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Il piacere di riscoprire la lettura dei feuilleton polizieschi: "Il caso Lerouge" di Émile Gaboriau

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il caso lerouge emile gaboriau

Il caso Lerouge
di Émile Gaboriau
Ronzani editore, novembre 2022

Traduzione di Stefania De Matola
Prefazione di Dario Pontuale

pp. 380
€ 16,00 (cartaceo) 


«È un vero spasso! Noi l'abbiamo soprannominato Tirauclair per una frase che ripete sempre. Ah! È forte il vecchio mastino! Nel caso della moglie del banchiere, sapete, è stato lui a capire che la donna si era rapinata da sola, e lo ha dimostrato».
«È vero», replicò Gévrol. «Sempre lui ha impedito la forca al povero Derème, quel sarto che venne accusato di aver ucciso sua moglie, mentre niente affatto, era innocente...». (p. 27)
Proprio sul vecchio Tabaret, detto Tirauclair, la polizia fa affidamento per districare un caso di omicidio. La vedova Lerouge, del borgo di La Jonchère, è stata trovata accoltellata e i documenti in suo possesso bruciati: chi si sarebbe preso la briga di uccidere una donna di paese, benestante, forse, ma senza nemici dichiarati o implicazioni in fatti sospetti? Indizio dopo indizio, risalendo le spire di una vicenda che mostra i vari aspetti della società francese della metà del Diciannovesimo secolo, l'investigatore riesce a fare luce sul crimine: Tabaret entra di diritto nel novero dei grandi investigatori della letteratura, modello per i successivi Poirot e Maigret.

Nasce come feuilleton Il caso Lerouge, e il primo episodio viene pubblicato nel 1865. Dopo una falsa partenza in cui la storia non conquista il pubblico, Émile Gaboriau, figlio di un notaio, che si è fatto strada nel mondo giornalistico, piazza la storia sul giornale Le Soleil: diviene un romanzo a cui poi seguiranno altri quattro titoli e, al motto di "compito del lettore è quello di scoprire l'assassino, compito dell'autore è di mettere fuori strada il lettore" Gaboriau si conquista il giusto posto tra gli autori classici del genere poliziesco. Recuperato da Ronzani nella collana Dorsi di carta, si associa a John Thorndyke l'investigatore dell'Impronta scarlatta (trovate qui la recensione).
Mi fanno ridere quelli che pagano venticinque franchi per cacciare una lepre. Bella presa! Parliamo piuttosto della caccia all'uomo! Quella almeno mette in gioco tutte le capacità e la vittoria non è mai scevra di gloria. In quel caso la preda vale quanto il cacciatore; hanno la stessa intelligenza, stessa resistenza e astuzia, e le armi sono quasi uguali. Ah, se sapessero quali emozioni provano il criminale e il poliziotto a giocare a nascondino, tutti chiederebbero di far parte delle forze dell'ordine. (p. 47)
Intelligente, capace di alternare freddo ragionamento e metodo a empatia per le persone intorno a lui, Tabaret non ha nulla della compiaciuta sicumera che caratterizza i suoi successori – Holmes e Thorndyke, per l'appunto. Convinto delle sue idee, ma pronto a rivederle pur di evitare ingiustizie, a dispetto delle sue parole considera la caccia al criminale un atto di giustizia e non un mero esercizio di lotta tra menti alte. Eppure, a sorpresa, Tabaret compare molto poco, a livello di numero di pagine, in tutta la storia. Perché non è la figura dell'investigatore a comporre questo romanzo, ma tutti i quadri sociali che ruotano intorno.
Ogni capitolo è dedicato alla storia di uno dei personaggi, vittime, colpevoli e sospettati, del caso Lerouge e ogni storia è un piccolo romanzo di costume a se stante, perfettamente rifinito e autoconclusivo. D'altra parte, i feuilleton erano le serie dell'epoca: una trama orizzontale che correva tra i vari episodi e fidelizzava i compratori, e una verticale con il singolo episodio.
Affrontiamo quindi la straziate vicenda di un amore non corrisposto da parte del giudice Daburon, respinto dalla bella Claire d'Arlange la cui nonna è un retaggio dell'Ancien Régime convinta che si debba ancora vivere come alla corte di Luigi XVI. Scopriamo il tragico malinteso che ha separato il conte Cammarin dalla sua amante, Mme Gerdy, il cui amore ha portato alla morte la contessa e ha generato problemi con la legittimità dell'erede. L'intraprendenza del popolo e della borghesia sono incarnate dalla bella Juliette, una mantenuta di alto bordo "una precoce fanciulla totalmente priva di moralità", che ha saputo ben utilizzare i doni che la natura le ha elargito; parimenti la vittima, la vedova Lerouge, millanta una solida posizione economica sulla base di segreti molto ben sfruttati. Da un lato la nobiltà, consapevole o meno della perdita della propria posizione, che lamenta i tempi e la levità della pena di morte, dall'altro la borghesia emergente che si fa una posizione con mezzi più o meno leciti. 
Tabaret si trova nel mezzo. Dopo una gioventù passata in povertà per un crudele scherzo del padre, ora è benestante e può occuparsi di ciò che davvero lo interessa: la lotta al crimine. Proprio perché nel mezzo, per quanto rispettato, non è capito da nessuno, tanto da crearsi una sorta di doppia identità segreta, quella di Tirauclair, che lo aiuta a raccogliere confidenze e indizi. Considerato dalla servitù un donnaiolo un po' in là con l'età e dalla polizia un genio di cui però farsi beffe, è dotato di una dose di umiltà e di autocritica che sarebbero poi mancate ai suoi successori letterari. 
«Non mi umiliate», riprese il buonuomo. «Che volete? Malgrado i capelli grigi sono nuovo del mestiere. Visto che il caso mi ha favorito due o tre volte, stupidamente sono diventato presuntuoso. Ho capito troppo tardi che non sono quello che credevo; sono un principiante a cui il successo ha fatto montare la testa.» (p. 350)
Come per ogni romanzo poliziesco delle origini, i meccanismi del crimine sono noti al lettore contemporaneo: lo scambio di persona, l'orgia di prove, l'aringa rossa sono usati, per Gaboriau, in maniera innovativa; per noi sono segnali indicatori chiarissimi. Romanzi come questo non si leggono per il brivido di scoprire l'assassino, ma per l'immersione nella società raccontata e per riscoprire il piacere della lettura a puntate. Abituati al binge watching/reading potrebbe essere una modalità nuova e originale quella di leggere un solo capitolo al giorno per riprendere un ritmo di lettura più d'antan: così d'antan da aver fatto il giro ed essere tornato originale.
Giulia Pretta