di Sébastien Perez e Marco Mazzoni
L'ippocampo, Novembre 2025
Le Streghe di Venezia arrivano in una forma, cupa, stratificata, adulta, grazie al testo di Sébastien Perez e alle illustrazioni di Marco Mazzoni, che costruiscono un’opera ibrida, sospesa tra graphic novel e romanzo illustrato. L’Eletta non è solo un seguito: è una riflessione sul potere, sull’eredità della paura e su ciò che resta dei legami quando il mondo si deforma.
Fin dalle prime pagine, è chiaro che la Venezia immaginata dagli autori è una città alterata, febbrile, attraversata da un morbo che colpisce i bambini non immuni. La premessa, che la protagonista Carolina debba affrontare il retaggio di una storia familiare segnata dalla scomparsa della piccola Emilia, diventa così il pretesto per interrogare la fragilità delle generazioni e il modo in cui il passato continua a insinuarsi nel presente.
Le illustrazioni di Mazzoni, con i loro volti lattiginosi, le pupille tremule, le farfalle che invadono la pelle dei personaggi, non accompagnano la storia: la amplificano, ne mostrano il doppio, la parte nascosta.
Una delle forze maggiori del libro sta proprio nella capacità di trattare l’infanzia non come un rifugio, ma come un varco instabile. Una pagina delle illustrazioni mostra Simone, il protagonista del volume precedente, mentre osserva una ruota panoramica oltre un varco nel bosco: l’immagine rimanda a un desiderio di meraviglia che però si tinge di pericolo. Non è casuale che l’opera alterni toni onirici a un realismo perturbante.
«Ci spiano, altri in questa casa». La frase, pronunciata con naturalezza, rende esplicito un elemento costante della narrazione: la sensazione di essere osservati, giudicati, manipolati. È la cifra delle streghe, ma anche della città stessa, che appare come una Venezia distorta, fatta di corridoi, scalinate, palazzi barocchi che sembrano respirare.
Questa dimensione visiva è centrale: l’architettura immaginata da Perez e resa da Mazzoni non è mai neutrale. È un organismo. Una presenza, un virus che aleggia sempre.
Al centro della storia c’è Carolina, cresciuta nell’ombra di una tragedia familiare che ancora plasma ogni gesto. Il percorso della ragazza è quello di chi deve decidere se accogliere o spezzare un destino già scritto. La metamorfosi è un tema ricorrente e le illustrazioni lo mostrano con efficacia: identità che mutano, corpi che si confondono con farfalle, rami, maschere.
Il testo suggerisce che la sofferenza è un carburante, una risorsa che le streghe usano per rafforzare il proprio potere. È un’idea antica, quasi folclorica, ma qui riproposta con un’estetica nuova, più simbolica che orrorifica. Non si tratta di pura malvagità, ma di un equilibrio distorto fra vita e morte, dono e sacrificio.
La dimensione della cura, madre e figlia, sorella e sorella, adulta e bambina, è ribaltata: dove ci si aspetta protezione, troviamo una forma di predazione.
Uno degli aspetti che rendono unico il volume è la relazione simbiotica tra testo e immagine. Le tavole di Mazzoni non illustrano il già detto: lo ampliano, lo contraddicono, lo complicano. Un volto in primo piano dice più di una pagina di dialoghi, una cornice di piante carnivore suggerisce una violenza latente che il testo lascia sospesa.
Tra le immagini più memorabili, quella della madre con il bambino circondati dalle falene: un’intera genealogia di dolore trattenuta in un gesto silenzioso.
La scrittura di Perez, densa e allusiva, trova qui la sua controparte perfetta: insieme creano un’atmosfera gotica, ma mai gratuita.
Il libro offre una Venezia reinventata, che fa della sua estetica una chiave interpretativa del trauma collettivo. Non una città da cartolina, ma un corpo ferito, un labirinto dove la bellezza è sempre anche minaccia.
La pandemia che colpisce i bambini, il bisogno di un antidoto, la ricerca del manoscritto di Emilia: tutto evoca una tensione verso la salvezza che però non è mai lineare.
«Il palazzo è gelido, i piedi dei due ragazzi scricchiolano febbrilmente.»
È un dettaglio minimo ma emblematico: tutta la storia procede così, per piccoli tocchi sensoriali che costruiscono un mondo in cui niente è davvero stabile.
Le Streghe di Venezia. L’Eletta è un’opera ibrida e potentissima: una fiaba nera che parla alla nostra epoca senza semplificazioni; un racconto sul potere, sulla memoria e sulla responsabilità del crescere; un libro visivamente travolgente, capace di inquietare e di commuovere allo stesso tempo.
Un ritorno che conferma quanto la saga sia capace di reinventarsi e di interrogare il lato più fragile e feroce dell’umano.
Alessia Alfonsi

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