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#SpecialeBAO - Festeggiamo i 10 anni con le nostre graphic novel preferite!

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Ci sono case editrici che entrano nel nostro cuore e che hanno accompagnato CriticaLetteraria alla scoperta di nuovi generi: Bao Publishing è una di queste e adesso che è arrivata al suo 10° anno, la ringraziamo per aver aiutato le graphic novel a diffondersi in Italia! 
Per festeggiare, le nostre redattrici che abitualmente recensiscono i libri di Bao, hanno scelto due titoli per loro fondamentali e ve li consigliano qui sotto (come sempre, trovare il link all'articolo!).

Tanti auguri e al prossimo anniversario! 
La Redazione


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Carolina sceglie...
"Jane" di Aline Brosh McKenna e Ramón K. Pérez
La lista delle meraviglie Bao continua ad aggiornarsi nel tempo, costringendomi a rivedere fin troppo spesso la lista delle mie preferenze. Uscita da pochissimo, questa riscrittura moderna di Jane Eyre si è piazzata saldamente in testa alla mia classifica personale. Non è facile infatti riproporre in una veste moderna un classico della tradizione senza tradirlo e valorizzandone i punti di forza. McKenna e Pérez riescono perfettamente nella loro missione, facendo di Jane una giovane donna moderna, alla ricerca di se stessa nella caotica New York. La Villa di Rochester diventa un attico dai soffitti altissimi e le ombre incombenti, in cui un segreto oscuro si nasconde dietro a una porta chiusa. Jane, nel fare i conti con la propria attrazione crescente per il padrone di casa e con l’attaccamento per le piccola Adele, dovrà anche trovare un equilibrio che le consenta di non dimenticare se stessa e i propri sogni. Riuscirà attraverso l’arte, imprigionando la realtà nei suoi disegni dai tratti sottili. Una storia, questa, che piacerà molto al pubblico femminile e agli amanti dei classici, ma anche agli adolescenti, per la sua anima composita, in cui ogni lettore può trovare qualcosa di proprio gradimento.


"Kobane Calling" di Zerocalcare 
Se le altre posizioni sono cambiate più volte nel corso del tempo, il mio volume Bao del cuore resta però immutato: Kobane Calling è stato il mio ritorno al graphic novel in età adulta, la scintilla della rinascita di una grande passione (da piccola ero una grande lettrice di quelli che al tempo chiamavamo tutti solo fumetti, poi la crescita mi aveva tirato verso forme narrative diverse, facendomi quasi dimenticare uno dei miei primi amori). Ho scoperto Zerocalcare sulle pagine di Internazionale, con la sua cronaca dal Rojava, e ho deciso ad un tempo che volevo saperne di più, ma anche che amavo il suo tratto, la sua ironia dissacrante, il suo rifiuto di generalizzare, la concretezza nel descrivere una situazione estremamente complessa. Ho anche immediatamente iniziato a intuire il potenziale didattico dei romanzi a fumetti legati a temi d’attualità o a scenari geopolitici complessi. Da quel momento ne ho cercati sempre di più, sempre di nuovi. Ho però anche continuato a seguire questo autore in particolare, che trovo inimitabile per tratto e intenzione. Kobane Calling è un’opera che resta viva, nonostante la continua evoluzione delle politiche internazionali relative alla Siria: un’opera che chiama alla responsabilità, all’attenzione, alla presa di coscienza. Un’opera dalla forte cifra morale, che continuo a risfogliare e, soprattutto, a consigliare a tutti.

Debora sceglie...
"Macerie prime", di Zerocalcare 
Il mio viaggio tra il graphic novel è iniziato in tempi recenti, dettato più o meno dal caso, dalla curiosità del momento, disorganizzato e sorprendente. Perché tra i titoli Bao ho scelto proprio i due volumi di Macerie prime? Mi piacerebbe raccontare che sono stata fra le primissime fan di Zerocalcare, che approdavo a questi due volumi dopo anni di militanza sul blog, interviste e ricerche... ma la verità è un pochino diversa: lavoravo in una libreria la scorsa estate, una sera, verso l'ora di chiusura, girovagando tra gli scaffali mi sono imbattuta nel primo volume, ho iniziato a sfogliarlo, sono scoppiata a ridere in mezzo a una libreria silenziosa e deserta. Ho continuato a leggere i due volumi, recuperando via via le uscite precedenti e le storie sul blog (quello si che già lo seguivo, giuro!). Ma questa è solo una parte della storia: la ragione per cui scelgo Macerie prime come Bao ha più a che fare con un incontro casuale tra due lettori appassionati ma entrambi praticamente digiuni di graphic novel, che si ritrovano una sera d'agosto a condividere - il caso vuole - la stessa lettura nello stesso momento, iniziando un viaggio tra parole e storie che anche oggi continua. A Zerocalcare e al suo Macerie prime mi legano quindi ricordi personali e, ovviamente, il piacere di scoprire una voce fresca, ironica, acuta nelle sue riflessioni sulla società contemporanea. I personaggi nati dalla fantasia di Michele Rech parlano di noi, delle nostre ansie e insicurezze, trentenni decisamente non del tutto risolti, e del mondo in cui ci troviamo a vivere, sempre più complesso.

"Cinemah", di Leo Ortolani 
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Anche nel caso di questo volume Bao, il piacere della lettura si lega alla condivisione, alle chiacchiere e allo scambio di opinioni... e qualche discussione con un cinefilo ben più preparato della sottoscritta! Ma qui, nelle dissacranti recensioni di Leo Ortolani, trovano spazio tantissimi film che ho visto, amato e odiato più o meno in linea con il pensiero di Ortolani, per lo più Blockbuster da cui il tipo di cui sopra si tiene alla larga. Dal blog alle pagine di due volumi che Bao ha dedicato alle riflessioni sul cinema, riconosciamo il tratto inconfondibile dell'autore e lo seguiamo "in sala", fra delusioni colossali, film amati, riflessioni personali e grande sensibilità. Poco importa, alla fine, se abbiamo visto i titoli di cui tratta Ortolani, le considerazioni che ne nascono sono comunque interessanti, divertenti, ciniche e irriverenti.

Federica sceglie... 
"Cinzia", di Leo Ortolani 
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Dopo questo romanzo grafico qualunque dubbio in merito è stato dipanato: non esiste miglior narratore del dramma di uno scrittore comico. Si è tanto scritto e tanto parlato di integrazione, di rispetto, di comunità LGBTQ in saggi, interventi critici ed editoriali e poi un autore famoso per aver raccontato di Cinzia, la donna con quei dieci centimetri in più innamorata di Rat-Man, supereroe della Città senza nome, parodia di tutti i racconti a fumetti del genere, ha scritto le più sensate e sensibili pagine su cosa significa, oggi, essere una transessuale. Il motivo vero è che raccontando di Cinzia nel modo surreale che gli è congeniale Leo Ortolani, in fondo, ha parlato di tutti quelli che si sentono diversi e non accettati dalla società che li circonda. Parlando delle sue difficoltà nel trovare lavoro o coronare il suo sogno d’amore, l’autore ha parlato di una persona senza iscriverla in categorie prestabilite o etichettarla secondo quanto la sua stessa comunità di appartenenza vuole. Perché in Cinzia ha parlato di un essere umano, punto. E cosa c’è di più semplice che considerarci tutti uguali, stessi individui in perenne lotta con quello che abita dentro di noi e con quello che si trova al di fuori del nostro io?

"Dimentica il mio nome", di Zerocalcare 
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Ho letto da qualche parte che il valore della letteratura non si misura per quello che è, ma per quello che viene dopo, intendendo con dopo il lascito che una storia ha su di noi. I lettori onnivori, più di tutti, avranno sperimentato questa sensazione: ci sono testi che tieni in mano per il tempo della lettura e poi te ne dimentichi e storie, invece, che hanno inciso su di te delle emozioni così forti da non lasciarti mai più. Dimentica il mio nome vive con me ogni volta che devo affrontare il lutto, sia esso vissuto in prima persona o provato attraverso esperienze altrui. Il quarto graphic novel del bardo di Rebibbia racconta infatti la sua vita dopo la morte della nonna, punto di riferimento che quando viene a mancare getta l’autore nello sconforto. Che non è semplice perdita, perché le fasi di elaborazione del lutto, in questo romanzo, con una voce matura e riconoscibile (e non è un caso se è arrivato tra i dodici finalisti al Premio Strega 2015), si trasformano in un viaggio fantastico ai limiti della propria coscienza e del proprio essere. Il buco nero della morte, che sembra risucchiare tutto ciò che lo circonda, si trasforma in un punto di rinascita faticosa. Come Michele non sarà più lo stesso dopo Dimentica il mio nome, altrettanto lo saremo noi, consci finalmente che non esiste un solo metodo per reificare l’esistenza. Nemmeno dandole un nome, appunto.

Valentina sceglie...
"La giusta mezura", di Flavia Biondi
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Tra tutte le meraviglie che il mondo Bao offre, se devo scegliere un libro tra quelli usciti in questi dieci gloriosi anni di attività, sicuramente il primo che mi viene in mente è La giusta mezura, di Flavia Biondi. Recensito sul sito un paio d'anni fa (2017), il libro ha ottenuto subito un rapido successo, imponendosi così come una delle graphic novel più riuscite – tra le tante – degli ultimi anni. Il libro presenta diversi punti di forza, il tratto caratteristico e limpido della disegnatrice, la scelta di non utilizzare il colore, l'idea di raccontare una vicenda forse poco rappresentata, ovvero la crisi di una generazione. Lo stallo che i due protagonisti vivono nella loro storia d'amore è in realtà lo specchio di una crisi anche esistenziale, la necessità di operare una scelta di fronte ad un bivio. Manuel, scrittore per passione e pizzaiolo per necessità, e Mia, scultrice di talento, sono due ragazzi alla soglia dei trent'anni, i quali pare stiano crescendo in direzioni diverse: mentre lui vorrebbe un'evoluzione del rapporto, magari una famiglia tutta sua, una casa e dei figli, lei si trova spiazzata, sentendosi con le spalle al muro. Comincia a guardarsi indietro, le serate in piazza Maggiore, la sensazione di avere tutte le possibilità davanti a sé, con la libertà assoluta di scegliere e la consapevolezza di non dover rendere conto a nessuno se non a sé stessa. E ora? Un carico di responsabilità le grava addosso, in un attimo sente su di sé il peso delle responsabilità che il mondo attorno a lei si aspetta che lei si assuma. La paura di scegliere e allo stesso tempo la consapevolezza di dover prima o poi trasformare i sogni di vent'anni in progetti realistici, fa commettere alla ragazza un grave errore, dopo il quale è necessario mettersi di fronte alle proprie responsabilità. Sarà un colloquio – illuminante – con la madre a farle vedere le cose da una diversa prospettiva e a farle intuire la strada giusta per ritrovare la serenità. Una delle cose che mi colpì maggiormente del libro fu il fatto che La giusta mezura parla di un tema oggi molto sentito, un sentimento molto diffuso tra le giovani generazioni, ovvero la sensazione di una perenne precarietà, lavorativa ed esistenziale, con la serietà e la credibilità che ci si aspetta da un romanzo o da un saggio ed è la dimostrazione che la graphic novel, se ben fatta, non ha nulla da invidiare alla scrittura narrativa, come talvolta alcuni pensano, e può riuscire a trasmettere una storia potente e sentita, offrendo al lettore anche quel quid in più: un'espressione, un silenzio, uno sguardo. Un altro punto a favore del libro è certamente la bellezza della storia, condotta con delicatezza e sensibilità. Un garbo raro e difficile da scovare ma che in questo libro costituisce la cifra stilistica di maggior rilevanza: La giusta mezura racconta senza forzature né finzioni, e anzi, in modo poetico e sentito, non solo la crisi di un amore, ma i dubbi di un'età, la crisi di una ragazza che si trova, per la prima volta a fare i conti con i propri desideri e con le proprie volontà. Un'opera che costituisce un sincero ritratto di una generazione al bivio.

"Un anno senza te" di Luca Vanzella e Giopota
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Un altro libro assolutamente imperdibile nella libreria di qualsiasi appassionato di graphic novel è Un anno senza te. Lo sfondo è sempre lo stesso, Bologna, e il contesto in cui si muove la storia è sempre quello di un gruppo di giovani ragazzi alle prese con la propria formazione. Un anno senza te, uscito nel 2017, è un'opera davvero bella, in cui si racconta la rinascita di un ragazzo dopo una rottura con quello che credeva essere l'amore della sua vita. La cosa più interessante del libro è che non ci sono ellissi narrative: la risalita del protagonista, Antonio, giovane studente di storia medievale, viene raccontata mese dopo mese, concentrandosi sui diversi sentimenti che chiunque si è lasciato alle spalle una storia importante deve affrontare: la sofferenza, la nostalgia, il desiderio di tornare indietro, al voglia di rivedere la persona amata, l'iniziale chiusura e i primi tentativi di iniziare un nuovo rapporto. Oltre all'idea di raccontare nei dettagli quella parte della storia che di solito si tende a non rappresentare così minuziosamente, Un anno senza te presenta anche delle caratteristiche decisamente surreali e leggendo il libro pare del tutto possibile che dal cielo, anziché fiocchi di neve, scendano conigli bianchi, così come non risulta davvero strano portare in dono una nuvola rosa. Tutto ciò accade perché la storia viene raccontata dal punto di vista di Antonio e tali dettagli assumono una valenza simbolica, venendo quindi rappresentati come rappresentazioni allegoriche e non realistiche. Capiamo quindi che il punto di vista, nonostante sembri esterno, corrisponde in realtà alla voce di Antonio, il quale attraversa un ripido percorso di consapevolezza. Accenni surreali in un contesto prettamente realistico, in cui però tutto diventa possibile – anche che il ragazzo decida di spegnere la luna – perché, come già scritto nella recensione, tutto vive nel cuore del protagonista.