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#PercorsiCritici - n. 6 - Per una scuola viva, per una scuola reale

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Siamo ormai approdati a giugno, e non si può non associare questa prima parte del mese alla fine della scuola, che cade proprio in questo periodo, con il conseguente conto alla rovescia che impazza in ogni classe. Proprio per questo motivo abbiamo scelto di dedicare il secondo #PercorsiCritici del mese a libri che parlano, in maniere differenti, di scuola.


Prima di tutto non si può non citare un classico sull'argomento, ovvero il celeberrimo Lettera a una professoressa (Libreria editrice fiorentina, 1967), scritto da Don Lorenzo Milani assieme ai suoi alunni della Scuola di Barbiana, una realtà che ancora oggi affascina e continua a veicolare il messaggio di un'istruzione viva e forte. 

Un altro libro, molto più recente e diventato, però, nel tempo, anche lui un classico dell'educazione scolastica, e anch'esso incentrato sull'importanza di aiutare i cosiddetti "ultimi della classe", è Diario di scuola, di Daniel Pennac (Feltrinelli, 2008). In esso viene raccontata in prima persona l'esperienza dell'autore, che da bambino con difficoltà scolastiche è diventato un insegnante capace e attento, in grado, proprio per il suo vissuto, di cogliere i segnali dei suoi studenti e di porci la giusta attenzione. Un ritratto della scuola che non fa sconti e che mette in luce le principali criticità di un sistema che deve avere come obiettivo quello di aiutare tutti ad accedere al sapere e alla conoscenza, per il disegno di un progetto di vita consapevole. 

Oltre che sulla scuola come istituzione, è utile anche fare una riflessione sulla pratica dell'insegnamento in sé, come ad esempio ha fatto lo psicanalista Massimo Recalcati, il quale, in L'ora di lezione (Einaudi, 2014), ha delineato una panoramica dell'atto dell'insegnare, individuando in essa una vera e propria azione maieutica e soprattutto la possibilità di rendere la propria ora di lezione - appunto - un appuntamento, affascinante e rispondente alle esigenze di vita, con la conoscenza e il sapere.

Le riflessioni sulla scuola, tuttavia, non sono solo una cosa recente. Già Lev Tolstoj scrisse un saggio sulla propria esperienza di fondatore di una dozzina di scuole destinate ai bambini di famiglie contadine, pubblicato da E/O (2020), Per una scuola viva, per una scuola vera. Da quell'iniziativa parte il suo pamphlet sulla necessità dell'educazione e sull'importanza che essa ha per la crescita delle future generazioni.

Quello che è certo è che per parlare con efficacia di scuola, occorre orientarsi nel mare magnum del lessico specifico che lo contraddistingue. In quest'impresa ci aiuta Mariapia Veladiano, con Parole di scuola (Guanda, 2019), in cui raccoglie i principali lemmi che contraddistinguono l'istituzione scolastica, accompagnata dal pensiero che una buona conoscenza della lingua possa spalancare le porte alla preziosa capacità di esprimere esattamente i nostri pensieri e sentimenti.

Non mancano, inoltre, anche romanzi ambientati a scuola: uno dei più recenti è La compagna Natalia, di Antonio Spaliviero (Sellerio, 2022). La maggior parte della formazione della protagonista avviene tra i banchi di scuola: qui dovrà imparare a capire il suo posto nel mondo, dovrà fare i conti con l'adorazione per la compagna Natalia del titolo e poi comprendere i suoi limiti, facendola cadere dal piedistallo. Una tappa fondamentale sarà poi decostruire il sapere ricevuto per maturare un senso critico personale e farsi spazio tra le ideologie imperanti nel Sessantotto. 

Alcuni di questi, poi, gettano la luce sul mondo scolastico visto dagli occhi degli insegnanti, che  talvolta sanno raccontare le loro disavventure in modi decisamente spassosi. È il caso di Avventure tragicomiche di una supplente, di Beatrice Viola (Harper Collins Italia, 2018), insegnante precaria che racconta le difficoltà di contratti con date di scadenze che sembrano spade di Damocle (fino "ad avente diritto"), fondi mancanti, classi poco collaborative, e così via. L'ironia è la cifra stilistica del libro e non è possibile leggerlo senza prepararsi a ridere a crepapelle di alcuni episodi. La stessa peculiarità caratterizza un altro romanzo, più recente, intitolato proprio La supplente di Cristina Frascà (Garzanti, 2021), in cui Anna, la protagonista, finalmente viene chiamata per un contratto annuale. Questo sarà l'inizio di una vera e propria avventura, in cui dovrà farsi rispettare, ma troverà un'occasione unica per fare i conti con la sua vita, con le sue paure, gli evitamenti e con le aspettative per il futuro. 

La stessa precarietà, caratterizzante, purtroppo, questo lavoro, viene raccontata anche da Maria Francesca Venturo, anche se con taglio un decisamente più intimo e meno ironico: in Sperando che il mondo mi chiami (Longanesi, 2019), si fa strada una lunga riflessione sull'eterno presente che chi sceglie di fare questo lavoro deve affrontare, vedendo di volta in volta disattese le sue speranze di stabilità e scendendo a compromessi con chiamate arrivate all'ultimo minuto, spesso dall'altra parte della città, alle quali la protagonista si fa trovare pronta, ogni mattina, col cellulare in mano.

Tutto un rimbalzare di neuroni, infine, di Vanessa Ambrosecchio (Einaudi, 2021), racconta, con ironia e profondità, delle trasformazioni che la pandemia ha giocoforza imposto alla scuola: la didattica a distanza (DAD) e la conseguente virtualizzazione dell'apprendimento ha portato ad una situazione nuova, in cui gli insegnanti - Ambrosecchio compresa - si sono ritrovati a ripensare al proprio modo di fare scuola e il libro offre una riflessione sincera sui punti critici dell'insegnamento a distanza.

Se pensiamo anche alla recentissima pubblicazione di Vai al tuo posto (Rizzoli, 2022) di Valentina Petri, vediamo come questo sia un genere che continua ad attirare i lettori, perché in fondo la scuola, vista da fuori, è ancora un grande mistero e in questi romanzi e saggi si raccontano aspetti che, ai "laici", possono parere davvero frutto di fantasia. E invece... 

Buone letture!