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Sulla strada verso l'ignoto: il romanzo d'esordio di Andrea Gatti, "La fuga dei corpi"

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La fuga dei corpi
di Andrea Gatti
Pidgin, 2021 

pp. 374

€ 16 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook

Per comprendere la gioia di non essere nessuno, basta dare un’occhiata alle facce di quelli che sono qualcuno, mi disse una volta Daniel. Io ho passato la maggior parte della mia vita a dover tenere conto a qualcun altro di ciò che stavo facendo, per poi accorgermi che quello che facevo non era quello che volevo. (p. 233)

Che La fuga dei corpi di Andrea Gatti, classe 1992, tragga ispirazione da un romanzo che ha fatto la storia come On the Road di Jack Kerouac credo sia qualcosa che possiamo archiviare come un fatto. Se Sal Paradise e Dean Moriarty, fra il 1947 e il 1950, attraversano il vasto continente americano alla ricerca di qualcosa di indefinito, i novelli autostoppisti Vanni e Daniel una meta ce l’hanno, ed è Cala Bruja, una comunità autosufficiente celata da qualche parte lungo la costa andalusa. Anche qui ritroviamo due amici il cui rapporto si fa più complicato man mano che il viaggio prosegue, e anche qui il nichilismo attraversa tutto il romanzo come fosse un rumore bianco di fondo, quasi un terzo protagonista accanto ai primi due.

Questa premessa, pur doverosa, non significa tuttavia che La fuga dei corpi sia una copia epigona di On the Road. Se il punto di partenza è comune, così come lo sono alcuni temi, è tuttavia vero che Gatti imprime il proprio nome nella trama e prende le necessarie distanze da un capolavoro della letteratura americana col quale, obiettivamente, sarebbe difficile fare i conti perché l'Europa contemporanea non è l'America degli anni Quaranta e i giovani protagonisti di Gatti non sono esponenti della beat generation. Insomma, il fantasma di Kerouac non ci prova neanche a infestare la dimora di Gatti, il quale gli rende in ogni caso omaggio fra le righe utilizzando in diverse occasioni  non a caso  le parole “sulla strada”.

Cosa si trova dunque sulla strada quando due ragazzi decidono di mettersi in viaggio per lasciarsi tutto alle spalle? E cosa si nasconde dietro una parola dispersiva come “tutto”, che molte volte viene utilizzata per nascondere un’intera montagna dietro il famoso dito? Per rispondere alla prima domanda dobbiamo prima dedicarci alla seconda. Quel che ci si lascia dietro, partendo a questo modo, sono il lavoro, i fallimenti, le persone. Ci si lascia alle spalle quel lavoro che è spettro di un capitalismo troppo spesso invocato per mascherare le proprie debolezze, quei fallimenti che hanno segnato le vite di ognuno di noi, quelle persone amate con le quali non è più possibile vivere. Ci si lascia alle spalle i problemi, insomma. Ma, come ogni storia di viaggio insegna, i problemi non si risolvono fuggendo, anzi vengono in viaggio con noi, ce li portiamo appresso come bagagli pesanti che non ne vogliono sapere di perdersi.

E allora, cosa si trova sulla strada, nel viaggio? Quel che crediamo di trovare è la libertà, l’incognito, la leggerezza, la novità. E queste cose, in effetti, le troviamo. Con loro, però, troviamo anche i problemi i quali, come un veleno letale, si infiltrano fino a divorare tutto. Che sia Bologna, città in cui vive Daniel, o Roma, luogo di Vanni; che sia la costa ligure, oppure quella francese; che sia Barcellona, o una spiaggia andalusa in cui tutto sembra funzionare alla perfezione, nulla cambia. Il luogo in cui fuggiamo è trasparente ai problemi che ci portiamo appresso.

Mentre Vanni è alla ricerca di se stesso e di uno scopo nella vita, Daniel incarna il nichilismo più totale. Per Vanni è fondamentale trovare una comunità, degli amici, un luogo in cui sedersi ma che sia lontano da tutto. Per Daniel, invece, il viaggio è la meta. Ecco dunque che Gatti ci mostra l’orrore dietro la bellezza: l’insoddisfazione, l’inquietudine, l’irrequietezza che ristagna dentro molti di noi. Siamo tutti volti al disastro, sembra dirci, perché il disastro siamo noi. Nessun posto, nessun amore, nessuna persona è in grado di darci ciò che cerchiamo perché ciò che cerchiamo non è di questa terra. Il viaggio affascinante di Vanni e Daniel, le scorribande notturne, le esibizioni canore per racimolare qualche spicciolo, il sesso, tutto questo è solo un momento di calma che serve a rimandare l’incontro con l’orrore, incontro che tuttavia avviene comunque, prima o poi.

Gatti scrive un libro di rara intensità e lo fa con una scrittura molto matura in cui pochissimi sono i momenti di sbavatura. Nel finale si perde appena a livello di narrazione, ma fortunatamente viene recuperato attraverso una poetica in grado di emozionare. Perdersi è dolce nelle sue pagine e, personalmente, spero di farlo ancora.


David Valentini