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“Desiderare Bowie”, una non-biografia di Massimo Palma sull’alieno desiderabile

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Desiderare Bowie 
di Massimo Palma
nottetempo, novembre 2025
 
pp. 156
€ 15,50 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
 
 

A dieci anni dalla scomparsa del cantante, Desiderare Bowie si aggiunge al già ampio corpus di studi su questo incredibile «artista prismatico» (p. 11), regalandone una prospettiva alquanto unica e specifica. Massimo Palma si allontana consapevolmente dalle narrazioni biografiche tradizionali e si concentra invece sul modo in cui l’icona Bowie incarna e orienta il desiderio nella cultura contemporanea. Lungi dall’essere una semplice biografia musicale, il volume propone una vera e propria indagine critica su come l’artista sia stato, e continui a essere, non tanto “oggetto” di studio quanto nodo di relazioni tra identità, mercato e pubblico.

Il titolo va preso alla lettera. Il desiderio non è solo ciò che Bowie suscita, ma ciò che lo costituisce. Bowie è stato molte cose insieme - icona pop, artista sperimentale, attore, pittore - e ha dato vita a una sequela di metamorfosi necessarie, da Major Tom a Ziggy Stardust (la più nota), dal Duca Bianco (la più controversa) ad Aladdin Sane (la più iconica) fino a Button Eyes, un insieme di figure androgine e aliene, di pose che mettono in crisi l’idea di un’identità stabile. Ma questi personaggi non sono maschere da “svelare”, dietro cui si nasconderebbe una presunta autenticità originaria, bensì dispositivi espressivi di spettatorialità, del suo carattere performativo. In questo senso, l’artista britannico risulta un disco continuamente riscrivibile, in cui l’identità non si rivela mai ma continua a reinventare se stessa.
 
Uno dei nuclei più interessanti del saggio, che ne costituisce l’asse portante, riguarda proprio la relazione tra artista, pubblico e desiderio. Bowie non è soltanto desiderato, ma desidera essere desiderato, e in questa reciprocità si costruisce un circuito in cui il pubblico trova strumenti per immaginarsi altrimenti. Bowie non è solo oggetto di desiderio, ma anche produttore, un desiderio che agisce sul pubblico e ne orienta l’identificazione in infinite varianti. Palma insiste su questa dimensione relazionale, mostrando come l’icona non fornisce modelli stabili, ma apre possibilità instabili, provvisorie, spesso contraddittorie e ambigue, allargando lo spazio della sperimentazione identitaria.
 
La scrittura di Palma non si lascia andare a un’aneddotica facile né a una narrazione agiografica, ma rimane saldamente analitica, concentrata e procede per nuclei concettuali più che per flusso lineare. Ciò che emerge non è tanto una sintesi delle tappe della carriera di Bowie, quanto piuttosto un discorso che privilegia l’analisi, una lente attraverso cui guardare alle forme del desiderio nella cultura pop e alle relazioni esistenti tra identità, mercato e spettatorialità.
 
Desiderare Bowie si presenta così come una riflessione che non cerca di chiudere il discorso su Bowie, ma di tenerlo aperto, e che interessa non solo gli studiosi di cultura e musica pop, ma chiunque si interroghi sulle forme in cui l’arte contribuisce alla costruzione di sé e del desiderio nel nostro presente.

Federica Cracchiolo