in

Attenti: un capolavoro mancato!

- -


Attenti alle rose
di Pino Roveredo
Milano, Bompiani, 2009

pp. 165
€ 16.50


Veramente un peccato. Ho iniziato questo libro con altissime prospettive, per quell'incontro interessantissimo e pieno di pathos con l'autore (leggi la cronaca). Con grande, grandissima delusione mi sono trovata davanti a un diamante grezzo, un'opera che poteva dire tanto, e non ce l'ha fatta in pieno. Perché è attualissima e purtroppo molto frequente la storia di un marito che torna a casa e si scopre abbandonato dalla moglie, e raccontarla da un punto di vista nuovo e stimolante non è semplice. Specialmente se consideriamo che è uno dei temi caldi della nostra letteratura contemporanea. Ma, sì, Pino Roveredo ha idee decisamente buone: il suo protagonista Sergio è una vittima aggressiva, un marito che per vent'anni s'è adagiato e non ha fatto nulla per far sentire amata la sua Gianna. Solo con questa scelta netta e improvvisa di Gianna, Sergio inizia a riflettere sul proprio passato, reinterpretandolo più alla luce di questo presente, che rilevando la sua veste fatata di ricordo. Anche perché, diciamolo, di romantico in quel passato vi è ben poco: come un patto a tavolino, Gianna e Sergio hanno vissuto un amore senza sconvolgimenti emotivi, pacato e rassicurante per questo. E quindi...? Dopo la prima aggressività che Sergio cerca di sfoderare come arma per riavere la moglie, la depressione e l'alcol, l'abbrutimento più totale davanti all'indifferenza di Gianna, che nega all'ex-marito qualunque incontro... Ma, come si dice, per ogni rinascita bisogna prima toccare il fondo, e Sergio ci si butta a capofitto, in un masochistico tunnel che non vede vie d'uscita. O almeno così sembra...

Come Pino Roveredo ha abituato il suo pubblico, anche questo romanzo è intervallato di "rose", ovvero di racconti nel racconto: non sono semplici cammei, ma vere e proprie vite costrette a dire la loro in poche pagine. E così prendono la parola persone appena conosciute da Sergio (come la prostituta straniera con cui il protagonista cerca di dimenticare la moglie: una vera e propria Cenerentola emigrata per realizzare un sogno) o presenze che hanno sempre affiancato la vita di Sergio e di Gianna (come la signora Teresa, l'avvenente barista per cui Sergio ha sempre avuto un'attrazione nascosta, o il 'pazzo' del paese, non tanto-pazzo in realtà). Tra questi quadri, Roveredo si muove nel migliore dei modi, e dà prova di pagine agghiaccianti nella loro ironia: è il caso della 'rosa' dedicata alla madre di Sergio, Germana, e al suo lungo monologo rivolto al marito defunto. Dietro all'apparente dedizione iniziale, si cela un astio covato per anni, che solo ora ha modo di manifestarsi in una vendetta grottesca.

Dunque, come si può dedurre, si tratta di un romanzo composito, ricco di storie e addirittura di mondi. Benché sia indubitabile il piglio narrativo, e così Roveredo ha una spiccata capacità di "raccontare con partecipazione e distanza, passione e ironia" (Claudio Magris), manca qualcosa. Cosa? L'immediatezza della scrittura e l'urgenza di dire purtroppo oltrepassano la cura stilistica. Anche se Roveredo ammette quasi con fierezza di mettere la punteggiatura "un po' a caso", a volte questa spontaneità è davvero eccessiva, e sfocia in scelte aleatorie: un esubero di punti esclamativi, un tracollo di puntini di sospensione non sempre utili e soprattutto una giungla di virgole selvagge. E' qui che, credo, dovrebbe subentrare il consiglio dell'editor: non un intervento dispotico, ma un invito a lavorare su quelle gemme che innegabilmente Pino Roveredo sa estrarre dalla sua memoria e dalla sua fantasia, ma senza la pazienza di levigarle.

GMG