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Acque che vogliono tornare a unirsi nella primordiale Pantalassa: "Lettere tra due mari" di Siri Ranva Hjelm Jacobsen

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Siri Ranva Hjelm Jacobsen mare

 
Lettere tra due mari
di Siri Ranva Hjelm Jacobsen
Iperborea, febbraio 2021
 
Traduzione di Maria Valeria D'Avino
Illustrazioni di Dorte Naomi
 
pp. 96
€ 14,00 (cartaceo) 
€ 7,99 (ebook) 



 

Quando scaturì la terra e il primo mare fu squarciato, tutta l'acqua lo pianse. Quelle che potevano, tra le nostre sorelle più anziane, si chiamavano a gran voce. Altre furono isolate dalla terra, costrette a vivere appartate, sorde, e a lavorare ere lunghissime per trasmettere i primi, semplici messaggi. (p. 43)
Un tempo, il nostro era un pianeta davvero azzurro dove le acque del vasto oceano circondavano la Pangea. Poi, le terre si separarono, i mari si divisero per assumere la conformazione che oggi conosciamo. Atlantica e Mediterranea sono due sorelle, due mari, separate dalla terra che, a detta di Atlantica, la più vecchia delle due sorelle, "ha il gusto del minerale rovente"
Queste due sorelle intrattengono una corrispondenza; lettere in cui si scambiano leggende, ricordi del loro passato e definiscono quello che sarà il loro futuro: riuscire a riunirsi per tornare a essere un unico grande mare, "una sfera a specchio, un occhio, una madre".
 
Uno degli esercizi che si fa talvolta nei corsi di scrittura creativa è quello di scrivere un testo dal punto di vista di un oggetto. Cambiando la prospettiva, cambieranno le cose viste e percepite e anche lo stesso registro linguistico. Non è un esercizio semplice perché abbandonare la prospettiva antropocentrica e non mettere in bocca agli oggetti pensieri che sono esclusivamente propri della razza umana comporta una capacità di straniamento che non tutti riescono a mettere in pratica. Siri Ranva Hjelm Jacobsen che nel suo primo romanzo Isola (trovate qui la recensione) aveva posto l'attenzione sulla manciata di agglomerati rocciosi che compongono le isole Faroe, in Lettere tra due mari si immerge nei panni dell'altro elemento a lei molto caro: l'acqua. Riesce a farlo attribuendo specifiche caratteristiche ai due mari che dialogano, precise preferenze nella relazione con la terra e gli uomini, e rendendo il riscaldamento climatico parte di un grande piano.
Atlantica, descritta dalla sorella come "così grande che il pianeta deve sorreggerti con entrambe le mani", è un mare antico che ancora ricorda il momento della divisione a causa dell'emersione e della migrazione delle terre: un trauma che lei ha rimosso dalla mente, come se si trattasse di un parto traumatico. È così antica da non provare nessun tipo di empatia per gli esseri di terra.
Le creature mi disgustano, mi danno la nausea come la vista di un organo messo a nudo. Del resto è l'effetto che mi fanno tutti i mammiferi, nient'altro che pellicce unte e glandole suppuranti: la somma di tutti i nostri errori. (p. 35)
Mediterranea è molto più giovane, "con le coste alla gola" e molto più vissuta dagli esseri umani rispetto a sua sorella. Li sente nuotare dentro di sé, soprattutto d'estate, percepisce i rifiuti che le vengono messi dentro a forza e distoglie lo sguardo quando i naufraghi atterrano sul fondo e le anguille giungono a divorarli. Prova una certa fascinazione per questi esseri, ricorda ancora quando Icaro sprofondò nelle sue acque e sembra avere qualche dubbio sul piano finale che lei e le sue sorelle stanno mettendo in atto: quello di ricongiungersi e tornare a essere Pantalassa.
Pensa che saremo l'unico suono del mondo (p. 75)
la consola Atlantica alle sue titubanze. È un progetto al qual lavorano da tempo: ogni essere vivente da loro mandato sulla terra porta con sé una percentuale di acqua, è collegamento con altri mari e tassello del loro piano. Viene anche citata un'altra sorella, Artica, che comunica di essere a buon punto con il progetto e in queste frasi non possiamo non leggere un riferimento al riscaldamento globale e allo scioglimento dei ghiacciai, con tutte le conseguenze alle quali non stiamo dando il giusto peso. Raccontata così, tutto quello che ci spaventa, quello che potrebbe rappresentare la fine della nostra vita sul pianeta, assume un altro significato: narrativamente, è il desiderio delle sorelle di riunirsi; ecologicamente, che noi siamo solo un piccolo accidente della vita della Terra e, una volta scomparsi, la Natura troverà il modo di riequilibrarsi e ciò che ora ci sembra essenziale diventerà un minuscolo accadimento nella vita dell'universo. Confortante, da una certa angolazione, oppure spaventoso. Dipende da dove si sceglie di guardarla.
Proprio la scelta del punto di vista è nodale in questo brevissimo libello con le lettere intervallate dalle illustrazioni di Dorte Naomi. Probabilmente non è nemmeno importante analizzare cosa l'autrice ha voluto dire, cosa si nasconde dietro le allusioni di Atlantica e Mediterranea. Percepiamo il loro disagio per i roghi che illuminano le coste di Mediterranea, visualizziamo le patine oleose che fanno patire il caldo ad Atlantica e sappiamo, certo, a cosa si riferiscono. Ma la cosa importante è guardare da un'altra prospettiva, riuscire a indossare gli occhi di qualcos'altro. Forse potrebbe essere la nostra possibilità per assegnare a ogni evento il giusto grado di importanza. 
Giulia Pretta