Morire non importa. The Cure: le radici del mito
di Mattia Tassaro e Lorenzo Coltellacci
Feltrinelli Comics, aprile 2025
di Mattia Tassaro e Lorenzo Coltellacci
Feltrinelli Comics, aprile 2025
pp. 136
€ 20,00 (cartaceo)
€ 20,00 (cartaceo)
DANIELE: Mi innamorai di Robert Smith a diciotto anni. Volevo essere come lui, sognavo di incontrarlo. Truccavo la faccia, lasciavo crescere i capelli, li fissavo in alto. Studiavo per la maturità ascoltando Wish in camera, fino a tarda sera, passavo a Disintegration finché mi addormentavo. Conoscevo molti testi a memoria, scoprivo che Robert viveva a Brighton, insieme a Mary Poole. Fantasticavo sulla loro relazione, l'assenza di figli, romanticizzavo il loro amore. Pensai a un volo per Brighton, contattai un paio di hotel, i miei mi fermarono.
Voglio andare là, rispondevo convinto.
E là che fai?
E là che faccio? Non lo sapevo. E, davanti all'inconsistenza del mio progetto, mi sentivo goffo, ingenuo, patetico.
DEBORAH: La mia passione per i Cure nasce letteraria. Ricordo che pressappoco quindicenne, sfogliando un giornale, lessi un’intervista ad uno strano tizio - con i capelli cotonati e il rossetto rosso - che diceva di avere scritto la sua prima canzone sotto la fortissima impressione causatagli dalla lettura de Lo straniero di Albert Camus. Lo aveva letto a quattordici anni. Restai folgorata, perché anche io avevo letto alla stessa età Lo straniero e anche per me era stata una rivelazione. Ad esempio, da quel momenti decisi che mi sarei iscritta in filosofia. Così andai a cercare Killing an arab. Eh sì…ai tempi non esistevano Spotify o Apple Music e quindi ricercare significava affidarsi ad amici più grandi che ti prestavano audiocassette oppure acquistare il disco. Morire non importa, la graphic novel di Feltrinelli Comics, parte pressappoco da là: da Killing an arab e Boys don’t cry. Comincia da tre adolescenti di Crawley che iniziano a suonare nei club. Penso che per gli appassionati dei Cure la bellezza di questo libro sia proprio il fatto che metta in scena la loro adolescenza prima e poi la loro fase giovanile. Perché, ammettiamolo, i Cure sono stati la nostra adolescenza, la nostra crescita e forse anche la nostra musica presente.
DANIELE: Già! Non ho mai smesso di ascoltare i Cure. E assistere al loro concerto, un anno e mezzo fa, è stato come tornare ai 18 anni, agli esami, la fine dell'adolescenza. Morire non importa mi ha fatto sentire ancora quel ragazzo.
Questa graphic novel dall'anima dark rievoca la lore dei The Cure e di Robert Smith. Tassaro e Coltellacci, al secondo lavoro dopo È mia la colpa. La vita dei Joy Division ( Feltrinelli Comics, 2024), si dedicano ai primi passi della formazione fondata dal 1976 da Smith e Tolhrust, riportando aneddoti di gloria e tormenti, concerti, polemiche, concentrandosi nel periodo 1980-1982, quello della trilogia Seventeen Seconds, Faith e Pornography, essenziale nel definire la visione della band ma capace di indirizzare la musica dark degli anni Ottanta.
La Graphic Novel intreccia vissuto pubblico e privato soprattutto di Smith, malinconico, introverso, magnetico. Nei disegni ne vediamo l'evoluzione, da ragazzo comune a volto inimitabile di una band che, a 49 anni dagli esordi, ha pubblicato 14 album in studio, due EP e ha venduto più di 30 milioni di album in tutto il mondo, e di recente è tornato alla ribalta con un nuovo album, a sedici anni dall'ultimo. Songs of a lost world ha debuttato al primo posto nella classifica degli album del Regno Unito ed è stato il primo album dei Cure a raggiungere la vetta delle classifiche dopo Wish del 1992.
DEBORAH: L’inizio punta dritto al cuore: i disegni di una foresta, le ombre e Robert perso into the trees. Non poteva esserci ambientazione migliore. Per me A forest è la canzone dei Cure, quella che introduce alla loro filosofia. Tra l’altro ho molto apprezzato l’avvio che cita i Joy Division. Che ne hai pensato?
DANIELE: Sì, il racconto prende avvio il 4 marzo 1979, quando i Cure aprono il concerto dei Joy Division a Londra. Si insiste molto sul legame tra Robert Smith e Ian Curtis, a cui il gruppo dedicherà il brano The holy hour dopo la scomparsa del ragazzo di Stretford. Veniamo a conoscenza dei confronti accesi tra i componenti e il manager Chris Parry, che optò per una stravagante scelta per la copertina di Three Imaginary Boys (1979), album che impose la band come pioniera dei movimenti post-punk e new wave.
Diventa significativa l'esibizione del 30 marzo del 1979, a Cromer, seguita dalle polemiche legate all'esecuzione di Killing an arab, testo ispirato dalla lettura di Camus - che influenzerà la scrittura di Smith insieme a quelli di Baudelaire, Kafka e Shelley - che generò speculazioni a causa dell'ambiguità del messaggio. Nel corso del '79, Robert Smith affiancò i Siouxsie a Belfast e Aberdeen, come chitarrista. Viene riportato uno scambio tra Smith e alcuni componenti del gruppo, al termine dell'esibizione.
DEBORAH: La scelta dei “comprimari” della vicenda musicale dei Cure è stata azzecatissima. Oltre ai Joy Division anche l’importanza dell’esperienza con i Banshees. Tra l’altro, ottima la resa grafica del personaggio di Siouxsie. Si riesce anche a percepire il suo carisma sul palco. Vi è anche una buona “filologia smithiana” nel testo, con la scelta di alcune sue dichiarazioni.
DANIELE: "... è bello ogni tanto prendersi una pausa come frontman"
"Quello non smetterai mai di esserlo, ricordatelo. Anche fuori dal palco."
DEBORAH: Una delle tante volte che i fans temettero che i Cure potessero implodere, ma invece dalle divergenze con il bassista Michael Dempsey e con il suo abbandono del gruppo, arrivò l’altro membro storico e ancora nella formazione della band: Simon Gallup. La graphic novel segue un ordine rigorosamente cronologico.
DANIELE: Arriviamo al tour americano del secondo album, Seventeen Seconds (1980), quando la band esplorò uno stile più dark, sia dal punto di vista musicale che dell'immagine, ed esercitò una forte influenza sulla nascente sottocultura Goth, a cui i Cure sono associati nonostante il rifiuto di Smith, che affermò: "È tristissimo quando goth continua a venire appiccicato al nome The Cure. Noi non siamo categorizzabili. Suppongo che all'epoca del nostro esordio fossimo post-punk, ma complessivamente non è una definizione possibile. Come puoi descrivere una band che ha fatto uscire un album come Pornography e anche Greatest Hits, dove ogni canzone è stata nelle Top Ten in tutto il mondo? Io suono solo la musica dei Cure, qualsiasi essa sia."
DEBORAH: Questa etichetta, in effetti, è rimasta addosso tutt’oggi, anche dopo album decisamente pop come The head on the door o hit come Friday I’m in love. Anche se, il ritorno nel 2025 con un nuovo album ha segnato senza dubbio il ritorno a quelle atmosfere che il libro rende molto bene. Chissà che non si possa fare una continuazione, da The top in poi. Intanto, restiamo al 1981…
DANIELE: Il 1981 fu un anno travagliato, trascorso tra tappe, litigi, incomprensioni, e portò a una deriva ancora più cupa, favorita dalla recente morte di Curtis e nutrita dalla crescente ossessione di Smith per i temi più nichilisti, sviluppati nell'album Faith ed esasperati in Pornography. Nasce qui il look iconico di Robert, che trucca gli occhi con eyeliner nero, il fondotinta chiaro sul volto e il rossetto scuro sulle labbra. Nel corso del 1982 Smith mediò anche di lasciare a band.
DEBORAH: La parte dedicata a Pornography è quella che mi è piaciuta di più. Bellissimi i colori, le atmosfere claustrofobiche e la resa iconica dei deliri smithiani. Tuttavia, se posso muovere un piccolo appunto a questa graphic novel è non l’aver dato più spazio ai testi di Smith. Vere e proprie poesie. Si poteva, a mio avviso, scendere più in profondità. I Cure sono una Weltanschauung, in fin dei conti. E proprio sulla trilogia dark, ci sarebbe stato così tanto da dire.
DANIELE: Non ci sono solo tormenti in questo progetto. L'atmosfera cupa della narrazione viene mitigata dalle parentesi sentimentali che vedono coinvolti Robert Smith e Mary Pool, a cui Smith dedicherà l'affermazione "quando sto con te mi sento di nuovo a casa": la donna farà un'incursione memorabile nel video di Just Like Heaven.
DEBORAH: Sì, sarebbe stata un’imperdonabile assenza quella di Mary: musa, anima e indissolubile alter-ego di Robert Smith. Nonostante tutto, penso che perdendosi nella foresta, Robert abbia infine trovato la sua donna-angelo. Again and again and again and again. Tra le avvertenze, bisogna rammentare che dopo aver letto Morire non importa, gli effetti sono un ascolto compulsivo e ininterrotto dei Cure. Forse non sarà la Cura delle nostre inquietudini, ma una compagnia lunga quarant’anni.
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