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Scoprire le carte coperte

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"Il giocatore invisibile"
di Giuseppe Pontiggia
Milano, Mondadori, 1978 (1^ edizione)


"Un'altra analogia fra scacchi e scrittura è l'obiettivo. Lo scacchista si prefigge la morte dell'avversario. "Scacco matto", in iranico, significa "il re è morto". Scrivere è una sfida idealmente mortale in cui uno può non giocarsi tutte le sue carte, ma quelle più importanti sì. Non può sapere come si conclude la partita. Ogni mio romanzo, ma anche ogni saggio, è per me un viaggio di cui conosco il punto di partenza, ma non la meta."

Con le stesse parole di Pontiggia ho desiderato aprire la breve riflessione su questo romanzo, vincitore della Selezione Campiello nel 1978, poi ristampato più volte e decisamente meritevole di tanti premi. Innanzitutto per la storia: immaginiamo un professore di filologia, e rivediamo in lui i tipici tratti del professore affermato, un po' borioso, un po' saccente, un po' cinico. Sommiamoci qualche attributo stereotipato: una moglie forse amata, ma impolverata; una giovane studentessa, sua amante (innamorata del ruolo che il professore riveste) e modesta, aspirante poetessa; colleghi e tirapiedi che vorrebbero un rivincita sul successo riconosciuto al professore.
Bene, tutti questi elementi, ben equilibrati nella vita del protagonista, d'improvviso vengono sbalestrati dalla pubblicazione di una lettera che segnala pecche filologiche e deride l'operato del professore. Da questo momento, la ricerca del mittente di quelle accuse assorbe completamente la vita del professore, che esamina amici e colleghi, parenti e persino insospettabili, in cerca della verità.
Attenzione, però: Pontiggia non è un "giallista filologico", ma un fine tessitore delle psicologie umane, e di come queste stiano costantemente in bilico tra equilibrio e il baratro dell'angoscia e della insicurezza. Solo leggendo il libro in questa chiave, attraverso lo stile limpido a cui ha abituato Pontiggia, si arriva alla conclusione, amara e non così lontana dalla nostra immaginazione di lettori. E si vive davvero quest'opera degna di una seconda lettura, e di una terza.


GMG