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Inizia come un giallo e poi si copre d'avventura: "L'irreversibilità dell'uovo sodo" di Dario Pontuale

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L'irreversibilità dell'uovo sodo
di Dario Pontuale
Bordeaux, 2016

pp. 240
€ 14 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)


L’esistenza umana è rigorosamente irreversibile o il destino prevede direzioni di vita diversamente  percorribili?
Il protagonista di questo romanzo è un investigatore privato, Gabriele Grodo, alle prese con le difficoltà economiche di un lavoro che stenta a procedere sui binari di una certa regolarità quotidiana. Ciò che era sembrata all’inizio un’idea geniale si era trasformata, col trascorrere del tempo, in un’attività precaria, con gli inevitabili guai susseguiti a pagamenti della clientela mai effettuati, le delusioni per i casi non risolti, le grane con alcuni clienti pretenziosi. A ciò si era aggiunto il licenziamento di una collega, che aveva deciso improvvisamente di affidarsi a un lavoro più stabile ed economicamente più soddisfacente.
Ecco però il punto di svolta: un nuovo caso investigativo da risolvere per Gabriele e finalmente un nuovo cliente, Stefano Arduini, uomo seriamente intenzionato a rispettare gli impegni contrattuali. Appassionato di scacchistica e benestante, Arduini aveva acquistato l’intera biblioteca di un celebre scacchista, Tommaso Losanna, e tra le pagine di un vecchio libro l’uomo aveva trovato una busta spedita da Buenos Aires.
Il contenuto rivela una notazione algebrica delle mosse di una partita tra Losanna e un giocatore di cui non si conosce nulla. Losanna aveva deciso di continuare questa strana partita epistolare a scacchi che durava da una decina d’anni.
Ora però è giunto il momento di fare chiarezza perché la partita a due sembra essere giunta al termine. Arduini è rimasto paralizzato in seguito a un incidente e chiede quindi all’agenzia investigativa, e in particolare a Gabriele, di scoprire chi si nasconda dall’altro capo del mondo, ma il vero motivo si racchiude nella speranza che l’altro ignoto protagonista possa essere Alfred Mollino, il più celebre campione di scacchi a livello mondiale. Arduini ingaggia quindi l’investigatore e gli assegna l’ultima lettera che dovrebbe determinare la sua vittoria a scacchi.
Gabriele parte per un viaggio in Argentina alla ricerca del campione di scacchi fuggiasco. L’itinerario tracciato e suggerito da Arduini si rivela molto più complicato del previsto. Nel prosieguo della vicenda, Gabriele preso da una strana inquietudine temeraria procede senza tregua, modificando in parte le proprie abitudini e adattandosi con spirito ironico ai nuovi e numerosi imprevisti.

Ciò che attrae della scrittura di Dario Pontuale è la capacità di coinvolgere il lettore nel percorso che il protagonista vive affrontando questo viaggio avventuroso tra i luoghi impervi della Patagonia, alla ricerca della soluzione dell’enigma; ma il caso investigativo si rivela anche un itinerario che rivela una doppia valenza monologante in cui anche il lettore partecipa con le proprie riflessioni.  
Gli incipit letterari, all’inizio di ogni capitolo, impreziosiscono la narrazione e invitano ad un’introspezione personale interessante.
Oltre alle parti narrative incalzanti, che vedono il protagonista imbattersi in numerosi cambiamenti di rotta, il romanzo è ricco di momenti riflessivi in cui il protagonista convive con una forma di solitudine interiore che trova sfogo in monologhi a tratti anche dibattuti.
Pochi sogni nel cassetto, un lavoro che detesto, orari sballati, nessun tatuaggio sul corpo, incertezza sul futuro per non parlare del presente. Ecco ciò che vedo se mi guardo fisso negli occhi, se mi avvicino allo specchio: pupille nere, timore nel fondo e già qualche piccola ruga sulla fronte. Mi abbandono sulla poltrona, ma il rigagnolo sembra inoffensivo. (p. 41)
L’investigatore sente il bisogno di assaporare tutto ciò che gli accade: sapori, odori, sensazioni, movimenti, percezioni presenti nelle fibre della narrazione. All’attenta ricerca formale si accompagna una complessa orditura sintattica che rinvia a qualche descrizione proustiana con un particolare 
riferimento all’evocazione di un mondo di sensazioni delicate e nostalgiche vissute all’insegna di prospettiva atemporale creata dal sovrapporsi della memoria involontaria alla descrizione degli eventi presenti.
Nel rombo assordante di un caffè aperto l’investigatore racconta ciò che vede:
Taglio la torta con la forchetta. La gelatina crea uno spesso strato sopra alle fette di mele. Non è male. C’è tanta frutta e la pasta frolla non è pesante. Il locale continua a riempirsi, ogni volta che la porta si apre una zaffata di benzina penetra nella sala. Fischi di freni consumati, cigolii di sospensioni scariche, è tutto  questo la stazione di Nuquen. Sorseggio la birra che passa sciacquando via lo zucchero dalla bocca. Volto la testa e il pullman ha appena aperto le porte, scendono i due autisti ed entrano nel caffè. (p. 72).
Sapori e odori rappresentano un modo piacevole per trascorrere momenti di solitudine o in compagnia, ma consentono anche di mantenere attiva la mente del protagonista. Emozioni e memorie sono narrate con attento occhio descrittivo. In alcune descrizioni l’autore rivela una tendenza misoneista nel tratteggiare, ad esempio, i mezzi di locomozione.
Il treno ha l’aspetto di una bestia e mostra un’indomita fierezza:
È vero, ha l’aspetto di una bestia, eppure metro dopo metro, mostra un’indomita fierezza. Il macchinista caccia la testa fuori e costringe il fischio ad un secondo ululato. Dal cielo tappezzano di nuvole basse, gli ultimi raggi di sole battono sulla caldaia incandescente. Il rumore si trasforma in fracasso, sfila il locomotore, il tender, la prima carrozza, la seconda, la terza. […] L’Ammasso di lamiera e libri marcia sulla Ruta 40 senza intoppi, diritto, come il segno di un coltello affilato. (pp. 93-94).
È la fine del viaggio a essere il pensiero dominante di Gabriele. Correre in fretta per giungere alla meta trascurando il tempo che intercorre tra un evento e un altro, per arrivare all’inconsueto, all’inconsistenza delle cose, a una improbabile certezza…
Affrettavo il mio girovagare convinto che nella conclusione risiedesse il motivo del partire, del muoversi. Sciupavo i giorni persuaso che la separazione tra l’inizio e la fine fosse un fardello voluminoso che intralciava la risoluzione del caso. Saltuariamente ho assaggiato il gusto del durante, l’inesauribile sapore del momento stesso, ma per poco, un istante appena. Sperperavo ogni cosa nell’ansia di correre verso il traguardo, di varcare la linea di arrivo, scoprendo che l’arrivo non è altro che la fine del viaggio, la fine dell’esplorazione, la fine del cammino. Ho messo fretta al tempo, che non ha bisogni di pressioni. Non ho avuto premura di leggere la poesia proprio perché volevo avanzare il più rapidamente possibile. Sbagliavo, sbagliavo tutto. Ho guardato solo in avanti con la cecità del presente e sempre guardando avanti, ho scialacquato come se tutto fosse dovuto. Ad un poeta greco e a un esile ellenico va il sacrosanto merito di avermi insegnato come è dolce saper godere a fondo il senso del tempo che scorre. (p. 138).
L’irreversibilità dell’uovo sodo è una storia inusuale, raccontata in prima persona, divertente per il protagonista stesso che si immerge totalmente nelle sue stesse disamine avventurose, e per il lettore che partecipa emotivamente alle vicende, non annoiandosi, perché il romanzo non prevede grandi soste: programmare, rintracciare, scoprire, indagare, inveire, avvalorare ipotesi, movimenti sospesi in un’azione costante di avvicinamento ad un’ipotetica soluzione che corrisponde a qualcosa di verosimile.  

Un bel racconto che inizia come romanzo giallo, ma che poi mescola anche molti ingredienti tipici del romanzo d’avventura; una narrazione caratterizzata da un forte spirito di adattamento del protagonista.
Nell’ attraversamento di tanti luoghi (strade, aeroporti, foreste, luoghi impervi, città affollate, boschi pietrificati, fiumi, cittadine…) sullo sfondo rimane la lettura del romanzo conradiano Cuore di tenebra  a ricordare che parte essenziale della vita è l’incertezza del domani e il desiderio di conoscere una realtà dai contorni non definiti, un’esistenza se non reversibile, ipoteticamente  sospesa.
Nel tempo trascorso al campo Marlow continua a sentir parlare di Kurtz e delle leggende che lo circondano. Quell’uomo appare una figura immateriale, invisa al direttore e ai suoi assistenti, ma quasi venerata dal resto della popolazione indigena. Il protagonista non sa a chi credere, l’incertezza non fa altro che aumentare il desiderio di conoscerlo. Fantastica nelle sere di cielo sereno, sul volto di Kurtz, quasi come capita a me con quello del vecchio Freud. La personificazione con il testo sta diventando inevitabile, probabilmente è questa l’effettiva stregoneria dei libri…

                                                                                                                            Mariangela Landoffrettavo il mio girovagare convinto che nella conclusione risiedesse il motivo del partire, del muoversi.