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Un thriller fantascientifico che esplora il tema dell'identità e dell'empowerment femminile: "Il mio omicidio" di Katie Williams

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Il mio omicidio
di Katie Williams
Bollati Boringhieri, 2023

Traduzione di Costanza Prinetti
 
pp. 240
€ 18,00 (cartaceo) 
€ 10,99 (ebook)


Bastano il titolo e le prime righe del romanzo di Katie Williams («In teoria avrei dovuto prepararmi per la festa, la prima dal mio omicidio», p. 9) per catapultare il lettore all’interno di una realtà straniante, sollevando una serie di domande. Chi è la donna che vediamo nuda nella vasca da bagno? Di che omicidio sta parlando? A cosa si deve il rapporto così particolare con un corpo percepito visceralmente e al contempo non pienamente riconosciuto, a cosa la vitalità dirompente, il bisogno di godere di ogni gesto, di ogni singolo istante («Ero stata uccisa, ma adesso ero viva. Volevo fare tutto, qualsiasi cosa», p. 12)? 

Non ci vuole molto per comprendere che la protagonista, Lou, meno di un anno prima è stata assassinata e riportata in vita grazie alla clonazione eseguita da una speciale Commissione governativa. Mentre il marito Silas odia sentir parlare dell’accaduto, la donna sente invece il bisogno di tornarci sopra continuamente, per darsi una spiegazione, comprenderne il senso, mettere in relazione l’avvenimento tragico con la donna che era – e che in una certa misura è ancora, ma non completamente, come in una sovrapposizione non perfettamente riuscita, con una leggerissima sfasatura. Di questo si accorge perfettamente la piccola Nova, che, da quando la madre è tornata, piange disperatamente ogni volta che viene presa in braccio.

Non è facile, per Lou, ritrovare il passo della propria esistenza, neanche nel confronto con le altre: lei è stata infatti la quinta vittima di un serial killer e il progetto di replicazione prevede un gruppo di sostegno che, sistematicamente, spinga tutte le donne coinvolte a confrontarsi, a condividere l’esperienza del ritorno. Ma ciascuna di loro è un mondo a sé: c’è chi, come Angela, non riesce a prendere decisioni definitive e subisce i pedinamenti di un fidanzato ossessivo, subito prima di trovare riscatto diventando la protagonista di un videogioco sul proprio omicidio; chi, come Lacey, decide, tra una battuta sarcastica e l’altra, di risolvere misteri e casi irrisolti; la bella Fern, che assomiglia a Lou tanto da sembrare una sua copia meglio riuscita, rifiuta con forza di identificarsi con la sé precedente e vuole reinventarsi, intonare un suo «inno personale» (p. 37). Lou invece è pensosa, in continua ricerca di un equilibrio che fatica a trovare: il suo indugiare e ripercorrere il passato è ciò che permette anche al lettore di conoscerlo, e di conseguenza di conoscerla, ma anche di percepire gli scarti tra la lei di prima e quella del dopo. Alcuni dettagli che emergono progressivamente rivelano che Lou era tutt’altro che felice: in preda a una severa depressione post parto, aveva progettato di scappare, come le ricorda ogni giorno il borsone chiuso sul fondo dell’armadio.

È difficile descrivere come mi sentivo. […] Mi sentivo eco anziché suono. Mi sentivo pula anziché grano, terra anziché radice. Mi sentivo fradicia. Mi sentivo sudicia. Come se mi guardassi sempre alle spalle. […] La tristezza era una cosa. Riuscivo a passarci attraverso. […] E la bambina. Potevo allattarla, cambiarla, tenerla in braccio, cullarla. Ma non la sentivo, non la percepivo. La tristezza era una cosa, ma la paura era un’altra. Non potevo farci niente, e non mi mollava. […] La paura non aveva forma, quindi gliela davo io. Era un lago e io ero sott’acqua. Era un pavimento, e io ero sepolta sotto. Era una bocca, e la lingua mi schiacciava. (p. 185)

I sensi di colpa di allora vengono sostituiti da quelli di adesso, quando Lou, che sempre di più si ritrova immersa e coinvolta nella sua nuova condizione, si chiede come ha potuto anche solo pensare di lasciare un marito attento e accudente, o la bambina che per nove mesi ha custodito in grembo. Perché lei, pur avendo l’aspetto, il corredo genetico, e tutti i ricordi della donna assassinata, è al tempo stesso una persona completamente nuova, che vuole imparare a conoscersi.

Katie Williams è abile nel costruire e rendere credibile un futuro prossimo in cui la clonazione è faccenda ordinaria, in cui lo sviluppo delle tecnologie consente professioni inedite (come quella di Lou che, in Stanze virtuali debitamente predisposte, abbraccia persone che hanno bisogno di qualche forma di vicinanza o conforto), in cui i taxi procedono senza conducente, i video si proiettano in forma di ologrammi e ciascuno ha accesso in qualsiasi momento a spazi di realtà virtuale. In questo scenario, viene ambientato un romanzo difficile da definire: non è un vero e proprio thriller, anche se dopo gli omicidi, dopo l’arresto e la condanna del colpevole, la vittima ha l’occasione unica di tornare a indagare sugli eventi, fino a rimettere in dubbio ogni certezza, lungo direttrici che non si possono qui, per ovvie ragioni, rivelare. È anche però un romanzo in cui si sfiorano, con una prosa netta, temi importanti, quali l’identità, la famiglia, l’amicizia femminile, il periodo di oscurità e solitudine che si trovano ad affrontare tante partorienti.

Quanto bene si può conoscere una persona? Conoscerla davvero? È uno degli interrogativi del matrimonio. L’interrogativo principale, forse. […] Quanto bene conosciamo noi stessi? È l’altro interrogativo del matrimonio. Come facciamo a sapere che rimarremo fedeli? Interessati? Innamorati? Come sappiamo che l’amore durerà? E anche così, come sappiamo che un giorno, con un colpo, non manderemo in mille pezzi qualcosa di insostituibile? La verità è che probabilmente succederà, quindi la domanda diventa: come ce la caviamo con un tubetto di colla? (p. 190)

Al contrario di quello che sembrerebbe suggerire il titolo, Il mio omicidio è un’opera che tematizza l’empowerment femminile e appare dominato da una sotterranea cifra di speranza che si annida nel tema della seconda possibilità e della brama di vita che, in modo differente, domina tutte le diverse vittime restituite alla loro esistenza. Tutto questo trova conferma in un finale originale e assolutamente non prevedibile, che è di per sé un valido motivo (ma non certamente l’unico) per leggere il volume di Katie Williams.

 
Carolina Pernigo