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#CritiCOMICS: A ciascuno il suo beluga

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Guardati dal beluga magico
di Daniel Cuello
Bao Publishing, 2018

pp. 144
€ 19,00


Guardarsi dal beluga magico: più facile a dirsi che a farsi, non è vero? Soprattutto se non si ha la minima idea di chi o che cosa sia un beluga e in quale forma agisca la sua – evidentemente pericolosissima – aura “affatata”. Aiutino: il beluga è un cetaceo. Ah si? Si. Ma l’esemplare che perseguita Daniel Cuello nella sua ultima pubblicazione per Bao (dopo il fortunato Residenza Arcadia) non nuota mica: vola, fluttua, galleggia per aria, e si palesa all’improvviso tra nuvole, arcobaleni e mulinelli ventosi per portare tanta… “fortuna”. Di quella, si intende, che sempre si calpesta per maledizione, magari con le scarpe nuove appena inaugurate. Insomma: la bestiola sembra quasi che si ricordi di te solo quando una certa sua “urgenza” non è più rimandabile, e poi ti contempla beata nel pieno della sua pace post-peristaltica. Creatura ambigua, il beluga, animale marino dall’espressività spiccata, quasi umana, con un ghigno benevolo stampato sul muso simile in tutto e per tutto al sorriso cinico di chi conosce ogni tua paura e debolezza e non vede l’ora di ricordartela, non sia mai ti venga un vuoto di memoria. Un beluga-iena, insomma. Meglio: un beluga ridens. Consigli per una convivenza? 1) Lo si può amare e frequentare, dando fondo a tutto il “conosci te stesso” di cui si dispone. 2) Lo si può odiare e rifuggire, condannandosi però a una vita senza cielo, con lo sguardo sempre rivolto a terra e la paura di vederlo fare capolino nell’azzurrità geometrica tra i palazzi, oppure di scorgerne l’ombra improvvisa su un qualsiasi marciapiede di città. 3) Ci si può saggiamente convivere, addomesticandolo con strategie più astute di quelle di un domatore di fiere da acquapark. Non prima, comunque, di averlo ridimensionato un bel po’: perché il beluga, va detto, pesa e ingombra parecchio.

Se volete saperne di più sulla liason tra Daniel Cuello e il “suo” beluga non vi resta che leggere la storia per immagini dedicata dall’autore a questo rapporto di lunga, lunghissima data (dura praticamente da sempre). Cuello la racconta con uno stratagemma narrativo a cornice, con un prologo e tre capitoli intervallati da una selezione delle più belle strip già pubblicate on line sui propri profili social; vignette o singole illustrazioni che, a chi ancora non lo conosce, presentano il “personaggio” Daniel nella sua quotidianità, con la sua visione del mondo e la sua filosofia di vita. C’è lui in tutto e per tutto, in vizi e virtù: dalla “dieta” (detesta le verdure, si nutrirebbe di assaggini di pizza, patatine, stracchino e pastarelle alla crema) alle idiosincrasie (messaggi vocali su Whatsapp, fettine di limone nelle bibite sorbite al bar, guanti di nylon abbandonati nei carrelli del supermercato…) passando per incontri ricorrenti (anziani, anziani incredibili, ovunque!) e idoli assoluti (gli Angela, padre e figlio, più la New Queen Franca Leosini). Con manie, nevrosi, lampi di genio e crisi d’identità q. b., in Guardati dal beluga magico c’è dunque Daniel, nudo e sincero al cospetto di chi lo legge. Ma ci siamo subito – e qui sta il busillis – anche noi, che davvero non tardiamo a rispecchiarci nei suoi atteggiamenti e in certe stralunate tranches de vie che, con Hitchcock, potremmo forse definire meglio come tranches de gateau. Esempio: a chi, dotato di bella grafia, non fanno rabbia gli scarabocchi in cui i palmari dei corrieri riducono le nostre firme? Chi non si sente a disagio al bancone delle gelateria, con addosso le occhiate di ghiaccio dell’inserviente che non vede l’ora di liquidarci con il primo gusto purchessia? E chi non preferirebbe il rigor mortis piuttosto che acconsentire all’ennesimo selfie collettivo durante una festa di famiglia in cui l’unico conforto è l’abbondanza di cibocibocibo?

Pagina dopo pagina, striscia dopo striscia, tra Tutorial di dubbia utilità e puntate flash di una serie dal titolo My Horrible Coach in cui il protagonista Daniel è affiancato da Special Guest Star quali Pingu (nel ruolo di Don Juan) e Il Tizio Strano di Siamo fatti così (nel ruolo di Gandalf), il nostro livello di affezione per il personaggio-autore – che è umanissimo, nonché più lucido di quanto il suo lato buffo e confusionario farebbe sospettare – cresce a dismisura, lievita come uno dei croissant di cui si dimostra esplicitamente ghiotto. E se le strip, in tante occasioni, ci strappano ben più di un sorriso o di una riflessione, è la storia che fa da cerniera, quella che tiene insieme tutti gli intermezzi e che più indugia nel privato, a strapparci una lacrima liberatoria e a farcelo sentire vicino, amico, sodale. Vuoi per l’espediente narrativo di dickensiana memoria all’origine di tutto (chi non ha letto Canto di Natale?); vuoi per la fiducia di cui il lettore si sente investito, quasi come un confidente; vuoi, soprattutto, per gli accenti ironico-poetici e il garbo gentile con cui l’autore riesce a trattare anche i lati più squallidi, e pur sempre redimibili e sensati, dell’esistenza. La sua e la nostra, nella comune convivenza con i rispettivi beluga magici, alla ricerca dell’infante che eravamo e che ancora alberga in noi, vero e proprio cittadino dell’universo-mondo e sempre prodigo di soluzioni geniali per abitarlo senza troppe paure.

Cecilia Mariani


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