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Là dove fioriscono le donne è il giardino della libertà. “Donne senza uomini” è il romanzo visionario della scrittrice iraniana Shahrnush Parsipur

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Donne senza uomini
di Shahrnush Parsipur
Tulemond edizioni, gennaio 2025

Traduzione dal persiano parsi di Anna Vanzan

pp. 136
€ 16,50 (cartaceo)
€ 14,00 (eBook solo nel formato EPUB) 

[…] e sono sempre le faccende di cuore che spingono gli uomini alla follia (p. 25)

Tulemond, casa editrice indipendente con sede nella Repubblica di San Marino, ha esordito nel panorama editoriale italiano con una proposta forte e chiara: dare voce a letterature poco rappresentate provenienti da Africa, Medio Oriente e Americhe. Tra le sue proposte ho letto il romanzo Donne senza uomini scritto dall’iraniana Shahrnush Parsipur. Il libro potrebbe essere considerato, senza tema di errori, una sorta di dichiarazione di intenti del progetto editoriale: la ricerca di una letteratura profonda, politica e visionaria.

Parsipur, nata a Teheran nel 1946, è stata una delle figure più importanti e controverse della narrativa iraniana contemporanea. Laureata in Sociologia, ha lavorato per la radio e la TV iraniane prima di dimettersi in segno di protesta contro la repressione politica. Arrestata più volte e detenuta complessivamente per cinque anni senza accusa formale, ha continuato a scrivere nonostante la censura e le persecuzioni. Dopo il 1991 si è stabilita negli Stati Uniti come rifugiata politica. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui il premio Hellman/Hammett e un dottorato honoris causa dalla Brown University.


Nel romanzo Donne senza uomini, Parsipur intreccia le vite di cinque donne — Mahdokht, Munes, Fa’izeh, Zarrinkolah, Farrokhlaqa — ognuna delle quali rappresenta un tema centrale della condizione femminile: la verginità, la conoscenza sessuale, il desiderio d’amore, la prostituzione, il matrimonio come destino imposto o negato. Si tratta di donne fragili e insieme radicali, che cercano una via d’uscita in una società che le definisce solo in relazione agli uomini. Fa’ize dirà all’uomo che desidera da anni:

Le donne devono stare in società. Le mogli devono aiutare i mariti a progredire nella società, non passare tutto il tempo in un angolo della cucina. (pp. 113-114)

Parsipur costruisce un universo fuori dal tempo, in cui la simbolicità e il realismo magico si fondono con l’esperienza concreta delle sue protagoniste. Non ci sono creature fantastiche nel senso tradizionale: le donne stesse si trasformano, in modo misterioso e potente. Una di loro, Mahdokht, si pianta come un albero e fiorisce, un’altra, Munes, legge nel pensiero altrui, un’altra ancora partorisce una ninfea dopo l’unione con un «giardiniere gentile». La tematica del giardino, topos letterario tipico dell’arte e della letteratura orientale, in qualche modo rappresenta nell’opera il luogo dove le vite delle cinque protagoniste si intrecceranno, ma anche lo stesso corpo femminile che diventa punto nevralgico della visione, della metamorfosi e della rinascita. Come fa notare la traduttrice, Anna Vanzan, nella Prefazione, «piantare una parte del proprio corpo nella terra è la realizzazione di un sogno impossibile, quello di crescere, in un ambiente sociale in cui le aspirazioni femminili incontrano difficoltà a concretizzarsi» (p. 7). Sono palesi le influenze sull’autrice della poetessa Forough Farrokhzād, in particolare la poesia Una rinascita, che dà il titolo a una delle sue più belle raccolte:

Il mio intero essere è un versetto oscuro
che nel ripeterti al suo interno
ti condurrà all’alba di eterne crescite e fioriture.
Io ti sospiro in questo verso, ah
in questo verso ti unisco all’albero
ti unisco all’acqua ti unisco al fuoco.

[…]

Pianterò le mie mani in giardino
crescerò rigogliosa, lo so, lo so, lo so,
e le rondini deporranno le uova
nelle pieghe delle mie dita sporche d’inchiostro. 
Incollerò alle mie unghie due petali di dalia
e appenderò ai miei lobi due rossi orecchini
di due rosse ciliegie gemelle.
(F. Farrokhzād, Io parlo ai confini della notte. Tutte le poesie, a cura di D. Ingenito, Bompiani, Milano 2023, pp. 653-655)

Le protagoniste di Donne senza uomini, così come di altri libri dell’autrice, riflettono una storia di sofferenza legata alla mancanza di controllo sul proprio destino, a una morale sessuale rigida e repressiva e al peso del mito della verginità - temi affrontati dalla scrittrice con un linguaggio diretto e volutamente sconveniente rispetto ai modelli culturali tradizionali. Il giardino in cui si ritrovano le cinque donne, un luogo sospeso, liminale, che nessuno vuole perché vi è una donna che si è piantata lì come un albero, è insieme rifugio e spazio utopico, dove le regole sociali sono sospese e le donne possono trovare la libertà e il proprio valore. Il romanzo è intriso di simbologia naturale e spirituale: la fioritura, l’acqua, la luce e il buio, il ciador come barriera tra visibilità e oppressione. Queste immagini accompagnano un autentico percorso catartico di liberazione delle protagoniste, trasformando la violenza subita in una forma di riscatto.

Il titolo stesso è ambivalente: senza uomini non significa “contro” o “senza bisogno di”. La storia ci fa capire che il titolo indica piuttosto una soglia esistenziale: donne senza uomini, perché escluse, compromesse, rifiutate, oppure perché, scegliendo di rimanere nubili (vergini, secondo la morale tradizionale) cercano finalmente di appartenere a sé stesse. E la scrittrice con il suo stile delicato, sofisticato e poetico fa della scrittura una forma di resistenza, uno spazio per immaginare un’altra possibilità di esistere. Shahrnush Parsipur ha dichiarato di aver scelto il realismo magico come forma per dire l’indicibile in una società che impone censura, silenzio e castità alle donne.

Munes stava pensando che per ventotto anni aveva guardato dalla finestra il giardino immaginando che la verginità fosse una membrana. Quando aveva otto anni le avevano detto che una ragazza che perde la verginità non può essere perdonata da Dio. E adesso da due notti e tre giorni sapeva che si trattava di un buco e non di una membrana. S’era rotto qualcosa nel suo corpo. Una fredda collera l’aveva pervasa. Pensava a tutti quegli anni dell’adolescenza in cui aveva guardato gli alberi con rammarico, sperando che un giorno sarebbe potuta salirci sopra, mentre non l’aveva mai fatto per paura di perdere la verginità. (pp. 42-43)

In questo breve romanzo, la forza politica non è mai separata dalla dimensione poetica e visionaria. La sua è una letteratura che non urla, ma trasforma, che non denuncia soltanto, ma crea spazi nuovi per la coscienza.


Donne senza uomini è un libro che si legge in poche ore e rimane per giorni nella mente del lettore. La traduzione di Anna Vanzan dal parsi (فارسیparsi è il nome con cui la lingua persiana è chiamata in Iran) riproduce in italiano con maestria l’equilibrio tra lirismo, eleganza e simbologia delle immagini che rendono così densa l’opera di Parsipur. Consiglio questa lettura a chi si occupa di gender studiesa chi è interessato alla condizione femminile nel mondo islamico, a chi ama la scrittura visionaria e simbolica.

Interessante la riflessione di Vanzan alla fine della Prefazione:

L’originalità dell’ispirazione di Parsipur è innegabile. Il ricorso a forme del surrealismo e del realismo magico, l’uso del tempo non lineare, il tutto in cornici compiute in una struttura simile a quella del racconto breve rientra nella prosa dell’Iran dell’ultimo ventennio, un periodo estremamente tumultuoso e difficile dal punto di vista storico-socio-politico, e incredibilmente fertile nell’ambito artistico-culturale, soprattutto letterario. Mai come in questi ultimi vent’anni le donne sono state protagoniste del rifiorire della grande tradizione di cui ora devono tenere conto anche le storie delle letterature mondiali: anche se ancora poco è stato fatto per rendere accessibili i testi a chi non conosce la lingua persiana in cui essi sono espressi. Shahrnush Parsipur affronta i problemi della donna e dei suoi rapporti sociali in modo universale: la sua critica non si ferma alla situazione delle donne d’Iran, ma mira a sottolineare problemi e istanze che hanno le donne in tutte le società d’ogni luogo e d’ogni tempo. (pp. 13-14)

Marianna Inserra