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Una "bambolona" figlia del suo tempo: un romanzo borghese di Alba de Céspedes sul dopoguerra pieno di promesse infrante

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La bambolona
di Alba de Céspedes
Oscar Mondadori, 2023

1^ edizione originale: 1969

€ 13,50 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


Edito per la prima volta nel 1969, La bambolona è forse il romanzo che ha subito di più il passare del tempo tra quelli che ho letto di Alba de Céspedes. Tuttavia, la presenza di un tema-ossessione che arriva a risultare disturbante e di un unico punto di vista martellante sulla vicenda rendono il romanzo forte e accattivante. Non mancano punti in comune con le altre opere dell'autrice, a cominciare da una radiografia che attraversa la società degli anni Sessanta fino nel profondo, denunciando un vuoto interiore e valoriale che è difficile - se non impossibile - da colmare. 

Un incontro fortuito genera un'ossessione

La vicenda muove da un incontro casuale: il protagonista, l'avvocato Giulio Broggini, si aggira per le strade di Roma a un orario insolito, temporeggiando prima di un appuntamento con una delle sue tante amanti, quando decide di telefonare in ufficio per sincerarsi che non sia accaduto nient'altro. All'apparecchio però c'è una ragazza, che colpisce da subito Giulio per l'animosità e la concitazione del suo tono durante la lunga conversazione. Da subito si comprende la sua giovane età; segue una breve descrizione del suo corpo voluttuoso e formoso: «aveva un'aria infantile che contrastava con le sue forme, gli occhi grandi, fissi come quelli delle bambole» (p. 9). Basta uno sguardo accigliato della ragazza nel momento in cui si allontana dal telefono perché Giulio decida di abbandonare il suo proposito di telefonare: è più urgente seguire la sconosciuta per le strade di Roma. E lì avvertiamo tutta l'insolenza del suo agire da maschio predatore, convinto com'è che lei gradisca tali attenzioni. Ben poco conta la risolutezza con cui la sconosciuta lo invita a girare al largo, impedita nell'andatura da tacchi troppo alti; Giulio la segue, come uno sparviero pregusta di avventarsi sulla preda. E quando lei si infila in un portone, lui si convince che proverà a introdursi nel giardinetto, suonerà il campanello e... vedrà. È così, all'insegna della sconsideratezza e a un istinto irrazionale, che Giulio chiederà alla famiglia Scarapecchia di poter frequentare la figlia, appena intravista lungo quel percorso verso casa. 

Un avvocato ossessionato dal sesso e dall'idea del possesso

L'obiettivo di Giulio è chiaro fin dal principio: approfittarsi delle condizioni modeste della famiglia Scarapecchia per sedurre Ivana - questo è il nome della ragazza - e poi abbandonarla alla prima occasione. Sia l'aspetto fisico di Ivana sia la sua ritrosia sono uno straordinario invito a insistere nel suo proposito, al punto che danno origine a un pensiero ossessivo durante la giornata. Non c'è lavoro o amante che distragga Giulio dalle forme di Ivana. Così Giulio si ritrova a frequentare casa Scarapecchia ogni sera, attendendo che Ivana torni dalla scuola di dattilografa, pur di poter stare un po' in sua compagnia e sperare di scucirle qualche confidenza. Il tutto davanti agli occhi della signora Adelina, la madre di Ivana, che ha ricevuto chiare disposizioni di non lasciare mai da soli i due. La donna si allontana solo per rispondere al telefono, ghiotta occasione perché Giulio allunghi le mani sulla ragazza. Se Ivana infatti è ancora molto ingenua, Giulio ha quasi quarant'anni e non conta il numero di amanti che ha avuto; solo una tra queste, Daria, ha rappresentato qualcosa di più, e probabilmente per questo il protagonista prova nei suoi confronti una rabbia livida trattenuta a malapena, con cui maschera l'evidente delusione per essere stato lasciato tempo prima. 

Una diciassettenne che non ride mai 

Dal canto suo, Ivana è piuttosto indecifrabile e laconica: è con indifferenza che dichiara: «Per me, venga pure» (p. 20), dopo che suo padre accorda a Giulio il permesso di frequentare la casa. Più volte nella narrazione Ivana appare distaccata, passiva nel lasciarsi ad esempio prendere le mani o nell'accettare le carezze e i palpeggiamenti di Giulio, senza mai ricambiare. Viene da chiedersi cosa stia cercando. Resta però a dir poco risoluta sulla decisione di restare intatta e sul rifiutarsi di baciare l'uomo prima del matrimonio, perché sono entrambe "concessioni" legate alle nozze, diritti che non potrà negare a suo marito. Ma dove stanno i suoi desideri? Più lei gli resiste, più Giulio coltiva fantasie di violenza e sopraffazione, ed è proprio questo a rendercelo un personaggio odioso, egoista e ingannatore. Alba de Céspedes non fa niente per giustificare il comportamento e i pensieri del suo protagonista: lascia che emerga da un lato il suo freddo calcolo sul futuro, dall'altro l'istinto così difficile da trattenere. Tornano più volte pensieri reazionari e insopportabili convinzioni come questa: «Bisognava tenere le donne nell'ignoranza - affinché rigassero dritto e ci invogliassero di loro - e così i dipendenti; altrimenti cominciano a sognare qualcosa di straordinario che può essere la cultura, magari, o la protesta» (p. 262). 

Una famiglia vegliata da un questurino 

Se Giulio si trattiene più volte, è anche perché la famiglia è imparentata con un importante esponente delle forze dell'ordine, il tanto fantomatico "zio Raffaele", che telefona ogni sera a casa Scarapecchia e che vuole proteggere fin dal principio Ivana da Giulio. È proprio lui, ad esempio, a svelare le tante menzogne raccontate da Giulio durante i primi giorni della loro frequentazione: l'avvocato ha fatto di tutto per celare le proprie ricchezze e il prestigio di cui gode. E questo mette a repentaglio la frequentazione di casa Scarapecchia, ma il padre di Ivana si lascia un po' rabbonire dalle scuse dell'"avvocato" (mai si azzarda a chiamarlo per nome e, d'altra parte, anche Giulio preferisce mantenere le distanze). L'idea di essere perennemente controllato dallo zio Raffaele o da qualche suo scagnozzo genera in Giulio sentimenti astiosi verso questo sconosciuto: spesso vorrebbe affrontarlo di petto e si convince sempre più che Raffaele abbia delle mire morbose sulla nipote. Lo infastidirebbe, se Ivana venisse posseduta anche da lui? No, perché in fondo a Giulio interessa avere «la sua bambolona» (p. 40),  ma gli importa ben poco costruire un rapporto con lei. 

Un diamante per lasciapassare 

Se più volte il corteggiamento viene definito da Giulio "una messa in scena" richiesta da una famiglia meridionale per proteggere la figlia dalle malelingue presenti anche nel palazzo, l'avvocato partecipa alla commedia di buon grado. Lusinga la signora Adelina per la sua cucina, presta attenzione agli sproloqui del ragionier Scarapecchia sul fascismo (rimpianto all'inverosimile, con argomentazioni a dir poco grottesche), promette a Ivana vacanze in posti lontani e un anello degno di lei. Eppure, anche nelle pagine in cui si reca in gioielleria a scegliere l'anello, Giulio si ripete che quel gioiello sarà solo un lasciapassare e, appena avrà ottenuto ciò che vuole, lascerà Ivana. Non manca mai di ripetersi che è tutta una menzogna, un abile imbroglio per ottenere il suo obiettivo: «Perché so che tutto è falso. Tutto, meno la volontà di portarmi a letto la ragazza a qualunque costo. Anche a costo di pagare» (p. 75).

Un matrimonio sempre più incombente

Chi avrà la meglio? Giulio, con i suoi inganni, o la famiglia Scarapecchia, con le tante attenzioni a non lasciare mai Ivana da sola con l'avvocato e intanto brigare per accelerare le nozze? Pare in effetti incredibile che Giulio, che in più occasioni aveva spiegato alle sue amanti di non essere tagliato per i rapporti seri, si ritrovi invece invischiato in un matrimonio da preparare. A noi lettori moderni viene tuttavia da pensare che neanche il matrimonio potrà mai rappresentare un reale traguardo per Ivana: come potrebbe vivere, d'altro canto, con un marito amante seriale, egoista e prevaricatore, che pensa di continuo a come lasciarla? Annullamento, separazione oppure una casa in campagna dove "seppellire" Ivana e tenerla segregata per i suoi piaceri sono solo alcune delle ipotesi che si affacciano alla mente di Giulio. Intanto però i giorni passano e noi lettori seguiamo con crescente ansia le vicende, chiedendoci quale destino attenderà la coppia. 

Un romanzo borghese mette in crisi i valori del passato

Dentro a questo come ad altri romanzi di Alba de Céspedes assistiamo alla crisi della famiglia tradizionale. È chiarissimo dalla concezione di Giulio dei suoi rapporti di coppia, seriali e mai fedeli, pronti ad accartocciarsi all'arrivo di una nuova amante, potenzialmente più interessante della precedente. Inoltre troviamo anche la figura del servitore di Giulio, Diodato, un omosessuale costretto a vivere le sue storie in segreto, col rischio di essere sorpreso e punito dalle forze dell'ordine: in più occasioni Diodato ci fa capire che ambirebbe a una stabilità di coppia che è però totalmente negata dalla società. Se la famiglia di Giulio è profondamente disgregata al suo interno (e scopriremo via via quanto), gli Scarapecchia sembrano l'emblema di una tradizione incorruttibile. Ma è davvero così? Fin da quando Giulio bussa alla loro porta, si fanno allusioni a una "cooperativa" e si comprende che è avvenuto qualcosa di grave, in grado di turbare la serenità del ragioniere. Cosa? Per scoprirlo dovremo attendere le ultime pagine del romanzo. E sì, vi basti sapere che anche l'irreprensibile ragionier Scarapecchia ha i suoi scheletri nell'armadio. Dunque, nessuno si salva, in questa Roma che ostenta la ripresa del dopoguerra e sogna ricostruzioni difficili da realizzarsi sulle macerie del passato. E nelle ultime pagine Alba de Céspedes prepara un ribaltamento straordinario, che sconvolgerà anche il lettore più scettico. 

GMGhioni