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"La solitudine del critico": leggere, riflettere e resistere secondo Giulio Ferroni

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La solitudine del critico. Leggere, riflettere e resistere
di Giulio Ferroni
Salerno Editrice, 2019

pp. 80

€ 8,90


Giulio Ferroni, storico della letteratura, critico e scrittore, è uno studioso che da sempre discute il ruolo della critica. 

Può sembrare scontato che le due cose vadano di pari passo ma non lo è.
Perché ci sono critici più inclini a rivolgere lo sguardo all'esterno, al panorama culturale, ai testi e alla storia letteraria, e critici che agli studi hanno affiancato nel tempo un programmatico esame del proprio stesso ruolo, raffrontandolo costantemente con le strutture di un mondo in cambiamento. 

E se il mondo cambia, va da sé muti anche il ruolo della critica che, da sua etimologia greca, non è tanto (o meglio solo) l'arte del giudicare, ma più quella del saper separare e cernere

È una sorta di censimento del pensiero che chiama a raccolta tutti gli elementi e poi li filtra per poter arrivare a un giudizio sulle cose.

Giulio Ferroni, autore di una poderosa Storia della letteratura in 4 volumi e di interventi illuminanti come quelli sulle teorie del "comico" nel Novecento, ci ha già proposto una riflessione sul proprio ruolo ne La passion predominante, un libro del 2009 che parte dalla rievocazione delle proprie letture giovanili per arrivare a un ritratto del sé maturo e che parallelamente offre un'appassionata riflessione sullo stato di pericolo in cui versa la letteratura nel mondo di oggi.

Anche in questo nuovo volume, La solitudine del critico (edito da Salerno Editrice), torna lo sguardo al contemporaneo con un attento ragionamento sullo stato della critica.
Non a caso il libro esce in una collana, Astrolabio, che dichiara di voler "fare il punto" su grandi temi, figure, momenti, aspetti della nostra cultura e della nostra storia.


Credo Ferroni riesca nell'intento di allargare, pur nell'agilità della struttura, lo sguardo verso altri mondi. Il libro mi è sembrato nel complesso una porta di ingresso verso questi, il primo passo di un'indagine che non deve necessariamente esaurirsi nel libro, ma che sicuramente da questo scaturisce. 

Nelle sue 80 pagine condensa indizi di riflessioni, stimola all'analisi ulteriore e alla scoperta dandoci tutti gli opportuni riferimenti - critici e bibliografici - per poi approfondire.

La domanda fondamentale da cui tutto parte è: che ruolo può ancora mantenere la critica nel tempo della moltiplicazione, della quantità, "dell'ultra e del post", delle lacerazioni e della comunicazione? 
In linea di principio si può affermare che la letteratura è dappertutto: circola e si diffonde in tutti i media, sostiene, proietta, interpreta le discipline e le tecniche più diverse [...] La letteratura è sempre più prigioniera della quantità, della moltiplicazione della produzione e del panorama editoriale: moltiplicazione che paradossalmente si associa alle ritornanti crisi del libro, alle accorate ansie per il suo destino. (pp. 7-8)


C'è già tutto in questa dichiarazione. 

Dalle prime pagine vengono subito problematizzati due dei principali aspetti connessi allo stato della critica: l'innegabile perdita di prestigio e la potenziale sovrapposizione con diverse forme mediali come la pubblicità, la comunicazione, le scritture in rete che rischiano di mercificarla.

Ferroni dialoga con i tanti che si sono in questi anni interrogati sullo stesso tema: nel 2012 in Critica e critici Cesare Segre suggeriva di lasciare da parte la riflessione sulla crisi della teoria letteraria fino a che non fosse stato realmente affrontato il senso delle tanti crisi che investono il nostro presente; Mario Lavagetto nel 2005 (Eutanasia della critica) difendeva con forza un'idea di critica come disvelamento paziente, ascolto parallelo dei testi e delle epoche; nel 2018 una serie di interventi riuniti sotto il cappello Critica dove sei su Alias de Il Manifesto ha cercato di definire un orientamento di senso in un panorama polarizzante in cui la critica è vista a volte come disciplina specialistica chiusa al mondo, altre come una sorta di "tuttologia" di cui chiunque in qualunque contesto possa appropriarsi.



Com'è cambiata la critica negli ultimi decenni?


Prima di abbozzare alcune risposte, Ferroni, da storico letterario, ci porta un po' a spasso negli anni che hanno cambiato il destino recente della critica: a partire dal decennio 1960-1970 con l'emergere di correnti che hanno introdotto modelli interpretativi che hanno letteralmente invaso lo spazio culturale. 

Neoavanguardia, strutturalismo e formalismo, la critica della nuova sinistra (nata come evoluzione della critica marxista), hanno portato l'attenzione sulla sociologia, sulle varie scienze umane, sullo studio delle diverse forme di consumo culturale. 
Contemporaneamente cambiava l'editoria, i grandi "editori protagonisti" ritratti da Giancarlo Ferretti nella sua Storia dell'editoria letteraria in Italia lasciavano il posto ai nuovi modelli di concentrazione che non hanno solo cambiato gli assetti aziendali, ma anche quelli del mestiere editoriale.
Da lì la letteratura non è stata più indagata nella sua dimensione storicistica ma secondo sistemi funzionali che hanno iniziato a seguire i princìpi della comunicazione.
Non sono mancate tensioni e colpi di coda, ma ci si è aperti all'estero, con le voci di Todorov, Jakobson, Bachtin che contemporaneamente conducevano le loro ricerche sul campo. 
E poi si va avanti con Ferroni fino al tramonto degli anni '90, simbolicamente salutati da Antoine Compagnon con il suo Il demone della teoria, che sembra chiudere del tutto l'epoca delle teorie letterarie provocatoriamente dichiarando: "La perplessità è l'unica morale letteraria". 




Ma quindi dov'è la critica oggi?

La crisi e il congedo di un certo modo di fare critica delle quali finora si è parlato non equivalgono alla fine della critica.

La possibilità di critica si trova oggi in molti diversi luoghi, ma soprattutto nei punti di confine con altri mondi.
Ecco che Ferroni condensa da metà volume la parte più propositiva della sua analisi, connettendo la critica con universi come le scienze cognitive e le neuroscienze, discipline che cercano di spiegare l'esperienza estetica inserendola nel quadro generale delle attività neuronali; la geografia come materia che definisce confini in continuo movimento, che traccia mappe e percorsi spaziali e di senso (ancor più fondamentali nell'epoca di una necessaria svolta ecologica); l'antropologia; la poesia.
Quest'ultima, in particolare, pur nella sua inferiore fortuna editoriale, sembra accogliere bene una sfida che anche la critica sembra oggi chiamata ad abbracciare: la possibilità di dire il presente, pur nei limiti del linguaggio, la costante dialettica tra l'oggettivo del mondo e delle cose e il soggettivo della parola. 





La critica come solitaria resistenza

Il volume di Ferroni si chiude con quella che è la sua parte più programmatica e intensa, un appello ai critici perché valorizzino
la solitudine naturalmente insita nella critica, quella sua parte più fragile e incompleta che può acquistare nuova forza in un mondo in cui le coordinate sono cambiate.
Non è solo un socratico "so di non sapere", è più lo slancio di chi si apre al mondo per contenerlo nello sguardo proprio laddove il nostro limite di veduta è maggiore.
Questa è la reale possibilità della critica oggi: una professione di inadeguatezza, di connaturale crisi che eppure ci rende uomini pensanti e alla ricerca.
Boccaccio oltre settecento anni fa diceva che leggere equivale a provare a "sciogliere i nodi dell'ambiguità" e noi ci muoviamo in un contesto che è diventato sempre più ambiguo e mobile.
Sta qui la resistenza solitaria dei critici e, se vogliamo, degli uomini tutti. 
Giulio Ferroni, che pure la critica ce l'ha nel sangue, non si appella mai aprioristicamente alla superiorità della critica letteraria, anzi oggi ne problematizza l'essenza.
Eppure non smette di attribuirle un ruolo decisivo di orientamento del destino e di comprensione del mondo
Chiedere alle critica di resistere significa chiedere a tutti noi di difendere una certa ricerca, un modo di essere prima ancora che di operare come studiosi. Significa in primis non smettere di indagare. 
Il trinomio del titolo diceva già tutto: leggere-riflettere-resistere.
Anche e soprattutto di fronte alla nostra insufficienza. È lì che saremo ancora più capaci di discernere il mondo. 



Claudia Consoli









“Siamo nel tempo della moltiplicazione, della pluralità, dell’eccesso: costipazione degli oggetti, delle informazioni, dell’esperienza, delle possibilità, delle lacerazioni, della comunicazione.” In questo contesto che ruolo può avere la critica letteraria? In che modo la letteratura dialoga con i media, con le nostre ibridazioni e con i nostri sentimenti? Sono le domande che si pone Giulio Ferroni, critico e docente, in questo nuovo volume #Lasolitudinedelcritico, riportando l’attenzione sul ruolo della critica stessa: discernimento (non solo nel senso etimologico del termine), possibilità, resistenza. @claconsoli lo sta leggendo in questo piovoso pomeriggio di novembre e presto ne scriverà sul sito. @salernoeditrice #crititcaletteraria #instalibro #instabook #bookstagram #bookshelves #booklife #weekendbooks #books #bookstagramitalia #GiulioFerroni #letteraturaitaliana #inlettura #libridaleggere #saggidaleggere
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