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Torna Camila Sosa Villada con una raccolta di racconti pronta a esplodere nelle mani del lettore: "Sono una pazza a volere te"

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Sono una pazza a volere te
di Camila Sosa Villada
Edizioni Sur, settembre 2023

Traduzione di Giulia Zavagna

pp. 222
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)


Un giorno mi portarono il suo penultimo disco, Lady in Satin, in cui la sua voce è accompagnata solo dagli archi. È il mio disco preferito, lo dirò per sempre. C'era una dedica: "Maria, sono una pazza a volere te. Billie". Un bacio stampato con un rossetto color terra (p. 106)
Camila Sosa Villada, autrice amatissima per il suo libro d'esordio Le cattive, edito sempre da Sur nell'ottobre del 2021, stavolta torna in libreria con una raccolta di racconti. Un'attesa dunque di due anni, che a me sono sembrati dieci, perché aspettavo con estrema impazienza un suo nuovo libro.
Nove racconti, ambientanti in linee temporali e luoghi diversi, tutti accomunati da uno dei temi forti dell'autrice: la carne, e precisamente la carne del corpo
Al santuario, mi sono commossa davanti ai fedeli, proprio come mia madre alla sua prima visita. Per il modo che avevano di pagare con il corpo le faccende dello spirito. Puoi essere mistico e santo quanto vuoi, ma alla fine passa sempre tutto dalla carne (p. 15)
Nel suo romanzo precedente, Villada, con una scrittura cruda e poetica, metteva in scena le vite di alcune donne trans (romanzo fortemente autobiografico, ricordiamo che l'autrice è lei stessa una donna trans con un passato tormentato): Camila, Maria la Muta, Zia Encarna, La Machi, concentrandosi sul modo in cui esseri umani come le sue protagoniste abbiano il destino praticamente prestabilito, come fosse un codice genetico imposto alla nascita.
Quest'ultima, La Machi strega e divinatrice, la ritroviamo anche nel nuovo testo, Sono pazza a volere te.
Una formula narrativa diversa allora, ma Villada si rivela essere efficace alla stessa maniera, se non di più. I racconti sono ambientati in Messico, negli Stati Uniti, in Argentina, nel presente, in un passato coloniale - precisamente nel 1658, durante un'epurazione di donne trans realmente accaduta - e persino in un futuro distopico, una sorta di scenario alla Margaret Atwood in cui le stesse donne sono perseguitate, uccise, relegate a figure animalesche e primordiali. 
Non aveva fatto giorno. La notte, ancora una volta, ci proteggeva (p. 188)
Rispetto al testo precedente, l'autrice amplia il raggio d'azione, mantenendo sì il focus sulle donne trans e il loro corpo, ma affiancandovi anche personaggi "raffinati" come Billie Holiday, un gruppo di misteriose suore, una bella ragazza che si vende come fidanzata in affitto per uomini gay, per poi tornare nell'abisso sporco con uno zio incestuoso e una coppia di genitori che invece di affrontare i cambiamenti della propria figlia preferisce fare un pellegrinaggio.
La Machi poi, già incontrata in Le Cattive, spinge sull'aspetto magico, esoterico su cui Villada si sofferma, specie nell'ultimo racconto. Una sperimentazione nuova questa, attuata in più storie: nell'ultima, come ho detto, e anche in quella dal titolo La casa della compassione, una delle mie preferite della raccolta, una storia sensuale e inquietante che arraffa a piene mani dal genere del realismo magico.
Il linguaggio è lo stesso ma, a mio avviso, pur tenendosi nel pantano dello sporco, del rude, dell'esplicito, lo trovo più gentile e raffinato, anche nel suo estremo erotismo. Le cattive era una romanzo che scavava nel fango, negli escrementi, nella violenza senza redenzione; qui, in Sono pazza a volere te, Villada insiste sullo stesso registro, ma fa quel passo in più di crescita che le permette di coinvolgere ancora di più il lettore.
Io li chiamavo amore mio e loro pagarono con il rogo. Sono stata anche questo, oltre che una peccatrice. Una poesia scritta da Rosario Sansores. Una Llorona col pisello che si trascinava di notte i fiori del camposanto (p. 175)
Il racconto sul rogo delle donne trans avvenuto nel Messico coloniale nel 1658, dal titolo Cotita de la Encarnation, è quanto di più straziante e duro mai letto, pari solo alle pagine di Mariana Enriquez in La nostra parte di notte. Villada ha la capacità di raccontare l'orrore con la poesia, una qualità rara, e di esprimere con una certa spigliatezza ovattata le violenze, gli abusi, le ingiustizie subite. 
La sua è una prosa di contrasti, un po' alla Lemebel (che nel testo viene anche citato): le sue donne sono fate dell'angolo, sono martiri, sono dive, nonostante la morte le segua come un cane.
Ho amato follemente questo testo, e non solo perché le tematiche dell'autrice mi sono molto care: che le protagoniste delle storie di Villada siano donne trans o meno, ciò che resta è l'analisi della natura umana, capace di tanta bellezza e di tanta malignità.
Come nel caso di Le Cattive, una nota alla bellissima traduzione di Giulia Zavagna, che ha mantenuto tutta la vena lirica dell'autrice, sia nel caso di passaggi poetici, sia nel caso di passaggi pungenti e rudi.
Lo consiglio agli amanti di Lemebel, di Mariana Enriquez, di Monica Ojeda, di Julian Rios. Ovviamente anche a chi legge storie queer, soprattutto storie di violenza e rivendicazione delle donne trans, prediligendo quelle prose in perfetto equilibrio tra lirismo ed erotismo che sfocia quasi nella pornografia.
Se siete persone, come me, che non si smuovono emotivamente con facilità leggendo un testo, provate con questa raccolta di racconti. Poi mi farete sapere.

Deborah D'Addetta