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Lo slancio emancipatorio di quattro filosofi del secondo Novecento. "I fantasmi del presente" di Eilenberger

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I fantasmi del presente
di Wolfram Eilenberger
Feltrinelli, settembre 2025

Traduzione di Federico Zaniboni 

pp. 416
€ 28,00 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)


I fantasmi della mente è un viaggio attraverso il tempo (gli anni che vanno dal 1948 al 1984) e nello spazio,  muovendosi tra Francoforte, Parigi, Londra, Berkeley e New York. Il senso del viaggio che ci fa compiere Wolfram Eilenberger è la ricerca di "ciò che resta della Ragione", dopo l'abisso della seconda guerra mondiale e della barbarie dei totalitarismi. I nostri compagni di viaggio saranno Theodor W. Adorno, Susan Sontag, Michel Foucault e Paul K. Feyerabend, che hanno cercato – ognuno a modo proprio – di resistere alla tentazione del nichilismo novecentesco attraverso itinerari di pensiero che sono lenti di ingrandimento e analisi per problemi odierni.
Questi itinerari sono raccontati da Eilenberger attraverso la narrazione biografica dei quattro protagonisti che, apparentemente, non condividono lo stesso orizzonte filosofico, ma che vengono legati da un filo rosso che spetta al lettore riannodare a fine lettura.
Il libro si apre con il ritorno in Europa di Adorno, dopo l’esilio statunitense e il grande successo della  Dialettica dell'illuminismo (1947),
Che speranze gli restano, ormai? L'11 ottobre 1949, nella stazione di Los Angeles, Theodor W. Adorno sale a bordo del Chief diretto a New York con l'angosciosa certezza di non essere altro che "l'oggetto di costellazioni e non avere alcun potere su me stesso". A salutarlo sulla banchina, insieme alla moglie ("attaccamento infinito a Gretel fino alla morte"), c'è una piccola delegazione della colonia di artisti e scrittori ribattezzata "California tedesca" durante gli anni dell'esilio. Oltre, naturalmente, al suo capo nonché compagno intellettuale prediletto, Max Horkheimer, direttore da quasi due decenni dell'Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, che si mantiene operativo grazie ai contributi delle fondazioni. (p. 17)

I rapporti fra le due sponde dell'Atlantico sono il simbolo di una cultura,  che sta risvegliandosi da un lungo esilio dovuto alla barbarie del nazismo. Anche la figura di Thomas Mann, altro esule d'eccezione, appare nei ricordi e negli incontri di Susan Sontag. Come l'Angelo della storia di Benjamin (citato a p. 23) questi intellettuali possono decidere di camminare volgendo le spalle al progresso oppure, nella rivolta alla fede illuminista del progresso e al trionfalismo della società capitalista, cercare un altra via per "far ripartire" una storia che sembra essersi arenata. Quello di Eilenberger, quindi, è una perlustrazione dei vari fantasmi del postmoderno, senza però il compiacimento e l'abulia di chi annaspa in un mondo senza senso.  I filosofi con cui l'autore ci fa compiere questa traversata sono come eroi di un nuovo illuminismo  – come recita il sottotitolo – ma che è pur sempre Illuminismo, quindi lotta alla superstizione e all'oscurantismo. 

Adorno e Horkheimer, in effetti, nella loro Dialettica dell'illuminismo avevano già decostruito il mito della Ragione, ma non in senso meramente distruttivo, ma attraverso un'analisi accurata che apriva la strada ad un rinnovamento. 

Verso questo rinnovamento confluiscono le energie del 1968. Soprattutto Susan Sontag veicolerà, attraverso le sue esperienze nelle università americane prime ed europee poi, e attraverso il suo reportage del viaggio in Vietnam, la necessità di declinare in modo "plurale" il concetto di ragione. Plurale non solamente rispetto al genere e alla cultura di provenienza, ma anche nella maniera estesa di intendere l'ambito della filosofia, che si arricchisce di altri sguardi, presi a prestito da altre arti,  soprattutto dal cinema sperimentale. Il sottotitolo del saggio non tra in ballo solamente «il nuovo illuminismo» ma anche «la fine della filosofia» che è stato uno dei Leitmotiv della seconda metà del Novecento. Nella parte conclusiva del testo, l'autore esce allo scoperto e confida al lettore che questa tematica lo ha tormentato per anni:

Questo libro è la testimonianza di una liberazione. L'autore l'ha sognata per molti anni. La visione della filosofia che la ispira si oppone alle forme correnti del filosofare accademico. Ma non alla tradizione filosofica in quanto tale. Questo spiega anche la scelta dei suoi protagonisti: Theodor W. Adorno, Michel Foucault, Susan Sontag e Paul K. Feyerabend. I quattro "fantasmi del presente" qui presentati hanno tutti adottato, dal dopoguerra in poi, un atteggiamento di elusiva contrapposizione alle correnti filosofiche istituzionali. E inoltra non hanno mai formato un gruppo o una scuola, né forgiato nessuna teoria o tantomeno un sistema. Sono piuttosto incarnazioni esemplari di ali esistenza condotta all'insegna dell'illuminismo. (p. 359)

Eilenberger parla del loro slancio emancipatorio come  cifra della loro attualità. Su questo punto, tuttavia, non mi trovo concorde. Anzi, se mi si passa la metafora, avverto un odore di naftalina in certe riflessioni e in certi atteggiamenti engagé, che oggi più che rivoluzionari appaiono sorpassati. L'unico dei filosofi che ancora mantiene un lato sovvertivo, proprio per il suo anarchismo metodologico, mi appare Feyerabend, che non avendo mai aderito ad una moda, non è stato sorpassato dalla storia.

Ciò è una critica non al lavoro di Eilenberger, scritto in modo brioso e accurato, ma all'idea di trasformare un buon saggio di storia della filosofia in un'analisi della filosofia attuale.

Deborah Donato