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"Lo scoiattolo sulla Senna". Fabio Gambaro racconta l'avventura di Calvino a Parigi

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Lo scoiattolo sulla Senna
di Fabio Gambaro
Feltrinelli, 2023

pp. 176
€ 18,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)


Il centenario della nascita di Italo Calvino è una buona occasione per tornare a studiare non solo la sua opera, ma anche gli elementi biografici che sono intrecciati indissolubilmente a essa e che forniscono un contesto entro cui anche l'esegesi dei suoi romanzi può avere una luce chiarificatrice. Il saggio di Fabio Gambaro, Lo scoiattolo sulla Senna, è proprio questa bella occasione per tornare nei luoghi (fisici e immaginari) di Calvino, per approfondire i motivi che lo spinsero a trasferirsi in Francia - dal 1967 al 1980 - e capire in che modo il contatto quotidiano con la cultura parigina abbia influenzato le sue scelte stilistiche ed artistiche; ma anche in che modo egli riuscì a influenzare la vita culturale francese, di cui ben presto divenne un protagonista.

Innanzitutto, Gambaro ci aiuta a comprendere le motivazioni della scelta di lasciare l'Italia che, poiché lo stesso Calvino amava definirsi "un eremita a Parigi", poteva anche ricordare la fuga sull'albero del Barone rampante
Motivazioni familiari: il suo matrimonio con Chichita, che a Parigi aveva maggiori opportunità di lavoro, in virtù della vasta comunità sudamericana che vi soggiornava; ma anche l'affinità del suo spirito "illuminista" con lo spirito francese e la voglia di entrare a contatto con la città 
che allora è considerata la capitale mondiale della cultura, nel cui crogiolo coesistono l'esistenzialismo di Sartre e lo strutturalismo di Lévi-Strauss, la psicanalisi di Lacan e la semiologia di Roland Barthes. Senza dimenticare la nouvelle vague cinematografica e l'enorme offerta di film della capitale francese, che per i due sposi, entrambi appassionati cinefili, è un vero e proprio miraggio. Insomma, trasferirsi sulla Senna significa stare al centro di un crocevia essenziale delle più importanti tendenze culturali del tempo, sfuggendo agli angusti orizzonti culturali della cultura italiana non ancora completamente svezzata dal suo provincialismo. (p. 18)

Ma c'è anche la voglia di "fare l'eremita a Parigi", cioè distaccarsi dalla scena culturale italiana. Non darò più fiato alle trombe, aveva scritto nel 1965, manifestando il bisogno di non unirsi al rumoroso momento che l'Italia stava attraversando, e di sentire l'urgenza di non parlare pubblicamente e di cercare di comprendere meglio le cose. «In fondo è il signor Palomar che sta iniziando a prendere forma» scrive Gambaro ed è in questa prospettiva, quindi non meramente biografica, che bisogna comprendere l'importanza della vita parigina di Calvino, che aveva messo definitamente una pietra sopra alla concezione dell'intellettuale engagé, alla vocazione neorealistica di modificare il mondo raccontando e descrivendo pedissequamente le sue storture.

Ecco perché un luogo distante dalle asfittiche baruffe del paesaggio culturale italiano, un luogo un po' isolato dove godere di un certo anonimato in un'epoca dove le comunicazioni erano ancora mediate dai tempi lenti delle lettere scritte a mano e inviate per posta, poteva assumere i tratti di un approdo ideale. E i quattro piani in square de Châtillon potevano diventare una sorta di personale "casa in campagna", isolata e accogliente, lontano dai tumulti contemporanei ma a contatto con un universo culturale ricchissimo. (p. 19)

Dopo l'allontanamento politico dal PCI (in seguito ai fatti di Budapest) e culturale dal Neorealismo, Calvino in Italia aveva visto stroncare La giornata di uno scrutatore e le Cosmicomiche. Rimasto isolato dopo la morte di Elio Vittorini, trova a Parigi dei sodali ideali negli intellettuali dell'Oulipo, il cui nome significa Ouvroir de Lituérature Potentielle. L'incontro con intellettuali quali Raymond Queneau, François Le Lionnais, Marcel Bénabou fornisce a Calvino la spinta per esternare la sua visione ludica di letteratura, la sua idea che i vincoli creano libertà espressive, la sua visione combinatoria del romanzo. Nelle serate con il gruppo dell'Oulipo, Calvino parlerà dei romanzi a cui stava lavorando, Il castello dei destini incrociati, Le città invisibili e Se una notte d'inverno un viaggiatore.

Fabio Gambaro propone un saggio agevole ma completo, didatticamente efficace ma anche appassionante per chi, come la sottoscritta, ha una bruciante passione per "lo Scoiattolo" (era stato Cesare Pavese ad affibbiare il soprannome a Calvino). In dieci capitoli, l'autore tocca le motivazioni, come abbiamo detto, del trasferimento di Calvino a Parigi (Parigi, o cara!), il ruolo di indiscussa capitale culturale d'Europa che aveva Parigi ai tempi (Capitale della cultura), ma anche la quotidianità di casa Calvino (Atlante quotidiano) ossia i luoghi frequentati per comprare i giornali, per portare la figlia al parco o in cui lo scrittore comprava il pane o passeggiava osservando con curiosità scene di vita parigine. Ma vi è anche nei capitoli 6 e 7, Parigi è un racconto e Scrivere sulle sponde della Senna, la disamina del modo in cui Parigi appare negli scritti di Calvino e delle opere che nella capitale francese furono composte. Trova anche spazio la vicenda bibliografica parigina, ovvero il sodalizio con la Seuil e la traduzione delle sue opere.

Con un interessante corredo di note e bibliografia, con citazioni di interviste e lettere di Calvino, ma anche della moglie, della figlia e di alcuni degli intellettuali che lo hanno frequentato, Lo scoiattolo sulla Senna riesce con brevità a dare un'immagine a part entiere di un autore che per vocazione stilistica era poliedrico.

«Se cercano uno scrittore con il cuore in mano, non devono rivolgersi a me» diceva Calvino, e Gambaro rispetta la sobrietà di Calvino, anche quando parla della sua vita familiare e del suo amore per Chichita. Intravediamo l'uomo Calvino, ma sempre attraverso la lente della sua opera e questo entrare in punta di piedi nella vita di uno scrittore mi sembra il miglior modo di custodire la sua "etica" della letteratura.

Deborah Donato