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La salita dentro di sé. "Dove ghiaccio attende" di Matteo Bertone

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Dove ghiaccio attende
di Matteo Bertone
AltreVoci edizioni, maggio 2021

pp. 249
€ 15,90 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)



 

... fu evidente che non era la cima il vero obiettivo, ma tutto ciò che s'incontrava per raggiungerla (p. 11)
Giorgia e Guido sono prossimi al matrimonio, mancano ormai pochissime settimane. Sono fidanzati da anni e si conoscono dai tempi delle elementari. Si erano persi di vista e un incontro casuale ha fatto scoccare tra loro quella scintilla che sembrava lì pronta per accendersi. Ma non potrebbero essere più diversi: Guido ha da qualche tempo scoperto la passione per la montagna, per il trekking, per le passeggiate d'alta quota, possibilmente in solitaria, per riflettere, per ritrovarsi, per respirare l'aria pura e sopraffina che pulisce i polmoni e libera le nuvole della testa. Giorgia, invece, è tutta impegni e lavoro, agende da incrociare, corsi di yoga, palestra, cellulare perennemente in mano. Sicuramente si sente di più a proprio agio su un tacco 12 che non con gli scarponcini da trekking. Al momento di scegliere come festeggiare l'addio al nubilato, entrambi non hanno dubbi: Giorgia con le amiche, Guido in montagna, al rifugio Deffeyes, in Valle d'Aosta, dove il suo amico di una vita, André, fa la stagione.
Ed ecco che vediamo Guido approcciare la salita al rifugio, sentire la fatica buona dei muscoli, le gambe che si fanno via via più forti e sicure e lo accompagnano fino in vetta, là dove il rifugio gioca a rimpiattino con le vette e più lo si vede e più sembra allontanarsi.
Al rifugio l'aspetta André, l'amico di gioventù, quello che, quand'erano ragazzi, dalla consolle del dj gli "fregava" le ragazze più belle della pista... una vita fa. Poi André ha risposto al richiamo della montagna e, di punto in bianco, ha chiuso con le feste, le cuffie, le ragazze, la città.
Il resto del romanzo è un sapiente alternarsi di presente e di passato, di ore passate in rifugio o a camminare nei dintorni e di ricordi, che lo riportano Guido a casa, dove ha lasciato un padre allettato e molto malato e una fidanzata, quasi moglie, un po' sfuggente.
Guido si ritrova a vivere in un presente sospeso, qual è esattamente il tempo che si vive in rifugio. Il rifugio, infatti, con i suoi riti e i suoi orari così diversi e legati alla natura diventa un microcosmo, slegato dal tempo: è l'arcano magico che sperimenta chiunque voglia regalarsi un paio di notti in alta montagna. Lassù, dove nessuno ti può raggiungere, dove la connessione a internet o anche solo al telefono, è precaria, si sperimenta, come quasi in nessun luogo, un distacco totale, un reset fisico e mentale che aiuta a rigenerarsi. La consapevolezza di essere distanti dal mondo di laggiù, come la luna, fa entrare in un'altra dimensione. E spesso scatta la magia: persone che non si sono mai viste (e probabilmente non si rivedranno mai più) sperimentano la condivisione, del tavolo a cena, del riposo nelle camerate comuni, del cammino nei trekking in cui si si riunisce. Si vive intensamente ogni minuto, dall'alba che colora di rosa le montagne alle stelle della notte che bucano un cielo di cristallo nitido e pungente. Complice l'alcol, che nei rifugi non manca mai, ci si lascia andare, si condividono pezzi della propria vita e si vive quel momento, transitorio, come una parentesi irripetibile. È esattamente ciò che accadrà a Guido con i compagni di rifugio: la coppia di danesi, il giapponese che l'amore per la moglie morta spinge a tornare su quelle montagne che hanno visto il loro sentimento sbocciare, Amanita (o Annarita) che fa balenare in Guido un pensiero, bello e terribile al tempo stesso, da far tremare le vene e i polsi. D'altra parte, l'aria pulita e frizzante della montagna serve proprio a rarefare i pensieri, isolando solo quelli davvero importanti. Se ci sono nodi irrisolti, come indubbiamente è nel caso di Guido, la montagna con i suoi silenzi, la sua solennità e la sua solitudine può essere di grande aiuto.
Ma i giorni di vacanza finiscono, dalla montagna si deve pur ridiscendere... non si può fare come Hans Castorp, il protagonista de "La montagna incantata" di Thomas Mann che, recatosi a Davos per una breve visita di tre settimane al cugino ricoverato in sanatorio, finisce per fermarsi lì sette anni.
L'incastro narrativo del romanzo starà proprio nel modo in cui Guido riuscirà a rimettere a posto i pezzi della propria vita, sparsi in seguito alla rottura delle certezze che questi pochi giorni in montagna hanno saputo causare.
E poi c'era qualcos'altro, qualcosa che nemmeno lui riusciva a spiegarsi. era come se la montagna, finché lui era lassù, riuscisse a mettere ordine fra i suoi pensieri. (p. 132)
"Dove ghiaccio attende" è un romanzo che corre veloce, supportato da una scrittura nitida ed evocativa (anche se in taluni punti un poco prolissa nello scendere in particolari non esattamente funzionali allo svolgersi della storia stessa). Matteo Bertone riesce a scendere nelle profondità del cuore di Guido, dispiega davanti al lettore un cambiamento, puntellato da riflessioni. Mentre il personaggio di Giorgia appare un po' troppo impacchettato, legato com'è, a certi stilemi narrativi  a certe battute, a una rappresentazione così stereotipata che il lettore non può che schierarsi subito dalla parte di Guido (la ragazza sembra proprio la copia de "la milanese imbruttita" di Germano Lanzoni). L'autore non ci fa entrare in empatia con questa ragazza... e se questo diventa funzionale allo svolgersi del racconto, forse avrebbe meritato uno scavo psicologico maggiore.
Nonostante questi piccoli disequilibri, Dove ghiaccio attende è un buon romanzo, ben costruito, originale nell'ambientazione. Si legge molto volentieri e presenta spunti di riflessione importanti. Ah, dimenticavo, ma lo sentirete da voi: si percepisce in ogni riga, in ogni parola che Matteo Bertone la montagna la vive, la respira, la percorre, la ama. E per chi, come me, riconosce un comune sentire, questa lettura diventa un percorso, una presa di coscienza. Se un dubbio vi attanaglia, se un rovello vi rende la vita in qualche modo fastidiosa, non esitate: scarpe da trekking, zaino, un libro, un cambio, un k-way e al ritorno avrete messo in ordine le vostre idee. Che, viste dall'alto, troveranno immediatamente il loro posto nella scala delle priorità.

Sabrina Miglio