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La società come un reality show: "NO" di Diego Cugia

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NO

di Diego Cugia

Bompiani, 2001

205 pp.


Uno dei meriti della letteratura è certamente quello di riuscire a descrivere, attraverso la fantasia, un ambiente, una società, un clima che altre forme di scrittura (come la saggistica o il giornalismo) non riuscirebbero nella stessa maniera a far rivivere al lettore. Uno delle forme più riuscite di questa forma di comunicazione è, in particolare, quella in cui si riesce far vivere il presente facendo rivivere il passato o un ipotetico futuro. E questo è certamente vero realismo.
Uno dei meriti di questo romanzo di Diego Cugia è, poi, quello di riuscire in maniera mirabile ad effetturare, contemporaneamente e senza alcuno stacco tematico, una critica del presente, del passato e di un ipotetico futuro.
Cugia racconta la storia di Speranza Adamoli attraverso la sua drammatica avventura in un reality show del futuro, condotto dal pittoresco Alexandros, "Il Principe". Il reality show è strutturato in modo che il pubblico rivivrà tutta la storia personale dell'involontario protagonista e alla fine, attraverso il televoto, deciderà se meriti di vivere o no:
Prima di suonare al campanello, da commesso viaggiatore qualunque, il Principe riassunse gli ingredienti del suo spettacolo in un impeccabile inglese. Intendeva essere compreso ai quattro angoli del globo senza possibilità d'equivoci. "Il privilegio di chi muore è rivivere in un soffio gli avvenimenti fondamentali della propria vita. Giusto? Ingiusto. Ingiusto e antidemocratico escluderci da questo spettacolo e dal giudizio finale che tutti abbiamo il diritto di trarne. Cookies è servizio pubblico. Cookies vi consente tutte le domeniche di vivere senza sforzo i successi e i fallimenti delle vite altrui, le loro esperienze professionali, sentimentali, proibite, senza censure come davanti a Dio. Qualcuno sostiene che sia io il dio di Cookies. Ok", ammise Alexandros, "allora voi siete il tribunale degli angeli." Un applauso sottolineò quest'ultima affermazione.
Altro protagonista fondamentale della vicenda sarà Sheik, giovane commediografo ed ex allievo di Speranza, che, con il rimorso di averla tradita, ha chiamato la figlia con il suo nome e sta scrivendo una sceneggiatura per ricordare a tutti la sua storia. Sheik ha perfettamente compreso, anche se con ritardo, dell'insegnamento della sua vecchia insegnante e si rifiuta di vedere quella trasmissione, negatrice di tutti i valori che vuole trasmettere alla figlia. Per fortuna, però, riesce casualmente a capire chi è la protagonista della puntata di Cookies e inizierà un viaggio contro il tempo per cercare di salvare Speranza.

Nel frattempo, la trasmissione continua, e Speranza fa rivivere a tutti gli spettatori uno spaccato della sua storia personale (i ricordi del nonno, la sua vita d'insegnante, la storia d'amore con Paolo, il suo esilio volontario a Antikythera) che è, al tempo stesso, uno spaccato della storia collettiva del nostro Paese: neofascisti diventati senatori e ministri della Repubblica, comunisti diventati cattolici, corruttori diventati moralizzatori, imprenditori diventati uomini della speranza, italiani diventati xenofobi e razzisti.
 Ma è soprattutto attraverso i ricordi della sua vita di insegnante, e gli insegnamenti che cerca inutilmente di impartire ai suoi alunni, che si capisce meglio il senso di un cambiamento quasi "genetico" del popolo italiano (ma, probabilmente, più in generale, dell'Occidente) ed il senso da dare a quel "NO" che dà il titolo al romanzo:
"Sono buoni gli hamburger, vero?" esordì la professoressa ventisetenne. "Lo sapete perché il Terzo Mondo, dove i bambini sono denutriti, esporta i suoi migliori raccolti nel paese più ricco? Per fare ingrassare il bestiame degli Stati Uniti." "Allora gli americani vogliono bene alle mucche?" "No, vogliono trasformarle in un hamburger che farà ingrassare te. Gli americani vogliono bene ai soldi." "E noi?" "Anche noi." Scese il silenzio. "Fino a quando impareremo a dire No."
Proprio questo "NO"  è infatti il vero protagonista del romanzo: un NO, in particolare, alla società postcapitalista che Pier Paolo Pasolini seppe descrivere nel modo migliore. Il romanzo, come si vede, ha un notevole impianto saggistico nell'analisi e nella descrizione di una società sempre più in balìa di sé stessa, come in questo passo che descrive il dialogo tra Speranza e la preside ma che è, al tempo stesso, esemplare della mentalità della nostra società e nei cui confronti Speranza cerca inutilmente di ribellarsi:
"In merito alla faccenda di McDonald's sto facendo l'impossibile per difenderla dalle proteste dei genitori. Mettere in guardia gli studenti dai rischi di un consumismo sfrenato è un'iniziativa lodevole. La politica, per cortesia, lasciamola a casa. Queste sono famiglie che sperano di far laureare i figli alla Rockefeller University di Manhattan. Non in Bangladesh dove le vacche sono sacre." "Nel frattempo li abbandonano in balìa della televisione", ribatté Speranza. "Un dittatore che li fa tutti uguali. Raffiche di pubblicità fulminano le loro fantasie. Non hanno un sogno che non si debba comprare. Quando lo possiedono non sono felici. La televisione ha già impartito un nuovo sogno collettivo. 'Mamma gli altri ce l'hanno, io no'. I genitori comprano. Le multinazionali dei giocattoli ne inventano un altro. E si ricomincia. Non è terribile?"
Speranza per fortuna non è sola in questa isolata battaglia ma è fidanzata con Paolo, un inviato di guerra freelance, con cui condividerà alcune dei suoi pericolosi reportage e un'insoddisfazione nei confronti del mondo dei "rifatti", contro cui riescono però ad opporre soltanto una sterile ribellione:
"E questi nuovi padroni sventurati gridano nei telefonini sui treni, gli trilla tutto per mancanza d'anima, hanno invaso il Paese, si comprano lauree, paninoteche e villette a schiera, corrompendosi l'un l'altro, 'perché cosa vuoi, cambiare il mondo?' Ma è mai possibile? Sì, lo è. L'Italia di oggi è questa, e tu, per orientarti, devi andare per sottrazione: 'sei quello che non è il loro mondo', un oggetto sbagliato, fuori posto, fuori dalla Storia. Che senso ha indignarsi? La democrazia è solida, conferma a Capodanno il Presidente. Questi nuovi comportamenti di massa sembrerebbero insignificanti. Eppure, se la sommi, tutta questa insignificanza un significato ce l'ha, e non è casuale: ha preparato l'invasione dei Rifatti." "Chi sarebbero i Rifatti?" chiese Paolo per provocarla, pigiò il tabacco nel fornello della pipa, sorridendo. "Quelli che si sono rifatti tutto e continuano a rifarsi, dalla macchina, al telefonino, alla tessera di partito. I nuovi barbari. Per intenderci, quelli delle scuolette per bambini disturbati e del Fregali tu per primo."
Il romanzo, è bene ricordarlo sempre, non è e non deve essere un pamphlet propagandistico, e Cugia non incorre in questo errore (sempre incombente in questo tipo di letteratura). I protagonisti, infatti, sono contradditori, a partire da Speranza che "vuole cambiare il mondo" ma che a seguito della morte di Paolo (proprio per voler perseguire i suoi ideali) rinuncia al mondo reale e si rifugia in una isolata e fuori dal mondo isola greca, ma anche lo stesso Alexandros, che sembrerebbe uno stereotipato "cattivo per eccellenza" ma che, ad un certo punto del romanzo, abbandona il suo cinismo e si commuove per la storia di Speranza.
Non soltanto. Cugia, a parere del vostro recensore vuole farci anche comprendere come il dire "NO", l'indignazione, sia importante ma, rifacendosi a un recente titolo di Pietro Ingrao, non sia sufficiente. Dire "NO" è importante, ma è necessario che venga pronunciato da un "NOI". In caso contrario, come accade ai due protagonisti del romanzo, si è destinati alla sconfitta e al vedere il nostro Paese decadere, quasi con un aristocratico distacco rondista, consapevoli di questa decadenza ma senza alcuna possibilità di incidere sul reale e venendo involontariamente inseriti come sterili ribelli della "Società dello Spettacolo".
A questo proposito vogliamo concludere questa recensione nello stesso modo con cui Cugia introduce il suo romanzo. Ricordando, cioè, gli unici professori universitari (su circa milleduecento) che nel 1931 si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo e persero la loro cattedra:
Ernesto Buonaiuti, teologo - Mario Carrara, medico legale - Gaetano De Sanctis, storico - Giorgio Levi della Vida, orientalista - Antonio De Viti de Marco, economista - Giorgio Errera, chimico - Piero Martinetti, filosofo - Bortolo Negrisoli, chirurgo - Edoardo Ruffini Avondo, giurista - Francesco Ruffini, storico e giurista - Lionello Venturi, storico dell'arte - Vito Volterra, matematico
* Diego Cugia, giornalista, scrittore e autore radiofonico. Raggiunge una certa notorietà grazie alla trasmissione radiofonica Alcatraz e al personaggio di Jack Folla. Da questo personaggio ha tratto i romanzi "Alcatraz. Un dj nel braccio della morte", "Jack l'uomo della Folla. Diario di un italiano latitante" e "Jack Folla. Lettere dal silenzio"
           
Rodolfo Monacelli