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Dentro il buio delle anime «desaparecidas»: una riflessione sull’(ab)uso del potere in “La nostra parte di notte” di Mariana Enriquez

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La nostra parte di notte
di Mariana Enriquez
Marsilio, settembre 2021

Traduzione di Fabio Cremonesi

pp. 720
€ 22 (cartaceo)
€ 13,99 (ebook)



«È come guardare un film a volume basso dentro una cortina di fumo» (p. 368). La dichiarazione di Mariana Enriquez, talentuosa scrittrice argentina, è esaustiva. Il lettore che si accinga alla lettura di La nostra parte di notte, edito da Marsilio e che ha ricevuto importanti riconosciuti in Spagna e nel mondo, sarà come uno spettatore dentro una sala cinematografia. Il genere del film? Un gotico-horror dal realismo magico che solo una sensibilità sudamericana ha la capacità di mettere in atto. La storia? Una vicenda generazionale: un padre, Juan, e un figlio, Gaspar, che attraversano un paese, l’Argentina che sta vivendo e, subito dopo, tentando di superare la dittatura fascista, nota in tutto il mondo come quella dei “desaparecidos”.

Enriquez ripercorre il trauma storico della dittatura attraverso un espediente ricorrente nel mondo ispanofono: aprire la narrazione al mondo dell’occulto, del perturbante, dell’esoterismo. Juan e Gaspar sono medium appartenenti a una confraternita che li costringe a mettere l’Oscurità in contatto con l’Ordine, una realtà esoterica di antiche divinità a cui immolare in pasto sacrifici umani. Mercedes e Adolfo - capostipiti dei Bradford e dei Reyes, famiglie terriere concusse con il potere dei militari - rincorrono il sogno di poter raggiungere il mantenimento della ricchezza e dell’immortalità attraverso gli antichi riti della foresta. Il medium è il mezzo per il raggiungimento dei loro scopi, per assicurarsi l’opulenza e la vita eterna. Juan e Gaspar sono gli schiavi di questi riti a cui vengono chiamati a partecipare per raggiungere la dimensione dell’Altro Lato Oscuro. Intorno a loro girano personaggi altrettanto significativi: Rosario, moglie di Juan e madre di Gaspar, Vittoria (Vicky), Pablo e Adela, amici di Gaspar. Quest’ultima, una ragazzina senza un braccio, si perde nel buio di una casa da cui Gaspar è attratto, una casa che è una porta sul mondo indecifrabile dell’Oscurità. Juan lotterà lungo tutta la vicenda affinché Gaspar non diventi come lui, un medium sfruttato dall’abuso di potere di Mercedes, la nonna, e Florence, la zia.

Pasolini sosteneva che il potere fosse anarchico. Mariana Enriquez analizza questo potere e insinua nei personaggi e nelle vicende che narra l’investigazione di come questa anarchia si perpetui sull’umanità. Il contesto fisico della foresta argentina sconfina nel vicino Brasile e le piantagioni di mate e di tè si confondono con l’aura strisciante del potere fascista, così poco nominato e ricordato, e che tuttavia aleggia come una cortina di nebbia che offusca tutta la vicenda. Spariscono le persone, spariscono i bambini, spariscono le donne. Temendo per il figlio, Juan non vuole che Gaspar diventi un medium altrettanto potente come lui è stato, e cerca dunque di ribaltare le sorti della famiglia intrappolata nel gioco di potere e sfruttamento dei capostipiti.

Una narrazione cinematografica quella di Mariana Enriquez. Un libro avvincente che prepara le scene più impegnative attraverso l’analisi della realtà e la sua trasposizione in un realismo che diventa magico e poi orrorifico. Nel background della Enriquez si respirano le atmosfere magiche di Jodorowsky, quelle perturbanti di Guillermo del Toro in Il labirinto del fauno e quelle inquietanti di H. P. Lovecraft. Il simbolo della realtà dei desaparecidos è Adela, l’amica di Gaspar, la ragazza mutilata che sparisce nella casa di Villa Real in cui tutti gli amici vengono attirati da un misterioso richiamo e dove, prima della scomparsa dell’amica, scoprono «denti da latte, piccoli […]. C’erano delle palpebre. Disposte come farfalle, ugualmente delicate, ciglia corte, lunghe e scure, alcune senza ciglia» (p. 360). E dove sono finiti tutti i corpi da cui sono stati smembrati, pezzo dopo pezzo, questi organi? Si trovano nel pozzo di Zañartú. Lo dice Olga Gallardo, giornalista, che narra come testimone la ribellione dei tareferos, braccianti sfruttati per la coltivazione del mate, scrivendo un articolo che non verrà mai pubblicato. Così vuole l’Ordine oscuro e per convincerla basta spaventarla con un tentativo di omicidio.

I paesaggi della foresta e della savana sono irti di ossa, ci si cammina sopra. Nelle radure oscillano dalle fronde degli alberi uomini impiccati, essiccati. Un sentimento di ansia e di paura costringe ad ammettere che l’esoterismo di queste magie macabre avvinghiano e soffocano la realtà storica e umana. Può Gaspar considerarsi ancora “umano” quando il suo libero arbitrio è posseduto dall’Oscurità? «Posso entrare in ciò che è nascosto, l’ho sempre potuto, ma non so se voglio vivere così, mio padre viveva così?» (p. 357). La nostra parte di notte è un libro che ragiona sul tema del potere, sulla sua assenza (anarchia) e sul suo abuso (dittatura) attraverso la metafora del mondo dell’occulto a cui Gaspar, Juan e Rosario appartengono come tristi custodi di un tremendo segreto: l’anima dell’uomo può scomparire di fronte a quelle forze ancestrali e misteriche che possono essere contenute, imbrigliate e sfruttate da chi agisce senza un’etica che tenga conto della dignità dell’uomo; come in ogni dittatura che il mondo ha conosciuto, del resto.

Nicola Biasio