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In fondo, la fine dell'infanzia è un po' l'inizio di un incubo: "Morsi", il nuovo romanzo di Marco Peano, vira verso colpi di scena degni di un horror

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Morsi
di Marco Peano
Bompiani, gennaio 2022

pp. 192
€ 17 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


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Inizia come un romanzo familiare e di formazione il nuovo romanzo di Marco Peano, Morsi, ma in effetti quel titolo così dissonante con le prime decine di pagine avrebbe dovuto avvisarmi di un futuro cambio di rotta. Invece, serena con il mio file in anteprima, completamente ignara della sinossi dell'opera (cosa che mi capita quando accetto al volo di leggere il nuovo romanzo di un autore che stimo), mi sono imbattuta all'improvviso in un colpo di scena in grado di far virare l'intero libro verso tutt'altro genere. Un genere che, detta tutta, non frequento e che non amo. Da parte mia? Sgomento, ma anche tanta curiosità, perché Peano scrive bene, lo avevamo già visto con L'invenzione della madre (2015), e questo mi ha convinto a vincere la mia ritrosia istintiva: immaginavo già che la storia offrisse occasioni per riflettere su altro. 

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Andiamo con ordine: all'inizio di Morsi facciamo la conoscenza di Sonia, bambina nata settimina e per questo un po' più gracile e delicata rispetto alle sue coetanee, ma piena di vitalità e di fantasia. Lei trascorre gran parte delle sue giornate nella casa della nonna a Lanzo torinese, perché è più vicina a scuola rispetto a casa sua e anche perché sua madre è piuttosto impegnata a lavorare e a tenersi viva, dopo la delusione del marito, alcolizzato e nullafacente. Nella Valle gli anni Novanta sembrano essere rimasti quasi fermi nel tempo, perché si vive ancora in una realtà rallentata, scandita dai ritmi della campagna e dell'allevamento, dove tutti si conoscono almeno di vista. Nessuno si stupisce se una bambina da sola come Sonia va a ritirare il latte fresco alla cascina vicina, dai Savant, camminando da sola per un pezzo di strada. D'altra parte, tutti saprebbero ricondurla a casa, se lei si perdesse, dal momento che sua nonna Ada è nota come guaritrice della zona. Più volte l'anziana si ritira in uno stanzino apposito, dove aiuta chi non si sente bene attraverso erbe, massaggi e chissà cosa. Sonia non può che immaginarsi quel che avviene, perché le pratiche di sua nonna sono tenute gelosamente segrete al di là della porta chiusa a chiave; ecco perché la ragazzina intende scoprirlo. 

Più rarefatto e sullo sfondo è il rapporto tra Sonia e i suoi genitori, mentre nel romanzo ci si concentra maggiormente sul rapporto tra la bambina e i compagni di scuola. Spiccano, tra tutti, l'amica di sempre, Katia, e il bambino che abita nella cascina, Teo. Preso in giro da tutti i coetanei per il suo sovrappeso e per l'odore di stalla che porta sui vestiti, Teo cerca invano di avvicinarsi agli altri e non gli resta invece che rifugiarsi nei suoi panini col salame e nell'accudimento dei suoi animali. Tuttavia, Sonia, quando va da lui per il latte, gli rivolge spesso la parola e tra i due sembra nascere un'amicizia un po' timida ma sincera. 

Se su due piedi Morsi sembrerebbe fin qui un romanzo di formazione dedicato agli anni della scuola e alle sfide della crescita, ma poi avviene il mutamento: a ridosso delle vacanze natalizie, un evento traumatico sconvolge la scuola (e la narrazione). Teo racconta a Sonia l'accaduto - che non posso anticipare, per non togliervi la sorpresa, ma pensate a qualcosa di insano e innaturale - e i due restano sconvolti. La storia, che riguarda in primis la severa professoressa di italiano Cardone, temuta e odiata da tanti studenti, è talmente inconcepibile da risultare quasi una leggenda: che nel passaparola sia stata esagerata la gravità della vicenda? 

Purtroppo, nell'inverno ghiacciato del paesino di Lanzo, abbandonato da tanti per le vacanze natalizie (anche dall'amica Katia), quel che ha colpito la professoressa sembra contagiare (ma è il verbo appropriato?) altri. È un mondo dell'orrore quello che si para davanti a Sonia e a Teo, e noi lettori percepiamo che le prime avvisaglie di fantastico stanno ormai passando all'horror, con qualche tocco un po' splatter (diciamo che i dettagli truculenti non mancano). Se generalmente nei romanzi di formazione il lettore si immedesima, in questo caso è meglio non farlo, perché, da adulti, non riusciremmo di certo a mantenere la speranza di Sonia e Teo nel trovare una soluzione. Loro, un po' ingenuamente o salvati dall'istinto alla sopravvivenza, tra un pianto e l'altro capiscono di doversela cavare da soli: gli adulti non sono d'aiuto. Spesso nei romanzi di formazione i bambini e gli adolescenti si trovano a dover agire da soli; qui, un po' come in Anna di Ammaniti, gli adulti sono fuori gioco (per usare un eufemismo). Là eravamo in una distopia; qui, Marco Peano ambienta nel passato una cronaca fantastica, dai tratti orrorifici, che mette in campo un tema universale: crescere significa congedarsi dagli affetti di sempre e imparare a cavarsela

Accanto alle prove terribili che i due protagonisti dovranno affrontare, si fa strada il piacere di conoscersi, andando oltre i pregiudizi, e si fa sempre più forte il contrasto tra i sentimenti che provano l'uno per l'altra e il ribrezzo e la paura che suscita la realtà contingente. Se da un lato Sonia cerca di restare aggrappata alla razionalità e si chiede dove sia sparita nonna Ada, da un altro rintocca l'idea di cercare una spiegazione tra i segreti di famiglia. La salvezza è possibile? Se sì, dove e come? Solo seguendo Sonia e Teo capiremo, di tentativo in tentativo, cosa il destino ha in serbo per loro e che cosa Marco Peano ha architettato per noi.  

GMGhioni