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A Reggio Calabria, gli studenti incontrano "papà Picchio" per la prima presentazione in esclusiva di "Le parole fanno più male delle botte. Il messaggio di Carolina sul cyberbullismo"

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Le parole fanno più male delle botte. Il messaggio di Carolina sul cyberbullismo.
di Paolo Picchio
Prefazione di Matteo Lancini
DeAgostini, ottobre 2025


pp. 160
€ 15,90 (cartaceo) 
€ 8,99 (ebook)
 
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«Questo libro è una storia di relazioni, di incontri e di condivisione. La relazione è tutto e solo la relazione ci può salvare. […] Le parole dette, condivise, immerse in una relazione autentica salvano la vita.» (pp. 8-9, Prefazione di Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta)
Relazioni, incontri, condivisione:
per questo Speciale scuola desidero partire proprio dalle tre parole-chiave che stanno alla base dell’evento svoltosi presso la libreria Libro Amico di Reggio Calabria, giorno 17 ottobre 2025. Un pomeriggio speciale per molti aspetti, a cui ho avuto il piacere di partecipare con una bella delegazione di insegnanti e alunni della mia scuola, il Liceo Statale Tommaso Gullì, nella doppia veste di docente e redattrice di CriticaLetteraria.

L’incontro, organizzato dal proprietario della libreria, Aurelio Arcano, ha rappresentato la prima presentazione in esclusiva del libro-testimonianza di Paolo Picchio, Le parole  fanno più male delle botte, Il messaggio di Carolina sul cyberbullismo, pubblicato per le stampe di DeAgostini pochi giorni prima dell’evento.
La triste storia di Carolina, prima vittima riconosciuta del cyberbullismo in Italia, è ormai nota  a chi si occupa di contrasto e prevenzione al cyberbullismo, ma non solo: al suo nome è, infatti, legata l’approvazione della prima legge a tutela dei minori sul web, la Legge 71/2017 (Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto al fenomeno del cyberbullismo), entrata in vigore a giugno del 2018, quattro anni dopo la prematura scomparsa della quattordicenne a Novara.

L’approvazione della legge ha rappresentato il risultato di una lunga battaglia condotta da “papà Picchio” affinché la storia di Carolina non venisse dimenticata e il suo dramma personale, il sacrificio di Caro, potesse salvaguardare altre potenziali vittime dei cyberbulli. Una missione concretamente portata avanti anche dalla Fondazione Carolina, operativa dal 2018 come centro di cura per il disagio giovanile e di ricerca, prevenzione e supporto al cyberbullismo, con la cui fondazione si è voluto trasmettere un messaggio di speranza che andasse oltre il dolore per la morte di Carolina. Lo stesso messaggio che trapela fra le pagine del libro, in cui Paolo Picchio, rivolgendosi ai suoi giovani lettori con un atteggiamento sempre paterno e benevolo e con una scrittura limpida e sincera, ripercorre la storia di Carolina, riattraversando coraggiosamente il suo dolore di padre.

In questa coinvolgente, drammatica ed emozionante testimonianza colpiscono, sin dalle prime pagine, due aspetti principali: la straordinaria solarità di Carolina e la genuinità e profondità della relazione padre-figlia. Due elementi che rendono ancora più difficile accettare l’estremo gesto del suicidio di Carolina: una sportiva, una sognatrice; una ragazza che sapeva ascoltare, amare e farsi amare: «Sapeva immedesimarsi  nelle persone e sentire quello che gli altri sentivano. Era soprattutto per questo che aveva così tanti amici». (p. 17)
Il suo legame con il padre era solido e costantemente nutrito dal dialogo; eppure… niente aveva fatto presagire a papà Picchio di quella festa finita male e di quei video - e quelle offese - diffusi sulla Rete, che avevano fatto più male delle botte.
«Che cosa le era passato per la testa? Perché non mi aveva parlato dei suoi problemi? Mi sentivo tradito, ferito. Mi tornava in mente una cosa che Carolina ripeteva spesso: Se potessi avere un potere magico, papà, vorrei volare». (pp. 30-31)
E così, Caro aveva deciso di andarsene via proprio volando: come un Angelo. Che con quel volo sta, però, provando a lasciare all’umanità un messaggio importante, affidato a una struggente lettera ritrovata dai carabinieri nella sua stanza:
«Ciao, o forse addio,
volevo solo dire un ultimo saluto. Perché questo?
Be’, il bullismo, tutto qui. Le parole fanno più male delle
botte. Cavolo, se fanno male! Ma, io mi chiedo, a voi non
fanno male? Siete così insensibili? Credo che anche a voi
farebbero male. Ecco, allora perché lo fate con me?
Spero che adesso siate un po’ più sensibili sulle parole.
Non importa in che lingua, il significato è lo stesso. Addio»  (p. 40)
Congedandosi dalla vita, Carolina si rivolge espressamente ai suoi carnefici, ma nell’affermare che le parole fanno più male delle botte, mostra di conservare comunque la speranza che il suo sacrificio possa aiutarli a diventare un po’ più sensibili e consapevoli. Nonostante tutto, dunque, non aveva perso la fiducia nel prossimo. Perché aveva già compreso, molto giovane, l’importanza delle relazioni, degli incontri e della condivisione. E proprio in questo messaggio il padre, Paolo, è riuscito a trovare la forza per trasformare il suo dolore in impegno civile, attraverso uno straordinario lavoro di rete svolto, nel corso degli anni, con i docenti delle scuole, gli educatori, gli psicologi e i volontari della Fondazione.

Si comprenderà, dunque, come l’incontro svoltosi presso la libreria Libro Amico abbia rappresentato molto più di una prima presentazione del libro di Paolo Picchio: l’evento, moderato dal Dott. Antonio Luciano Battaglia, è stato, infatti, una significativa occasione di confronto per studenti, docenti ed educatori su una delle tematiche più attuali e delicate inerenti il mondo degli adolescenti.
E la partecipazione attenta, sensibile e matura degli studenti ha confermato quanto siano importanti, nel processo educativo, i rapporti fra Scuola e Territorio, il dialogo, la condivisione e la comunicazione.
Perché se è vero che le parole possono fare male più delle botte, possono anche avere il potere straordinario di accogliere, curare, salvare.
 
Federica Malara