in

#PercorsiCritici - n. 47 - Quando fallire è fonte d'ispirazione

- -

Un famosissimo adagio recita "L'importante non è vincere, ma partecipare". Questa frase, ripetuta da molti, contiene in sé una piccola verità collaterale: il fallimento può essere occasione di apprendimento. Se, infatti, la vittoria porta con sé la gioia e la soddisfazione di aver finalmente trovato un esito positivo a tutti gli sforzi compiuti, la sconfitta, per quanto bruciante, può (deve, forse?) essere rielaborata e diventare occasione di ripensamento della propria condotta.

In letteratura sono diversi gli autori che si sono cimentati con questo argomento difficile ma stimolante. C'è chi, come Ian McEwan, in Chesil Beach (Einaudi, 2007) ha scelto di ritrarre una giovane coppia sposata durante la prima notte di nozze, per mettere in scena il progressivo sgretolarsi delle loro certezze circa la loro compatibilità. In nome della loro futura vita comune, quella notte, da promessa di un futuro felice insieme, diventa amara constatazione che ciò che avevano dipinto di fronte a sé andrà forse ricalibrato in un nuovo equilibrio di vita.


Il tema del fallimento, inoltre, è stato un argomento ricorrente nei cosiddetti commencement speech, ovvero quei discorsi tenuti da personaggi illustri in occasione di importanti giornate quali le feste per la consegna dei diplomi o delle lauree in Università. Alcuni di questi sono passati alla storia, diventando delle vere e proprie pietre miliari del genere, come quello di Steve Jobs, in cui il fondatore della Apple spiegava come la sua vita non fosse stata né tutta rose e fiori, né sempre orientata in una direzione chiara e precisa. Ogni esperienza, anche quella, paradossale ma realmente avvenuta, di essere licenziato dalla stessa azienda da lui fondata, è stata poi elaborata ed è diventata, non senza fatica e sofferenza, un gradino della sua scalata. 
Anche J. K. Rowling, in Buona vita a tutti. I benefici del fallimento e l'importanza dell'immaginazione (Salani, 2017), si concentra, partendo anche lei dalla propria vita, sulle difficoltà che l'hanno portata al successo internazionale di Harry Potter. Rowling ci dice che non è stato tutto così semplice come uno potrebbe immaginare: la sua non è una storia di immediata fortuna, ma una vicenda segnata da periodi di vera e propria disperazione, dai quali è riuscita a riemergere con la perseveranza e il talento. La combinazione dei due ha saputo farle affrontare il delicato periodo della separazione e delle difficoltà economiche, per poi farla arrivare al successo. Tuttavia, afferma Rowling, senza quel periodo complicato, non sarebbe mai arrivata così a essere nota in tutto il mondo.

E perseverare, parola d'ordine di Rowling, rintocca anche nel discorso tenuto da Jesmyn Ward alla cerimonia di consegna dei diplomi alla Tulane University e ora raccolto in Naviga le tue stelle (NNeditore, 2020). La scrittrice ha vinto due National Book Award con i suoi romanzi, ma il percorso è stato difficile e, se non avesse avuto l'ostinazione di insistere impegnandosi quotidianamente (anche per combattere i pregiudizi) e ripartendo dai suoi errori, non ce l'avrebbe mai fatta. 
 
C'è chi, poi, come la protagonista di Chimica (Clichy, 2021), di Weike Wang, sceglie consapevolmente di invertire la rotta di una vita apparentemente perfetta e lanciata su binari prevedibili, per portare una piccola rivoluzione che parta proprio dal fallimento: decostruire tutto per ricominciare secondo nuove regole e nuovi dettami, forse più personali e autentici.

Tale argomento ha suscitato anche l'interesse e la curiosità di uno dei nomi più noti della letteratura contemporanea, Arto Paasilinna, che in L'allegra apocalisse (Iperborea, 2010) sceglie di mettere in scena un'apocalisse universale per illustrare la capacità di resistere in modo del tutto particolare e originale: mentre il mondo, infatti, sembra crollare a pezzi, nel freddo Nord Asser Toropainer organizza una sorta di comunità autoregolata, in cui il crollo di ciò che li circonda non li tange.

Tuttavia, se volete non solo leggere narrativa, ma anche scegliere qualche saggio che affronti l'argomento in termini maggiormente pragmatici e, al tempo stesso, filosofici, vi consigliamo La legge del contrario (Mondadori, 2015), di Oliver Burkeman. L'autore, celebre scrittore e giornalista inglese, illustra come l'accettazione del fallimento come parte del processo evolutivo e di crescita sia una tappa fondamentale per la nostra evoluzione.

Infine, è impossibile non citare il giornalista Mario Calabresi, che nelle sue opere parla spesso di storie di resilienza e forza interiore. A tale scopo, possiamo citare Cosa tiene accese le stelle (Mondadori, 2017), che, come recita il sottotitolo, raccoglie le esperienze di uomini e donne che nel corso della storia hanno saputo rialzarsi dalle sconfitte e non smettere di credere nel futuro. A questo aggiungiamo La fortuna non esiste (Mondadori, 2010), reportage che Calabresi ha messo a punto durante la sua attività giornalistica al seguito della campagna elettorale di Barack Obama: vi ha raccolto testimonianze di persone di diversa età ed estrazione sociale, a cui la crisi economica ha spesso portato via tutto quello che avevano, tranne la forza di ricominciare.
Oltre a storie di rinascita a seguito di un fallimento, Calabresi ha scritto anche dei libri ispirati alla propria vita personale, segnata dalla perdita improvvisa del padre, il commissario Luigi Calabresi, nel contesto difficile degli anni di piombo, come in Spingendo la notte più in là (Mondadori, 2017).