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Il primo gesto di Marta Pastorino

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Il primo gesto
di Marta Pastorino

Mondadori, 2013

ebook € 9,99
cartaceo € 17


Ci vuole tempo prima che Anna ammetta di provare «rabbia per quello che è successo finora nella sua vita, e per tutto quello che ha lasciato e non possiede più». Perché Anna è abituata a dire sempre di sì «a qualunque costo»: sì alla sua vecchia famiglia che a abbandonato a ventidue anni; sì all’anziana Maria che ha accudito per tre anni, fino alla sua morte; sì allo sconosciuto compagno di una notte che l’ha messa incinta. Ma ha detto no a suo figlio, cancellando con l’adozione la sua vita di madre.

È un mondo di decisioni definitive, quello di Anna: una volta prese, non si può tornare indietro, per quanto il passato torni a rimordere. E lo fa impietosamente: flashback improvvisi, accesi da questa o quella situazione presente, ripercorrono le scelte che hanno portato a fare i conti con la propria femminilità inutilmente sconvolta da una gravidanza indesiderata e probabilmente neanche introiettata. Fare i conti con la nuova vita e con la morte è un imperativo categorico, cui Anna non si può sottrarre: non può tenere suo figlio, di cui ignora persino il sesso; non può restare oltre con la signora Maria, che è svaporata davanti agli occhi della sua badante Anna, perdendo via via capacità fisiche e intellettive. Queste esperienze, apparentemente distantissime, hanno in comune il richiamo ai bisogni primari e primordiali, con l’azzeramento della propria indipendenza: ma davanti al degrado dell’agonia Anna non si è nascosta:

solo la guardavo: le cispe gialline, le mucose che si formano intorno alla palpebra e i pelo sotto il mento, e in quell’istante era come se mi stessi vedendo allo specchio, era come se lei fosse stata me, o fosse stata mia nonna, o la mia bisnonna. Era un’antenata, il presente e il passato si mescolavano insieme» 
Anzi, la vicinanza della signora Maria aiuta Anna a comprendere quanto la concezione del tempo sia mutevole:
Si può cambiare la propria idea del tempo, ed era per questo, forse, che ho incontrato la signora Maria. Nella sua casa silenziosa e semibuia ho imparato la calma dei vecchi. Quel tempo è diventato mio, mentre lei si girava in continuazione verso il passato, io sono stata nel presente.
Davanti alla possibilità di nuova vita, invece, la fuga è parsa l’unica soluzione. E la fuga porta Anna a Torino e alla scuola di danza, dove vuole incontrare almeno una volta Giovanni, il nipote tanto amato di Maria. Un pretesto per ripartire, un tenue collegamento con la vecchia vita. Una vita costellata di figure femminili più o meno preziose per Anna, mentre gli uomini (il padre, il fratello, l’amante) sono comparse o antagonisti; eppure, solo un uomo conosciuto per interposta persona (Giovanni) pare la via per la svolta. Ma basterà dire a Giovanni "Tua nonna mi parlava di te. Ho avuto voglia di conoscerti" per ripartire? O sarà l'aiuto di Ramona, giovane immigrata e donna delle pulizie, e della sua famiglia? E poi,  è davvero possibile ricominciare? Come? 

Perché il passato, per Marta Pastorino, è incisione a fuoco sulla pelle, scavo profondo di ferite che tagliano anche lo stile e lo lasciano scabro, con sfaccettature marcate. Un diamante grezzo, questa sua opera, e, si badi, non è un difetto: è semplicemente la scelta di restare coerenti al contenuto aspro e scabro della storia. Non abbellire niente, perché non si può abbellire il dolore di una giovane vita disillusa prematuramente, messa a fare i conti con una vita tutta materialistica, fatta di sangue e umori colati, di miseria e di fatica. Senza intravvedere la fine del tunnel, o forse prevedendola con troppa esattezza per vivere con leggerezza.

Gloria M. Ghioni