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«Ciò che conquistiamo interiormente modificherà la realtà esterna»: lo disse Plutarco, lo conferma J.K. Rowling

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Buona vita a tutti. I benefici del fallimento e l'importanza dell'immaginazione
di J. K. Rowling
Salani, 2017

1^ edizione originale: 2008
Traduzione di Guido Calza

€ 10 (cartaceo)



Vi siete mai chiesti che cosa direste se foste invitati a tenere un discorso per la cerimonia di laurea in una università celebre come Harvard? Certo, è una domanda che si sarà posto chi ha un ruolo di spicco nella società o chi ha grandi speranze e una certa sicurezza di sé. J. K. Rowling si aggiunge ai tanti scrittori che hanno portato una parte di sé, con generosità, acume e una buona dose di ironia, tipica di keynote speech e, più in generale, di interventi nelle accademie americane (pensate a Wallace e a Vonnegut, per fare solo due dei tanti grandi nomi che hanno contribuito a rendere indimenticabile il traguardo della laurea). 
Al centro del discorso della Rowling, i poli solo apparentemente opposti che troviamo nel sottotitolo: il fallimento da un lato e l'immaginazione dell'altro. Due aspetti in realtà strettamente connessi, come dimostra la sua stessa esperienza. Infatti, da giovanissima la Rowling voleva studiare Lettere classiche, una facoltà però ritenuta poco remunerativa per il futuro da parte dei suoi genitori, con possibilità economiche modeste (ricordiamo che un percorso universitario in America è una concreta ipoteca sul futuro). Dunque, la famiglia Rowling arriva al compromesso della facoltà di Lingue, ma i genitori non sanno che la loro già determinatissima figlia aveva promesso con le dita incrociate: infatti, ogni giorno la ragazza fugge nei corridoi di Lettere e sogna, scrivendo racconti durante le pause tra una lezione e l'altra.
La paura più grande della nostra epoca, d'altra parte, «non era tanto la miseria, quanto il fallimento» (p. 23), che invece con gli anni J.K. Rowling ha imparato ad apprezzare. Perché è proprio dal fallimento e da tutte le difficoltà a esso connesse che la futura scrittrice imparò «a eliminare tutto ciò che era superfluo. Smisi di illudermi di essere qualcosa che non ero e presi a incanalare ogni [...] energia nel portare a termine l'unico lavoro che mi stava a cuore» (p. 32). In più, le ha permesso di capire quali erano le presenze veramente durature e importanti nella sua vita.
E l'immaginazione ha fatto il resto, sebbene non sia stato Harry Potter a suscitarle chissà quali evasioni dalla realtà, ma l'esperienza lavorativa nel dipartimento di ricerche sull'Africa di Amnesty International. È qui, a contatto con tante persone disperate e disagiate, con storie che confermano la crudeltà umana, che però J.K. Rowling ha anche scoperto molto sulla bontà dell'essere umano e, soprattutto, sul potere dell'empatia umana, vero nostro legame con il mondo esterno. 
Infatti l'autrice ricorda ai laureati di Harvard del 2008 che non solo hanno grandi potenzialità, ma anche grandi responsabilità con l'essere americani, ovvero cittadini di un Paese in grado di influenzare il mondo intero. Ed è all'insegna di un ambizioso augurio di migliorare il mondo con il proprio contributo, solo apparentemente irrisorio, e con la speranza che le amicizie universitarie durino ben oltre il traguardo della laurea, che si conclude il discorso della scrittrice britannica.
Un messaggio universale che va ben oltre la mera occasione della cerimonia di laurea, un messaggio che si diffonde sulle ali della semplicità e della levità a cui ci ha abituato J.K. Rowling, e che si fissa nella nostra memoria anche grazie alle illustrazioni di questa edizione per Salani, da pochi giorni in libreria. Se il discorso si legge in pochi minuti, sappiate che ogni parola dura nella nostra mente ben oltre il tempo di lettura. 

GMGhioni