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Un'antologia a fumetti surrealista e grottesca: finalmente in Italia la maestra del fumetto francese, Nicole Claveloux

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La mano verde e altri racconti
di Nicole Claveloux e Edith Zha
Eris Edizioni, novembre 2025

Traduzione di Boris Battaglia

pp. 104
€ 25 (cartaceo)

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I cinque capitoli de "La Mano Verde" inaugurano la collaborazione tra le due autrici e segnano l'ingresso di Nicole Claveloux in Métal Hurlant. Queste tavole sontuose, dal ritmo surreale, si inseriscono in un sommario in cui la parte del leone la fanno rock e fantascienza - due parole che all'epoca rimano ancora con testosterone. Nicole decide di realizzare le sue pagine a colori (cioè, direttamente sulle tavole originali) utilizzando una tecnica mista molto complessa, in cui mischia inchiostro, tempere e aerografo. I tratti neri li disegna solo dopo aver effettuato la colorazione. Tutto è realizzato nel formato di stampa. Il processo è laborioso, il risultato spettacolare - ma purtroppo impossibile da rendere fedelmente con la tecnica della quadricromia. «Faccio sempre esperimenti tecnici azzardati... alla fine ne avevo abbastanza, ho tirato via.» Sfidiamo i lettori a trovare il minimo cedimento in questo stordente capolavoro della modernità, che conserva intatta, dopo quarant'anni, tutta la sua originaria freschezza. (p. 14, dalla prefazione di Jean-Louis Gauthey)

La mano verde e altri racconti è un’antologia a fumetti che raccoglie alcune opere realizzate per la rivista Métal Hurlant (e la sua gemella di stampo femminista Ah!Nana) a partire dal 1978. Nicole Claveloux, la mano dietro ai disegni, insieme alla sceneggiatrice Edith Zha, che firma i testi, ci regala alcune delle tavole più belle del fumetto francese - non per niente Claveloux è ritenuta una maestra del suo genere. Ma quale?

Categorizzare lo stile di Claveloux non è semplice, forse impossibile: come ha detto Denys Prache, tra i suoi primi editori e fondatore del bimestrale Okapi, l'artista era insaisissable – “inafferrabile”. Per iniziare, la prima storia del volume, La mano verde, è un classico esempio di narrazione di tipo speculativo - horror, fantasy, fantascienza, ucronia, distopia - che si concentra sulla nota onirica e weird: una donna vive in un appartamento con una specie di avvoltoio geloso e condivide lo spazio (sia quello fisico della sua casa che quello mentale) con una pianta chiamata menthe religieuse un po' capricciosa, a voler usare un eufemismo. 

La pianta avrà il potere di darle accesso a un mondo altro, forse uno alieno, o forse il suo stesso animo. I colori, accesi, acidi, che sembrano esplodere dal fondo nero, sovvertono le regole della natura: così i volti sono verdi o viola, i cieli gialli e rosa, le strambe divinità e personaggi dei suoi sogni multicolori, le case, gli alberi, gli animali ci vengono restituiti come appaiono nei sogni: senza paradigmi, confini, limiti razionali. Allora non solo speculative fiction ma puro surrealismo, nel senso artistico del termine. 


I successivi racconti, tutti disegnati in bianco e nero, e più brevi, sono parodie, sfottò, divertissement che l'artista opera nei confronti di storie classiche come Cenerentola (che nel suo fumetto, in traduzione, prenderà il nome di Rimbambentola), o Biancaneve - su cui il traduttore Boris Battaglia ci rivela dei particolari divertenti: 

Panka Nebe

In questa parodia di Biancaneve, quando la Regina Madre si punge con l'ago ed esprime il desiderio di avere una figlia, è raffreddata. L'effetto del suo desiderio, pronunciato con il naso chiuso, è paradossale, soprattutto a partire dal nome della bambina: Planche Neiche. L'assonanza della pronuncia è fortissima con quella di Blanche Neige, ma il significato è vicino a come i francesi chiamano lo snowboard: planche à neige (letteralmente: tavola da neve). Dato che l'idea di tavola è fondamentale relativamente alla magrezza (il requisito che la Matrigna le invidia) della protagonista era necessario mantenerla nella traduzione. Credo che Panka renda bene l'idea. (p. 98)

Tutte le storie sono sempre molto grottesche, vagamente erotiche, un po' crudeli e tanto mi ricordano le peculiarità del teatro dell'assurdo - movimento teatrale del dopoguerra che aveva in Beckett uno dei suoi massimi esponenti - dunque l'assenza di linearità, l'assurdità, il nonsense, i dialoghi surreali, le situazioni illogiche senza spiegazioni razionali. 
I tratti sono frenetici, come infantili eppure molto disturbanti nella resa finale. 

Nelle storie c'è anche un principio di femminismo, una scintilla non ancora del tutto pronta a esplodere ma che lascia presagire già una certa sensibilità, una certa intuizione e sguardo sul futuro. O forse, essendo una delle poche donne fumettiste di quegli anni - e parliamo degli anni '70-'80 - tendeva a inserire nelle sue storie e nei suoi personaggi femminili (famosissima la sua Grabote) alcune istanze che oggi conosciamo benissimo, e sappiamo nominare: disparità di genere, patriarcato, sessismo, necessità di riscrivere i destini delle eroine classiche.


Credo sia uno di quei fumetti - finalmente a disposizione anche nel nostro Paese - che tutti gli appassionati dovrebbero leggere o avere in libreria, a prescindere dalle preferenze di genere.
Lo consiglio anche a chi ama particolarmente Moebius e lo scrittore cileno Jodorowsky.

Deborah D'Addetta