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La notte del "Successore". Mistero e potere nel romanzo di Ismail Kadare

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Il Successore 
di Ismail Kadare 
La nave di Teseo, ottobre 2025
 
Traduzione di Liljana Cuka
 
pp. 160
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Scrittore albanese (Argirocastro 1936 – Tirana 2024), Ismail Kadare è stato una delle più alte voci della letteratura europea contemporanea. Dopo un esordio poetico che gli valse ampi riconoscimenti, ha conquistato notorietà internazionale con una narrativa in cui le leggende, i miti e la storia dell’Albania diventano metafore universali del potere e della libertà. Tra i suoi romanzi più celebri si ricordano Il generale dell’armata morta, La città di pietra e Il palazzo dei sogni. Candidato più volte al Premio Nobel per la Letteratura, Kadare ha ricevuto nel 2005 il Man Booker International Prize e nel 2018 il Premio Internazionale Nonino con la seguente motivazione: 
Poeta, romanziere, autore di saggi e sceneggiatore nato in Albania. Aedo innamorato e critico del suo popolo, tra realtà storiche e leggende, che rievocano grandezze e tragedie del passato balcanico e ottomano, ha creato grandi narrazioni. Esule a Parigi dal tempo della dittatura “per non offrire i suoi servigi alla tirannide”, ha rifiutato il silenzio, che è la metà del male, immergendo spesso il suo raccontare in mondi immaginari, divenendo testimone degli orrori perpetrati dal totalitarismo e dai suoi inquisitori. Ha fatto della tolleranza religiosa uno dei cardini della sua opera.
Con Il successore, pubblicato nel 2003 e oggi riproposto in Italia da La nave di Teseo, Kadare compone uno dei suoi romanzi più potenti e spietati, una riflessione sulla natura del potere e sull’inevitabile collasso morale che esso porta con sé. Il libro prende le mosse da un episodio reale: la misteriosa morte di Mehmet Shehu, primo ministro albanese e designato erede del dittatore Enver Hoxha, ritrovato nel dicembre 1981 ucciso da un colpo di pistola. Kadare ne fa un racconto universale, basato sul rapporto tra il tiranno e il suo successore, trasformando un fatto di cronaca in una tragedia politica e al contempo universale.
L’incipit – «Il Successore designato fu rinvenuto morto nella sua camera da letto la mattina del 14 dicembre» – è già un manifesto: il potere genera morte e la verità si dissolve in un labirinto di sospetti. 
A mezzogiorno la televisione albanese trasmise un breve comunicato: nella notte tra il 13 e il 14 dicembre, il Successore si era tolto la vita con un’arma da fuoco, sopraffatto da un esaurimento nervoso. Le agenzie di stampa internazionali ripreso la notizia così come formulata nella versione ufficiale albanese. Solo nel pomeriggio, dopo che la radio jugoslava insinuò che il suicidio potesse celare in realtà un omicidio. (p. 15)     
Il romanzo si muove tra due poli: il Condottiero, figura del dittatore avido e onnipotente e il Successore, l’uomo prescelto, ma destinato a soccombere. Attorno a loro ruota un microcosmo di voci e fantasmi, come in un sogno angosciante; i personaggi di Kadare vivono con la costante sensazione che la loro esistenza sia legata a delle forze invisibili, di cui si ignorano le dinamiche e gli obiettivi, ma che in qualunque momento possono abbattersi come un’ascia sopra di essi. L’architetto, ad esempio, che scopre un segreto e teme di essere eliminato; la figlia Suzana, costretta a sacrificare l’amore per ragion di Stato; e il ministro Hasobeu, pronto a subentrare nel vuoto di potere.

La casa del Successore, collegata alla dimora del Condottiero da un tunnel segreto apribile solo da un lato, diventa la metafora centrale del romanzo: un’immagine visiva e simbolica del dominio assoluto, dell’impossibilità di sottrarsi al controllo. In questo spazio chiuso, il potere assume i tratti di una macchina perfetta e disumana, capace di penetrare le coscienze e di annientare la percezione stessa della realtà. Emblematica è la figura del Condottiero che si diverte a spegnere e riaccendere la luce nella residenza del Successore: un gesto quasi infantile, eppure terribile, che racchiude la verità del potere assoluto: la capacità di decidere chi resta nell’ombra e chi invece sia condannato a scomparire.
All’improvviso, intorno calò il silenzio, e quando azionò la leva e la luce improvvisamente divenne più intensa, rise forte. Aumentò ancora l’illuminazione, fino all’apice, continuando a ridere: “Ah, ah, ah, ah” come se avesse trovato un giocattolo. Gli altri, a loro volta, risero a crepapelle, finché lui cominciò a ruotare il reostato in senso contrario. Man mano che la luce calava, tutto sembrava farsi più freddo e più cupo, finché ogni lampadina del lampadario si spense. (p. 87)    
La scrittura di Kadare, tesa e cristallina, fonde realismo politico e visione onirica: l’Albania diventa un universo claustrofobico, dove la paura sostituisce la fede e la menzogna diventa forma di sopravvivenza. Lo sguardo di Kadare così profondamente balcanico è legato a un immaginario antico e tribale: il totalitarismo, suggerisce l’autore, non è che la continuazione dei codici passati e arcaici. 

Il successore è dunque un romanzo politico, ma anche un dramma metafisico, un’indagine sull’uomo di fronte al potere che egli stesso ha creato. La violenza qui non è soltanto quella della repressione, ma quella più sottile della manipolazione della realtà, della costruzione di un mondo in cui ogni individuo diventa ingranaggio e spettatore del proprio annientamento. Kadare mostra che l’assolutismo non è un accidente storico, ma una pulsione universale dell’animo umano: la tentazione di abbandonarsi all’obbedienza, di delegare la libertà a un’autorità violenta e dispotica.

Opera di densità simbolica e limpidezza stilistica, Il successore rappresenta una delle vette della narrativa di Kadare: un romanzo in cui storia e mito si fondono in un’unica, spietata allegoria della verità e del potere. Le domande sul Successore, sul perché sia stato ucciso e da chi restano senza risposta, perché ciò che conta non è il colpevole, ma la macchina invisibile che trasforma la paura in destino e il destino in un sistema. 

Silvia Papa