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Forse questa volta Green è caduto dalle stelle: il successo è annunciato, ma...

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Tartarughe all'infinito
di John Green
Rizzoli, 2017

Traduzione di Beatrice Masini

pp. 352
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Chiunque può guardarti. È raro trovare qualcuno che vede lo stesso mondo che vedi tu. (p. 18)
Amatissimo tra i lettori adolescenti per il suo Colpa delle stelle, John Green è tornato in libreria con una nuova storia dal titolo quantomeno curioso. Forse per questo, forse per il mio lavoro di insegnante, mi sono lasciata tentare da un romanzo young adult. Nelle primissime pagine, si fa subito la conoscenza della protagonista, nonché io-narrante della storia: Holmesy, una ragazzina molto sensibile, provata dalla morte prematura del padre, in preda alle sue nevrosi e a pensieri "intrusivi", come le dice sempre la sua terapeuta. In particolare Holmesy è ossessionata dall'idea di contrarre malattie incurabili, di entrare in contatto con microbi con la semplice ingestione di cibo o con i contatti umani e quando l'ansia è troppa, ecco che conficca l'unghia nel callo sul dito fino a vedere il sangue. Poi disinfetta e mette uno dei tanti cerotti che porta con sé, ma subito, in un circolo vizioso, pensa ai microbi che possono essersi introdotti nella ferita aperta,... È avvinta da questi pensieri, Holmesy, quando in mensa i suoi migliori amici, Daisy e Mychal, commentano una notizia: è scomparso il ricchissimo padre di Davis Pickett. Per chi è in grado di fornire informazioni sulla sua posizione, ci sono ben centomila dollari in premio. 

La notizia attira i tre ragazzi, in particolare perché Holmesy conosce Davis, anche se non lo vede più da anni: sarà perché il ragazzo era piuttosto attraente, sarà per la cifra utilissima per affrontare le prime spese dell'università, Holmesy cede alla tentazione e con Daisy si introduce nell'enorme proprietà di Davis. Certo, è violazione di proprietà privata, ma il ragazzo non sembra affatto risentito: anzi, resta affascinato da Holmesy e tra i due scatta immediatamente un palese interesse. Eppure... Eppure anche Davis ha una storia complessa che lo rende molto fragile: bada da solo al fratellino Noah, ora che suo padre è scomparso; ha un'enorme proprietà, che però rischia di perdere per uno strambo testamento fatto dal genitore. Ma non nasconde le sue emozioni, che anzi condivide su un blog a cui Holmesy approda per caso, cercando informazioni su di lui e sul suo passato sentimentale. Però qualcosa si infrange: Davis teme che la ragazza gli sia amica solo per i centomila dollari in premio; ecco che, un po' improbabilmente, riempie un enorme borsone con tanti mazzetti di banconote che il padre nascondeva ovunque, anche dentro scatole di cereali, e affida la somma a Holmesy. Solo così Davis può accertarsi che lei lo frequenti disinteressatamente. 
E Daisy, da brava scrittrice di fan-fiction romantiche ispirate a Star Wars, fa di tutto per aiutare l'amica a superare le sue ansie preventive e le sue ossessioni, ma qualcosa blocca continuamente Holmesy: l'ossessione di tutti i microbi che possono passare da una bocca all'altra con un bacio. Eppure Davis è lì, in attesa di lei, certo di volerla corteggiare... 
Se nelle prime pagine domina la ricerca del padre di Davis, l'attenzione di John Green si sposta sulla storia d'amore, ma anche sulla patologia della protagonista, di cui si percepiscono le angosce con grande verosimiglianza e si entra nella sua spirale di pensieri (simile a quella che troviamo in copertina). Due anime fragili, quelle di Holmesy e Davis, che potrebbero farsi del bene o annientarsi, standosi vicini... 

Peccato che il romanzo, sicuramente godibile nei contenuti per i lettori adolescenti, lineare e intriso di dialoghi animati, è funestato da numerosi problemi di traduzione. Spesso vi sono soluzioni scricchiolanti (ad esempio: «e mi sono unita a Harold, che come sempre è stata pura gioia», p. 69; «Ma il mondo è anche le storie che ne raccontiamo», p. 300), talvolta l'influenza dell'inglese è smaccata, ma non ammissibile in italiano («Non mi sono mai lasciato pensare», p. 319), ma si trovano anche veri attacchi al principio di verosimiglianza: in una chat tra ragazzine potremmo mai leggere un verbo come «disvederlo» (p. 90, da intendersi come "non vedere, ignorare")?

Parlandone con una collega, lei ha commentato: "La fai troppo difficile. Pensi che i ragazzi se ne accorgano?" A maggior ragione, dovremmo offrire loro un testo linguisticamente inappuntabile, perché ancora oggi la parola "libro" possa essere associata alla buona pratica di scrittura, o perlomeno a una scrittura corretta.

GMGhioni