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Un Occidente che non sa più leggere la propria posizione nel mondo ne “La sconfitta dell’Occidente” di Emmanuel Todd

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La sconfitta dell’Occidente
di Emmanuel Todd
Fazi, 24 settembre 2024

Traduzione di Alessandro Ciappa e Michele Zurlo

pp. 360
€ 20,00 (cartaceo)
€ 10,99 (eBook)

Il periodo successivo al crollo del muro di Berlino non è stato compreso bene. L’illusione originaria è stata quella di credere che la caduta dell’URSS fosse derivata da una vittoria degli Stati Uniti. Quando ciò avvenne […] gli stessi Stati Uniti erano già in declino da venticinque anni. Se il comunismo è imploso lo si deve ad alcune ragioni interne: la stratificazione educativa fece saltare in aria un sistema già indebolito dalla sue contraddizioni economiche. (p. 321)

L’Occidente si racconta ancora come il centro razionale e democratico del pianeta, ma secondo Emmanuel Todd questa narrazione è ormai un’illusione. In La sconfitta dell’Occidente, lo storico e antropologo francese affronta il tema del declino con un approccio multidisciplinare che intreccia demografia, storia familiare, geopolitica e critica delle élites intellettuali: il risultato che emerge è un’analisi scomoda, spesso provocatoria, ma difficile da ignorare

Todd parte da un’osservazione empirica: il mondo occidentale non è più il centro dinamico del pianeta, non lo è in termini economici, demografici, tecnologici né in quelli culturali. Tuttavia il blocco occidentale continua a proiettare un’immagine ideologica di sé, fondata su una retorica della democrazia e dei diritti, che non corrisponde più alla realtà storica e politicaQuesta scissione tra realtà e rappresentazione è il primo sintomo del fallimento: l’Occidente si illude di guidare il mondo, mentre ha perso sia la capacità egemonica sia quella analitica.

Il secondo fulcro della sua tesi, più teorico, ma ugualmente interessante, è che l’Occidente non sia una entità monolitica, ma il risultato di strutture familiari, religiose e culturali specifiche e variegate. La sua forza storica - secondo Todd -  è nata da una combinazione contingente di fattori, che ora stanno scomparendo o che si sono trasformati. Todd recupera qui le sue ricerche passate sulla struttura familiare (autoritaria, nucleare, comunitaria) e le collega al cambiamento culturale, al processo educativo e al tipo di razionalità prodotto dalle diverse aree del mondo. 

Altro punto fondamentale del saggio, per me più intrigante anche se per molti aspetti mi ha lasciata un po’ perplessa, è la guerra in Ucraina, che lui raccorda a una sorta di crollo della lucidità delle classi dirigenti e al pensiero unico neoliberale. Secondo Todd, l’Occidente è passato dalla lucidità analitica alla propaganda, che agisce su un’opinione pubblica manipolata e “infantilizzata”. Tutto ciò si riflette nella narrazione dominante della guerra russo-ucraina, nei media, nella censura indiretta del dissenso, ma anche in un vuoto strategico. Proprio alla guerra in Ucraina Todd concentra una parte sostanziale del libro, poiché convinto che essa abbia smascherato l’impotenza dell’Occidente. L’incapacità di riconoscere l’evoluzione del conflitto, l’aver sottovalutato la Russia e Putin sono errori di valutazione quasi fatali ( probabilmente potrebbero esserlo, secondo Todd) e sono segnali di un mondo ormai in declino, una realtà geopolitica che ha perso il senso dei propri rapporti di forza e della complessità attuale. Insomma, la guerra non è solo un evento tragico per l’immane perdita di vite umane, dall’una e dall’altra parte, senza contare l’elevato numero di volontari deceduti che erano partiti per difendere l’Ucraina, ma è una cartina tornasole della perdita di razionalità storica dell’Occidente.

Il sistema occidentale odierno ambisce a rappresentare la totalità del mondo e non ammettere più l’esistenza dell’altro. Tuttavia, la lezione di Ferguson è che se non riconosciamo più l’esistenza dell’altro, legittimamente tale, alla fine cessiamo di esistere noi stessi. La forza della Russia, invece, sta nella sua capacità di pensare in termini di sovranità e di equivalenza delle nazioni. (p. 51)

L’autore non propone soluzioni, ma prende solo atto della disfatta della civiltà occidentale come realtà geopolitica e culturale. Todd non è un accademico neutrale, il suo stile è quello del saggista militante, che parte da dati e modelli, ma li usa per scardinare le narrazioni dominanti, spesso in tono provocatorio. È una penna che scrive con convinzione, chiarezza e con urgenza, lo si può notare dal ritmo e dalla scelta lessicale. Lo studioso francese non ha timore di scrivere giudizi netti sulle élites, sulla NATO, sulla stampa, assumendosi tutte le responsabilità delle sue tesi scomode. Pur trattando, inoltre, temi complessi come demografia e sistemi familiari, mantiene una chiarezza espositiva ammirevole: le sue frasi sono sempre strutturate e incisive, così come il tessuto del libro che presenta un’organizzazione ben definita dei concetti e degli argomenti. 

Una delle caratteristiche della prassi diplomatica e militare russa (a differenza di quella statunitense) è l’affidabilità dei suoi impegni. È così che la Russia si è impegnata a difendere Bashar al-Assad [all’epoca in cui scrive Todd in Siria vigeva ancora il regime di Assad, ndr], il quale si è rivelato essere un macellaio la cui causa appariva disperata. Tuttavia, i russi non si sono tirati indietro e dal settembre 2015 hanno dispiegato  alcune truppe in Siria. Pertanto, se la Russia ha teorizzato la possibilità di attacchi nucleari tattici in caso di una minaccia diretta alla propria sovranità, la NATO dovrebbe ritenersi avvisata. I russi manterranno la loro promessa. (p. 81)

Sono condivisibili però le idee di Todd? Ognuno potrà farsi un’opinione leggendo il libro, ma per onestà intellettuale, devo confessare che per quanto mi riguarda no, o almeno non del tutto. Credo che qualsiasi lettore attento all’attualità e di media cultura sia capace di trovare dei “punti morti” all’interno del libro, legati a una tesi “abbastanza” (uso le virgolette per smorzare, sia chiaro) ideologica. Innanzitutto la semplificazione: Todd tende spesso a tracciare linee nette tra “Occidente” e “resto del mondo”, usando categorie ampie come “sistema anglosassone”, oppure “modello russo” che rischiano di appiattire le complessità storiche e culturali, senza contare anche il fatto che utilizza come chiavi di lettura universali la demografia e la struttura familiare del mondo occidentale. Questo modus operandi potrebbe essere riduttivo nella visione complessiva della realtà presa in esame. Sono rimasta molto perplessa in realtà - ma forse avrei potuto aspettarmelo dal titolo? - dal ritratto monolitico che fa dell’Europa: un mondo fatto di corruzione, decadenza sotto ogni punto di vista, morale, economica, politica, culturale, dove gli Stati Uniti nel loro crollo si portano dietro l’Europa, un gruppo di Paesi burattini senza nerbo e completamente asserviti.

Resta il fatto che l’Occidente è oligarchico e che allo stato attuale il sistema della NATO, molto più che una protezione contro la Russia, rappresenta un meccanismo di controllo da parte di Washington sulle élite e sugli eserciti suoi vassalli […] L’asse Washington-Londra-Varsavia-Kiev è oggi la direttrice principale del potere americano in Europa. Tuttavia, tengo a sottolineare pure che due piccoli Stati, la Norvegia e la Danimarca, sono parti essenziali del meccanismo di controllo di Washington sul vecchio continente: la Norvegia per le azioni militari, la Danimarca per la sorveglianza sui capi europei. (pp. 19-20)

Una simile visione non tiene conto invece delle variegate dinamiche interne all’Europa, le diverse controtendenze e le nuove forze politiche che si stanno affacciando sul panorama europeo. Per quanto riguarda la guerra tra Russia e Ucraina, sicuramente non sono l’unica a notare una certa sfumatura filorussa nell’atteggiamento dello studioso: Todd presenta l’invasione russa come una risposta difensiva alla minaccia dell’espansione della NATO, ignorando completamente il contesto delle violazioni del diritto internazionale e l’evidenza di un’aggressione pianificata da Mosca. Non c’è bisogno della sfera magica, basta rivolgersi alle fonti e ai dati utilizzati dallo studioso per rendersi conto che la sua visione non è neutrale. Che si condividano o meno le tesi di Todd, è innegabile che La sconfitta dell’Occidente scuota le certezze consolidate e metta in discussione l’idea di una egemonia occidentale ancora intatta. Un libro necessario oggi per chi vuole affrontare il presente senza cedere alla comoda narrazione del declino inevitabile. Questa lettura offre spunti interessanti per provare a leggere qualche sfaccettatura di una prismatica verità.

Marianna Inserra