in

"L'anno del fuoco segreto": Il novo sconcertante italico: la cupa esplorazione di una letteratura destabilizzante

- -


L'anno del fuoco segreto
di AA.VV. e a cura di Edoardo Rialti e Dario Valentini
Bompiani, 2023

pp. 272
€ 25 (cartaceo)
€ 14,99 (ebook)


Edoardo Rialti e Dario Valentini danno carta bianca a venti autori contemporanei con un obiettivo ambizioso: tracciare la frontiera del new weird italiano. Funetta & Co esplorano realtà spettrali e sogni distopici, luoghi maledetti e indecifrabili segni propiziatori, dando forma a racconti inquietanti, virtuosismi erotici e umorismo nero pece. 
Prende così vita L'anno del fuoco segreto – Il novo sconcertante italico, edito da Bompiani. 
Passano alcuni giorni. Scrive “alcuni” perché ha perso il conto. Si può perdere il conto anche nello spazio tra uno e due. (Sogni degli esecutori, Luciano Funetta, p. 225)
L'anno del fuoco segreto punta a ridefinire i canoni di un movimento difficilmente inquadrabile. L'idea nasce da un pugno di racconti pubblicati su «Nazione Indiana», affiancati dagli scritti di firme note della narrativa italiana e delle voci sbarcate dai canali della poesia, della saggistica e del fumetto. La presenza di Luciano Funetta è paradigmatica e rassicurante: l'autore di Dalle Rovine (Tunuè, 2015) e Il Grido (Chiarelettere, 2018) è da tempo tra i riferimenti di un sottogenere che, paradossalmente, vuole essere non genere, sabotando le classificazioni tradizionali e ricercando, attraverso un rimescolamento semantico e linguistico, un'ibridazione tra generi e approcci diversi alla materia narrativa. Si tratta di una scelta precisa e metaforica, necessaria infatti a raccontare una realtà dai contorni sempre neri e sempre incerti, destabilizzante e ambigua come gli esseri che la popolano – necessaria a raccontare i buchi grigi dell’esistente. È proprio la rappresentazione di una realtà ingannevole e alterata l'elemento che tiene unite le storie di una raccolta che spazia dall'estremo all'allucinato, dal bizzarro al surreale, dall'onirico al pulp, arrivando al distopico e al gotico. 
L'umanità, o quel che ne resta, si divide in due categorie: quelli che accettano la verità, e quelli che restano aggrappati a illusioni solitarie e pericolose. Molti non provano nemmeno a capire. Si aggirano nel villaggio per qualche giorno, tra la capanna che gli abbiamo assegnato e i luoghi della vita comunitaria da cui si sono esclusi. La sera rifiutano di sedersi intorno al fuoco insieme a noi. Si rintanano nei loro pagliericci e piangono, oppure si appostano fuori dal cerchio, ascoltano i nostri racconti di cura e speranza, e pensano che siamo pazzi. (Il sacrario degli specchi infranti, Magini, p. 171)
Non è la trama a contare, ma la cifra stilistica dei racconti. Certe scelte sperimentali sono al servizio di narrazioni convincenti, altre si limitano alla funzione di specchio di un importante talento narrativo da mettere in mostra. La raccolta scorre tra narrazioni visionarie e frammentate. C'è spazio per la paura, ma non solo. Nello sconfinato, ambiguissimo territorio new weird si lascia campo alla componente orrorifica più canonica, ma si concede molto margine alle inquietudini più nascoste, alle tensioni pulsanti ma sottaciute. Tensioni che agitano storie di lampi, intuizioni. Bizzarrie e citazionismi. Ironia fluida e divertissement sboccato.
Conoscevo crackomani che si preoccupavano (seriamente) per la mia salute perché mangiavo – cosa a loro dire sicuramente folle e probabilmente assai dannosa – quello che pescavo nell’Arno.  (L’ombelico dell’Arno, Zandomeneghi, p. 18)
Apre le danze proprio il racconto di Zandomeneghi: un testo godibile e scorbutico, parecchio divertente. Si vira presto verso tracce più inafferrabili e allegoriche. Ma non è una strada definitiva. Infatti in Tongofrip di Ricci lo stravagante finale stempera la tensione narrativa parodiando il finale di un pessimo film con Nicolas Cage (Il prescelto, 2006). E non è certo l'unica contaminazione cinematografica presente: Il sacrario degli specchi infranti di Magini sembra abbracciare le atmosfere delle pellicole di Shyamalan. Si sonda la strada del pulp, scivolando successivamente nei sentieri horror più insidiosi. Si va nel fiabesco della Mirabelli, nella metanarrativa di D'Isa e nel soprannaturale di Lipperini. 
Ilda, la donna dai capelli rossi, racconta una storia fatta di desideri e preghiere, di danze notturne e di rettili, di caviglie e gole blu. Quella storia arriva a me, al mio corpo di squame e al veleno che ho fra i denti. È la storia di mia madre che ha pregato ogni notte gli dèi del cielo e della terra, le nuvole e la luna: vedeva donne diventare madri, animali deporre uova, fiori riempire il giardino di profumi. Indossava la sua veste bianca, e mentre mio padre dormiva, scendeva giù verso il giardino, prendeva il sentiero e andava verso la radura. Lì, a piedi scalzi, sedeva sul masso, il masso dei segreti, degli umori e dei sussurri. Si sdraiava a terra, respirava, copriva i seni di sassi. Ingoiava erbe, seguiva le luci, pregava. Nessuno sa, neanche mia madre, per quante notti andò lì, nel bosco, scalza. (La Serpe, Mirabelli, p. 141)
L'anno del fuoco segreto è un'antologia estremamente varia. La crudezza feroce di alcuni passaggi viene bilanciata da narrazioni più anestetizzate. Emerge il fermo tentativo di oltrepassare il limite del consuetudinario, del già visto, per tentare altre strade, col rischio che siano malferme, ostili, col rischio che siano vicoli ciechi, e dar spazio a una letteratura ruvida e indigeribile. 
Perdonate l'imprecisione. L'imprecisione è una forma narrativa e una forma d’amore. (Astrazione, Di Grado, p. 253)

Daniele Scalese