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Gli anni Venti come li abbiamo sempre immaginati: alcolici, eleganza e intrighi in "Il regno della notte" di Kate Atkinson

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kate atkinson il regno della notte

Il regno della notte
di Kate Atkinson
Editrice Nord, maggio 2023

Traduzione di Alessandro Storti

pp. 456
€ 20,00 (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)

Le origini etniche di Nellie si perdevano nelle nebbie del tempo (o, nel suo caso, nelle brume degli acquitrini irlandesi). Si sapeva – o comunque si affermava – che la nonna materna era stata espulsa dall'Irlanda per vagabondaggio, e con ciò aveva avuto la buona ventura di perdersi la Grande Carestia. La capostipite era lei. I casi della vita l'avevano trascinata a Glasgow, dove aveva sbarcato il lunario vendendo porta a porta telerie per la casa, per poi spostarsi a est ed essere accolta (chissà come) da un facoltoso proprietario terriero della regione del Fife, un figlio cadetto, elevato al maggiorascato dalla morte del fratello in circostanze misteriose. La gente vociferava che avesse il malocchio. (p. 23)
Nellie Coker – da tutta Londra conosciuta come Ma' Coker – ha nell'albero genealogico la capacità di arrangiarsi e trarre il meglio da ogni situazione. Padrone e regina di un regno di cinque night club nella Londra degli anni Venti, ha al suo soldo spie, informatori, agenti di polizia. La progenie è numerosa ma, con la sola passabile eccezione della figlia Edith, non sembra aver ereditato l'acume della madre; poco importa: Nellie riesce a gestire il suo impero nonostante l'età e la recente reclusione in carcere. 
Attorno a una simile figura non possono mancare molti intrighi, tentativi di detronizzazione e insidie dal suo stesso sangue oltre che delle misteriose scomparse di giovani ragazze che arrivano a Londra in cerca di fortuna, varcano le porte dei locali di Ma' Coker, e non ne escono più.
Dopo la moda delle cacce al tesoro, gli esecrati giovani Bright Young Things erano passati alle feste, il più possibile esibizioniste, come quel baby party col suo dress code di pagliaccetti, vestagline e visierine di pizzo. Ramsey avrebbe preferito la morte. (p. 360)
Il regno della notte, ultimo romanzo di Kate Atkinson, è ambientato in una Londra che non ha ancora dimenticato gli orrori della Grande Guerra. Guardando, a posteriori, i periodi tra due grandi conflitti, il clima è quello di isterico ottimismo dove feste, stravaganze e rottura con i modi di vivere precedente sono il rimedio all'orrore vissuto. L'autrice, con il gusto più rivolto al pettegolezzo e al gossip d'epoca, prende ispirazione dalla vita di Kate Meyrick, regina dei night club londinesi del primo Novecento, già d'ispirazione per l'autore Evelyn Waugh che modellò su di lei il personaggio di Ma Mayfield nel romanzo Brideshead revisited.
Il regno della notte, per quanto abbia l'innegabile fulcro in Nellie Coker da cui si diramano legami e intrighi, si svolge su più piani temporali e su diverse linee narrative, tutte con una voce narrante onnisciente (e anche ironicamente giudicante) che rende il romanzo quasi di stampo ottocentesco. Ogni linea narrativa ha al centro una diversa figura femminile che la società vorrebbe incasellata in un ruolo preciso, ma che ciascuna di loro, a modo proprio, rifiuta.
C'è la decisa Gwendolen Kelling, infermiera durante la guerra, badante della madre e che, alla morte di quest'ultima, si ritrova con un discreto patrimonio e il desiderio di essere altro rispetto al triste lavoro di bibliotecaria nel quale non si riconosce.
Lottie Frobisher, la moglie dell'ispettore Frobisher ossessionato dal catturare Nellie, è una profuga francese affetta da PTSD o da bipolarismo che Frobisher ha sposato per pietà e che non vuole rientrare nel ruolo di moglie e che troverà pace solo grazie all'intervento di Gwendolen. Non a caso, il marito la definisce "una donna sui generis".
Freda, giovanissima ballerina, dopo un passato come indossatrice di Tricotti da bambina, viene a Londra per cercare fortuna nel mondo dello spettacolo insieme all'amica Florence. Esile come una fata shakespeariana, capirà in fretta che lei non vuole essere un "pasticcino" o un "bocconcino" che qualunque uomo con un briciolo di potere (dal patrigno all'impresario teatrale) può divorare. 
Shirley, Betty e Kitty, le figlie minori di Nellie, non hanno la tempra della sorella Edith e non calzano nel ruolo che si vedrebbe per loro, ovvero la gestione dei club della madre. Argute solo di facciata, sembrano dimostrare che reggere il confronto con una matriarca della levatura di Nellie non è impresa fattibile.
Affetto? Strano, usare quel sostantivo in un contesto familiare. Presso i Coker, l'affetto era un sentimento selvaggio. Niven lo provava per Keeper, poco ma sicuro. Se però si fosse trovato a dover scegliere tra la vita del fratello e quella del suo cane, quale dei due avrebbe preferito? L'equilibrio del suo cuore si sbilanciava verso l'animale. (p. 191)
Il regno della notte ha alcune delle caratteristiche del romanzo familiare. I cinque night club sono il baluardo da difendere contro il resto del mondo e i vari figli, anche se in cerca della loro strada, sono vincolati alle abitudini – vivere di notte, gestire i club, cercare un buon matrimonio o il successo artistico – ma non dimostrano mai la compattezza e la lealtà che ci si aspetterebbe dal nucleo familiare. La stessa Nellie ha diminuito la dose di affetto mano a mano che partoriva figli tanto che gli ultimi due, Ramsay e Kitty, vengono a malapena ricordati nel suo testamento. Ramsey, nei suoi tentativi artistici, definisce la madre "un elemento, come il ferro".
L'Amethyst non era come se l'era aspettato lei. Era assai più patinato del 'covo di scelleratezze' che le aveva descritto Frobisher. Tutti erano agghindatissimi, con gioielli e seta, molti uomini erano in frac, e il guardaroba era strapieno di pellicce. (p. 222)
Tra le pagine si respirano i Roaring Twenties come immaginati nel sentire comune. Jazz sfrenati, alcolici non sempre legali, retate della polizia, intrighi ed eleganza. Alcune delle soluzioni narrative scivolano nel deus ex machina e i piani dei "cattivi" sono quasi da operetta, ma è un romanzo piacevole, ironico e con la giusta alternanza che permette di seguire lo sviluppo di tutti i personaggi. 
"'Drammaticità' era l'insegna stessa dell'epoca" ci avvisa la narratrice onnisciente nel discendere le scale dell'Amethyst. Esasperato divertimento, eccesso di ogni piacere ed emozioni amplificate al massimo sono il tratto distintivo del periodo e del romanzo, sospeso tra "l'andare e il venire" e tra un conflitto mondiale e l'altro.

Giulia Pretta