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«“Mi piace dire la verità.” “Anche a me”»: “Il gran bugiardo” di Ermanno Cavazzoni

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 il gran bugiardo


Il gran bugiardo
di Ermanno Cavazzoni
La nave di Teseo, 2023

pp. 208
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Dire bugie costa fatica, soprattutto se si deve piacere a quelli che a nostra volta ci piacciono; e se dovessero crederci, perché non inventarne altre ancor più pompose e mirabolanti? Del resto, «anche la menzogna può essere bella, purché non finisca subito» (cit. Una gita scolastica di Pupi Avati, 1983). E chi meglio di Nic XY, dottor Oscar, o come sceglie di farsi chiamare, può insegnarci l’arte delle frottole? In fin dei conti, se vieni dal paesello, i tuoi genitori ambiscono, al posto tuo, agli studi medici quelli altissimi e difficilissimi, per potersi affrancare una volta per tutte da quel pertugio di ignoranza e invidia, e se ogni chiamata di mamma è una randellata all’orecchio con “quando darai il prossimo esame? quando ti laurei?”, e tu non sei lo studente modello che tutti pensano, anzi, non ti va proprio di fare nulla. Indi, perché non aggiungere vantaggiosi dettagli e rendere la tua vita un romanzo verosimile e ben scritto, iniziando proprio da una bella data e un’ora decente per la discussione di una tesi a caso, e aggiungerci paroloni come Endocrinologia, che nel paesello fa più effetto? Poi Nic «[...] per mettere in pace l’anima avrebbe comprato la laurea, c’era un mercato di lauree, non era impossibile, magari una laurea minore, tecnico veterinario, siamo tutti animali, anche l’uomo, e avrebbe aperto un ambulatorio; veniva uno con un cane, avrebbe visitato il cane e poi già che c’era anche il padrone, a un prezzo appena un po’ maggiorato, e se veniva la moglie, anche la moglie, un forfait; avete anche un gatto? va bene» (p. 26).

E una volta che la prima bugia è andata a segno con tanto di lodi e applausi, perché non continuare con la soddisfacente farsa diventando il dottor Oscar, specialista polivalente o addirittura “Gesù”, secondo il parere di una delle due vecchiette non più tanto assennate che lo ospitano a casa propria. Tutto è così semplice: il dottor Oscar «esercitava presto in mattinata, e comprava in tabaccheria per i pazienti caramelline di menta, di anice, rabarbaro, tamarindo, di orzo, saltuariamente in offerta, e poi bustine di dolcificante di sottomarca straniera, certe pasticche amare disgustose, che il disgusto voleva dire principio attivo» (p. 106).
E se la medicina non basta, perché non presentarsi come un certo Luc Barbaresco, scrittore di romanzi rosa o in qualità di famosissimo direttore d’orchestra Olgiati-Parenti, solo per far colpo su due belle ragazze incontrate per caso? Certamente, Nic XY ha l’acutissima accortezza di indossare baffi e barba finti per sembrare un altro, anche se nei momenti di intimità potrebbero diventare un problema: «Ha dovuto lasciare Mirta a malincuore, anche perché la barba finta era diventata un insidioso ostacolo, poteva staccarsi e i baffi restarle tra le gengive e i denti, non aveva potuto spingere oltre la relazione per il momento, finché non trovava una colla un po’ più tenace [...]» (p. 147).

Ermanno Cavazzoni, con Il gran bugiardo, delizia e diverte assai.
L’autore e il narratore usano le parole giuste per presentare personaggi e peripezie che dietro un’apparente semplicità nascondono universi narrativi riconoscibili che tengono coinvolta l’attenzione del lettore. L’alterazione intenzionale e consapevole della realtà è parte imprescindibile dell’uomo, e dunque tematica talvolta necessaria ai fini di uno sviluppo romanzesco. Tuttavia, l’autore fa della menzogna la colonna portante. Già dal titolo, “gran bugiardo”, è chiaro a tutti che si leggerà di un mentitore cronico, ma uno scrittore come Ermanno Cavazzoni, intellettuale del comico e del paradosso, inserisce un ulteriore importante millantatore meno evidente e probabilmente più furbo di quel tale Nic XY: il narratore. Egli fa intendere, introducendosi più volte nel corso del romanzo, di essere in qualche modo testimone delle vicende menzognere del protagonista, e di avere così tante cose da raccontare che a volte è costretto a mescolare la cronologia degli avvicendamenti.
«Il quadro è complesso, soprattutto avviluppato; non voglio rimandare a dopo a ciò che sta prima e non ho riferito per non intralciare. [...] Voglio essere preciso, per non distorcere la verità» (p. 103).
Proprio quell'intento di “essere preciso” e “non distorcere la realtà” costituisce una dichiarazione inattendibile. Insomma, perché credergli? Cavazzoni, con la maestria di un intelligente e abile scrittore, inizia il romanzo con una domanda posta proprio dal nostro narratore, «Dove l’aveva incontrata?» (p. 7), che pare rispondere a un’altra domanda, la stessa, ma formulata dal lettore un momento prima di trascrivere l’intero racconto. In sostanza, non si può non credere a qualcuno che è stato chiamato a rispondere a una curiosità; dopotutto lui ne sa più di noi, e quello che si instaura tra le due parti è uno stato di intesa, di fiducia. Ed è proprio il legame tra narratore e lettore che rende i libri di Cavazzoni verosimili nell'inverosimile, godibili ed esilaranti fino all’ultima parola.
(A proposito di narratore inattendibile consiglio la lettura di Honorine di Honoré de Balzac, dove Maurice, personaggio e narratore di secondo grado, assume il ruolo di testimone diretto dichiarando di raccontare il reale, e quella de Il buon soldato di Ford Madox Ford, in cui John Dowell, protagonista e voce narrante, diviene talmente inconsistente e manipolatore delle vicende narrate, che conduce il lettore a sospendere la propria fiducia nei confronti dell'intero romanzo).

Il gran bugiardo si merita tutta la nostra attenzione.

Olga Brandonisio



Per un maggiore approfondimento sull’autore, si consigliano le recensioni a Guida agli animali fantastici (Guanda 2011), Il pensatore solitario (Guanda, 2015), Vite brevi di idioti (Guanda, 2017).