciuto, un ambiente duro, che non fa sconti a nessuno e dove per restare a galla bisogna lottare. Un mondo dove può capitare di crescere con pochi stimoli, zero interessi e che può portare i giovani a seguire strade sbagliate (raccontato nella sua durezza, pur senza indulgere al determinismo sociale). Che differenza rispetto alla dolcezza isolana e al senso di pienezza e completezza che la vita a contatto con la natura offre.
In acqua tutto sembrava più bello (...). "Beatitudine" l'aveva definita quel simpatico signore col cappello di paglia al bed & breakfast. Sì, forse era quella la parola. Ma c'era anche qualcos'altro, qualcosa che non riusciva a identificare con precisione, un'alterità che trascendeva la finitezza della comprensione umana. (p. 124)
Niente di tutto questo invece ammalia Flavio che non vede l'ora, nei suoi 22 anni, di tornare al suo ambiente, alle sue vie di periferia, al suo mondo, a ciò che conosce. Non sa nuotare, soffre il mal di mare, non gli piace il pesce... vivere senza cellulare gli sembra una tortura infinita.
A completare il quadro, surreale, di questi due "scappati di casa" in vacanza forzata alle Tremiti, è la passione di Cosimo per i libri, totalmente inaspettata in un personaggio dal curriculum come il suo. Un interesse, in realtà, frutto degli anni trascorsi in carcere, dove Cosimo ha incrociato le sue ore con quelle del professor Baiocchi, uxoricida, uomo coltissimo che gli ha fatto conoscere il mondo magico dei libri. Chiave per aprire quel regno fatato il Martin Eden di Jack London che il professore gli aveva consigliato di leggere.
E da allora la sua vita era cambiata. Era stato Martin Eden ad accendere in lui la miccia della passione, a fargli scoprire orizzonti che neanche immaginava, a fargli capire che un libro può parlarti in maniera profonda e aprirti gli occhi sui più importanti aspetti dell'esistenza (...). Martin Eden gli aveva rivelato che un libro può essere non solo una storia che si legge per intrattenimento, ma un varco nel reame della conoscenza e della condizione umana, qualcosa in grado di farti oltrepassare i limiti della vita che ti è toccata in sorte. (...). Non aveva faticato a immedesimarsi in Martin Eden, un ragazzo che veniva dalla strada come lui, ed era rimasto sbalordito da certi pensieri profondi e da come un libro scritto oltre cento anni prima sembrasse parlare proprio di lui... (pp. 68-69)
Potere dei classici, della letteratura. Ed è allora che Cosimo Spinosi, nato alla Magliana, vissuto fino ad allora senza nessun'altra visione scopre che, in realtà, c'è tutto un mondo ed è racchiuso nei libri, un mondo alla portata di tutti, facilmente raggiungibile. E forse può partire da qui quella beatitudine che non riusciva a definire a se stesso.
Il libro scivola via verso il suo finale di cui non dirò nulla se non che è coerente e logico secondo l'intento dello scrittore.
Si diceva, "non sei tu che scegli le isole, sono loro a scegliere te"... Ne potremmo vedere centinaia, ma è solo una quella che ci colpisce nel cuore, quella dove lasciamo l'anima... la mia, se può interessare a qualcuno, è l'isola del Giglio, peraltro citata anche nel romanzo, che mi ha dato le stesse emozioni provate da Cosimo a San Domino.
P.s. Un'ultima cosa... Se decidete di trascorrere qualche giorno di vacanza alle Tremiti, non perdetevi il canto delle Diomedee... partirete di sera, la vostra barca si fermerà, al buio, sotto una scogliera e quando questi uccelli non sentiranno più il rumore del motore, vi regaleranno una delle emozioni più forti della vostra vita.
Sabrina Miglio
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