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Come sopravvivere a una famiglia di vasi non comunicanti: "La rappresentazione" di Romana Petri, terzo volume della saga dei Dos Santos

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Petri-La-rappresentazione



La rappresentazione
di Romana Petri
Mondadori, 2021

pp. 406
€ 20,00 (cartaceo)
€ 10,99 (e-book)


Nel mio portafoglio, ben conservato in una piega segreta, c'è un piccolo foglietto, con qualche riga scritta a mano. La scrittura è la mia, le parole no: "Il mio tempo è nel tuo e il tuo in quello dei tuoi figli che continuerà ad essere anche il mio". È la magia, raccontata con parole sussurrate, lievissime e incantevoli, della continuazione della vita nella memoria dei figli e dei nipoti.
Nel caso in cui la scrittrice Romana Petri dovesse leggere questa mia recensione, riconoscerebbe immediatamente queste righe: si tratta di una citazione tratta dal libro Ovunque io sia, il romanzo che nel 2008 dette inizio alla lunga storia di Ofelia, Margarida e Maria do Ceu, di Manuel e di Tiago, di Vasco, di Rita, di Joana. Una storia proseguita con il romanzo Pranzi di famiglia del 2019 e quest'anno con La rappresentazione. Questi libri sono l'inconsapevole risposta della scrittrice alla domanda che mi feci quando terminai il primo romanzo: "E adesso? come farò senza queste amiche?". Quasi mi sembrava un tradimento che l'ultima pagina calasse il sipario su quei personaggi che tanto erano entrati in me. Grande la gioia nel sapere che la storia avrebbe avuto un seguito.

Stiamo parlando di una lunga saga familiare, quella dei Dos Santos, ambientata in Portogallo, terra d'elezione di Romana Petri, scrittrice, ma anche traduttrice, che ha scelto di vivere per lungo tempo in quella terra baciata dalla luce accecante dell'Atlantico. È sì una saga, in un ideale continuum, ma il bello è che ognuno di questi tre romanzi può essere letto a sé, mantenendo intatta, o quasi la meraviglia. Dico quasi perché Ovunque io sia rimane il più grande, a mio parere, per freschezza, originalità e introspezione.
La vita dei personaggi di Romana Petri si snoda in una Lisbona magica, come solo questa città sa essere, con la sua atmosfera, la sua luce indescrivibile, i suoi colori, tra i quali spiccano il bianco e l'azzurro, i suoi profumi, i suoi sapori e se il primo libro ci racconta di un Portogallo chiuso, arretrato, quasi accucciato in attesa del balzo che poi farà con la Rivoluzione dei Garofani del 1974, quest'ultimo romanzo, La rappresentazione, ci accompagna per le strade di un Portogallo più moderno, inevitabilmente cambiato, ma pur sempre legato al suo passato.
Protagonisti principali (se così si può dire in un romanzo nel quale ogni personaggio che compare sul set diventa protagonista) sono Vasco e sua moglie Luciana, l'Albertini. Vasco è figlio di Maria do Ceu, la madre, ormai morta, che torna nei ricordi del figlio. Vasco, unico maschio, ha due sorelle, la gemella Joana, la figlia meno "considerata", e Rita, nata con una malformazione del viso data da una malattia che sposta la posizione di naso, occhi e bocca, determinando così un'espressione "mostruosa". Maria do Ceu, per dare un viso accettabile alla figlia, l'aveva sottoposta a innumerevoli operazioni che però, nonostante enormi dolori, non erano riuscite a dare una fisionomia "normale" alla ragazza.
Il romanzo si apre con un ritorno, quello di Vasco, che, dopo un anno e mezzo di risentito silenzio, decide di trascorrere le feste di Natale con i familiari, a Lisbona. E si sa, non c'è un periodo più pericoloso per le riunioni familiari di quello natalizio, se la famiglia in questione non va d'amore e d'accordo. Già perché in mezzo c'è stato un fatto, di cui il lettore viene messo a conoscenza ben presto: l'Albertini, che di mestiere è pittrice, aveva dipinto una serie di ritratti dei familiari del marito, rappresentandoli in maniera grottesca, buffa, rendendoli esemplari portatori di pecche morali, immediatamente percepibili dalle espressioni dipinte. I ritratti erano stati poi esposti in una mostra di cui si era parlato anche al telegiornale, ridicolizzando i Dos Santos. Inutile dire che la famiglia di Vasco non aveva preso bene quell'ardita mossa (tutti tranne Rita, abituata da tempo alla sua deformità e di vedute più concilianti) e, nonostante il marito si prodigasse a spiegare le facoltà del genio e la necessaria libertà dell'artista, Vasco e Luciana erano stati costretti a tagliare i ponti con la famiglia trasferendosi a Roma.
Una famiglia, quella dei Dos Santos, certamente molto particolare. Romana Petri, grande narratrice di dinamiche familiari, in questo romanzo mette in scena una famiglia per la quale la forma è tutto, che ama rappresentarsi in un certo modo, soprattutto durante i famigerati (per l'Albertini) pranzi della domenica nei quali ci si deve incontrare facendo finta che vada tutto bene, parlando del più e del meno, stando bene attenti a non toccare tasti scivolosi. Una famiglia modello, a proprio modo di vedere... e figuriamoci come il padre e le sorelle possono aver gradito la rappresentazione pittorica che invece l'Albertini ne aveva dato. Una famiglia in cui il sentimento, se c'è,  non si mostra, dove è giusto e doveroso incontrarsi ma, alla fine, per non dirsi nulla. Una famiglia arida, secca. E, in più, incattivita dall'episodio dei ritratti. 
"Una famiglia castrante". Da un po' di tempo non faceva più sconti a nessuno. Tutti si erano fatti del male, ma a questo preferiva non pensare. Si soffermava piuttosto sul fatto che tutti avessero fatto del male a lui (p. 42).
Così pensa Vasco. Il tema principale gioca intorno alla parola che dà il titolo al romanzo, la rappresentazione. C'è sempre, per ognuno di noi, una certa differenza tra la rappresentazione che vogliamo dare di noi stessi al mondo e la rappresentazione che gli altri, invece, danno di noi; una discrepanza che noi forse, e spesso per fortuna, non percepiamo. Vedersela spiattellata in una mostra, alla berlina di chiunque, amici e conoscenti, è certo una prova non indifferente. Il risentimento e il rancore che il padre e le sorelle, soprattutto Joana, provano per l'Albertini non potranno non influire sulla vita di coppia di Vasco e Luciana, già sbilanciata dall'imprevedibile successo internazionale ottenuto dalla pittrice. Come spesso accade, infatti, l'ascesa femminile spiazza l'uomo che le sta accanto. Fino a cambiarlo. Fino a costringerlo a dire che tutto quello che era prima del cambiamento, era soltanto una "rappresentazione". E così ci addentriamo sempre più nelle pieghe intime delle dinamiche di coppia e di famiglia guidati dalla mano sapiente della Petri che si muove a suo agio tra questi tortuosi meandri.
C'è poi, sempre sottesa, la questione dei soldi: il fascino potente e mefitico del denaro di cui dispone in abbondanza il Dinosauro, il padre di Vasco, e che dispensa a piccoli tratti con ricatti e mezzucci. Vasco ne vorrebbe di più per aprire una galleria a Roma, ma poi si accontenta di poter fare la bella vita... La sorella Joana ne approfitta gioiosamente. L'unica che, a schiena diritta, si mantiene da sola è Rita, la "povera" Rita.
Il romanzo porta il lettore in un'altalena continua, tra Lisbona e Roma, tra il desiderio di ricucire e l'impossibilità di farlo, tra le lusinghe del denaro e la sorda umiliazione nel riceverlo, tra il sentimento familiare e la passione, tra l'odio e l'amore, tra l'orgoglio per quella moglie famosa e geniale e l'invidia strisciante. E anche la scelta dei registri linguistici utilizzati segue questo rollio. Dall'asprezza di certe scenate all'ilarità e alla giocosità di quando entra  in scena Barabba, il cane dell'Albertini, con il quale lei chiacchiera e si confida. 
Insomma, ma alla fine, chi ne esce bene da questa serie di ritratti? La Petri è chirurgica e spietata come la pittrice nella rappresentazione di questi personaggi? Di certo, chi ne esce alla grande è lei, l'Albertini, forte, indipendente, che di tutte queste pastoie familiari se ne fa un baffo. D'altra parte è stata proprio lei a strappare, con i suoi ritratti, quella bella rappresentazione da famiglia unita e felice che andava in scena ogni domenica nei lunghi e silenziosi pranzi. Lei che, da artista, poteva permettersi di dire la verità, grazie ai suoi pennelli, megafoni del vero. 
Ma allora, se solo l'arte è verità, che cosa resta della vita? Ci dobbiamo rassegnare a una lunga sequela di rappresentazioni? Lo scopriremo nelle diverse maniere di affrontare l'esistenza, e quindi la storia narrata, che i personaggi della famiglia Dos Santos mettono in campo.

Sabrina Miglio