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Il "canto degli innocenti" che tormenta il commissario Strega, nel primo volume de "I canti del male" di Piergiorgio Pulixi

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Il canto degli innocenti
di Piergiorgio Pulixi
BUR Nero, 2025

pp. 263
€ 15,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook) 

Audiolibro disponibile su Audible (tempo di ascolto: 6 ore e 15 minuti); legge MicheleMaggiore.  

Vedi il libro su Amazon 

Ritorna nella collana Bur dedicata al noir, e a dieci anni dalla sua prima uscita, Il canto degli innocenti di Piergiorgio Pulixi, primo volume della serie de “I canti del male” con protagonista il commissario Vito Strega, arrivata l’anno scorso al settimo volume.

Già in questo, del resto, Pulixi si conferma abile a intrecciare diversi fili narrativi: da un lato le vicende personali del poliziotto, temporaneamente sospeso per aver tolto la vita a un collega in circostanze inizialmente non chiare (tanto al lettore, quanto agli altri personaggi), dall’altro l’inquietante caso di omicidio che vede protagonista Michela, un’«assassina-bambina» tredicenne, che ha pugnalato più di settanta volte una «rivale in amore» e che non mostra alcun senso di colpa. E se l’idea dell’innocenza tradita, delle piccole mani macchiate di sangue, può parere agghiacciante, nel momento in cui nell’arco di pochi giorni i delitti si moltiplicano, e tutti coinvolgono giovanissimi, Strega inizia a pensare all’esistenza di un “burattinaio”, qualcuno che dall’alto – vero deus ex machinaistiga e istruisce i ragazzini per spingerli a uccidere.

Quasi nessuno però è disposto ad ascoltarlo, soprattutto in quel frangente: pur essendo stato considerato non colpevole per la morte del partner, questo evento oscuro ha accresciuto la spaccatura che lo divide dagli ex colleghi, che non lo considerano più uno di loro e lo guardano con un sentimento che oscilla tra sospetto e malcelato disprezzo. Solo Teresa Brusca, che di lui è un po’ innamorata, continua a stargli accanto e a chiedere il suo aiuto, pur consapevole dei rischi per la propria carriera. Isolato e impossibilitato a indagare come vorrebbe, Vito si trova ad attraversare una profonda crisi personale, che lo porta sempre più spesso a travalicare i limiti, invadendo spazi che non gli appartengono, compresa la nuova vita della sua ex moglie.

La caratterizzazione del personaggio è forse eccessiva (l’autore gli regala troppi tratti d’eccezionalità, molti dei quali sono parte integrante del suo tormento), ma da questo non risulta uno sbilanciamento dell’opera, anzi. Vito Strega è ombroso, inquieto, tormentato, e questo lo rende intrigante per il lettore, che è avvinto tanto dal caso presente, tanto dalla progressiva ricostruzione relativa al suo passato, che emerge dai conflittuali incontri con la psicologa, obbligatori per il suo potenziale reintegro nelle forze dell’ordine.

I capitoli brevi, che alternano diversi piani narrativi e in alcuni casi lasciano voce – angoscianti e quasi stranianti – ai giovanissimi assassini, sono perfetti per la versione in audiolibro e la bella voce graffiata di Michele Maggiore.

Nel progredire delle sue ricerche sotterranee, nelle notti stordite da assenzio, musica jazz e racconti di Edgar Allan Poe, il commissario inizia a realizzare che i delitti devono essere considerati come «un’opera collettiva», che solo comprendendo il disegno generale, e come il burattinaio abbia adescato le sue vittime, è possibile porre termine alle stragi, sempre più violente e sempre più organizzate.

Il canto degli innocenti violati e traditi, sia quelli resi assassini dalla manipolazione, sia quelli caduti per colpa delle loro mani sanguinarie, gli urla nelle orecchie e lo spinge a indagare anche al di fuori delle piste tradizionali, anche quando il suo distintivo gli è stato sottratto.
L’indagine che lo avvicina al cuore oscuro della vicenda è al tempo stesso un lento sprofondare nel baratro di se stesso, del proprio passato accidentato, nei sentimenti irrazionali che gli tolgono la lucidità. All’intrico di passioni che lo muove viene contrapposto, a livello narrativo, il lucido e crudele piano del burattinaio, «creatore di incubi, sogni e speranze», che insegue «un bene superiore»: vuole «risvegliare le […] coscienze» del mondo adulto, mostrando loro il percorso di educazione al male a cui sono sottoposti i loro figli, i loro pazienti, i loro ragazzi. I giovani a cui il criminale si rivolge hanno tutti tratti comuni: sono solitari, fragili, confusi, alla disperata ricerca di punti di riferimento, carichi di rabbia («erano tutti uguali, pentole a pressione pronte a scoppiare da un momento all’altro»). Vito riconosce la trama sottotraccia perché lui stesso ha sperimentato l’oscurità e a volte ancora ci si dibatte. Anche per questo, forse, attira l’attenzione di una figura malvagia, che inizia subdolamente a insinuarsi nella sua esistenza.

Sono molti i fili che Pulixi intesse in questo romanzo, e se l’indagine principale viene infine risolta – non senza dolorosi compromessi –, alcuni restano ancora pendenti, pronti a essere ripresi e annodati nel volume successivo (ne parla in un’intervista con l’autore Alessio Piras). 
La personalità complessa del protagonista è uno, ma non l’unico, dei motivi per cui è facile lasciarsi coinvolgere nella narrazione. E per chi, come la sottoscritta, avvicina la serie attraverso l’audiolibro, il catalogo Audible viene in soccorso, presentandone i volumi quasi al completo e offrendo così una voce di accompagnamento per chi cerca un brivido anche in piena estate.
 

Carolina Pernigo