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Alla scoperta della linguistica con "Il giro del mondo in 80 lingue. Un viaggio tra le meraviglie, i misteri, le curiosità dell'espressione umana" di Veronica Repetti

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Il giro del mondo in 80 lingue
di Veronica Repetti
Ponte alle Grazie, settembre 2025

pp. 240
€ 16.90 (cartaceo)
€ 9.99 (ebook)

Siete pronti a compiere una scoperta rivoluzionaria? Se la risposta è sì, leggendo Il giro del mondo in 80 lingue di Veronica Repetti scoprirete di non conoscere affatto la vostra lingua madre, figuriamoci le altre. 

L'autrice, in arte "Linguisticattiva", è una bravissima divulgatrice e content creator. Non solo, è anche laureata magistrale in Scienze Linguistiche, dottoranda in Psicologia e Scienze Cognitive e da oggi anche scrittrice di questo bellissimo libro. Libro che, per gli amanti della Linguistica e della Glottodidattica sarà un piacevole ritorno tra i banchi universitari, ma con meno polvere e più freschezza. Per i neofiti sarà invece una sorprendente, minuziosa e accurata scoperta di quanto poco conosciamo le origini, gli usi e i costumi del nostro strumento di comunicazione numero uno: la lingua.

Come un'orchestra che interpreta uno spartito, ogni lingua "suona le note" con i propri strumenti. Oltre ad avere un proprio vocabolario e una propria grammatica, presenta un personalissimo set di suoni tipici, necessari per esprimersi oralmente come parlanti nativi. (p. 14)

Il libro ha la struttura di un saggio, ma è più che altro un ottimo manuale d'uso da consultare e maneggiare con cura. Si compone di sei intriganti capitoli volti a informare e a incuriosire il lettore. Tra divertenti aneddoti su fonemi mal pronunciati, viaggi su mezzi di trasporto onomatopeici (come ad esempio i “tuk tuk”) e parallelismi con film e serie tv, Veronica Repetti ci conduce nei meandri più remoti della linguistica e lo fa con piacevole leggerezza. Questo aspetto non va sottovalutato, in quanto la materia trattata è tutt'altro che semplice da trasmettere. L'autrice riesce a farlo bene e al lettore arriva tutta la passione e l'amore che prova per l'oggetto dei suoi studi. Vi consiglio di leggere i ringraziamenti, sono davvero sentiti.

Ma di cosa si parla esattamente in questo libro? Come in una partita a ping pong, il lettore rimbalza continuamente tra una lingua e l'altra, senza perdere mai però la bussola. L'autrice lo orienta inizialmente sul ritmo delle lingue, indicando sempre dove si parli quel dato idioma e quante persone si esprimano attraverso di esso. Questi dettagli sono estremamente rilevanti, innanzitutto per contestualizzare l'opera, ma anche e soprattutto per capire come si sia arrivati oggi ad avere così tanti idiomi, con così tante sfumature e varianti perfino all'interno dell'idioma stesso. Gli incontri linguistici hanno fatto sì che quando una popolazione entrasse in contatto con un'altra, i due diversi idiomi si influenzassero a tal punto da rimescolarsi fra loro e creare continui neologismi. Questo fenomeno di contaminazione linguistica avviene ancora oggi, basta pensare a quanti prestiti linguistici si utilizzano senza nemmeno rendersene conto. Tuttavia, tradizione orale e tradizione parlata non si sviluppano parallelamente. La fonetica infatti si evolve costantemente perché ha una più rapida diffusione. La lingua scritta, al contrario tende ad avere regole e strutture più rigide e meno inclini al mutamento.

L'autrice spiega anche quanto sia difficile incasellare le lingue in uno schema chiuso come una classifica. La gamma di parametri dovrebbe essere talmente estesa per poter coglierne ogni sfumatura che non basterebbe una vita intera per farlo. Un esempio? Ci sono alcune lingue parlate da una fetta di popolazione talmente effimera che sono, naturalmente, in via d'estinzione. Ad esempio la lingua pirahā, unico dialetto esistente della lingua Mura (lingua amazzonica del Brasile), dispone di sole otto consonanti, ma questo la rende da un lato un prezioso gioiello di studio, dall'altro una lingua meritevole di essere classificabile, ma secondo quali parametri incasellarla? Altro esempio analogo è il rotokas, una delle lingue della Papua Nuova Guinea, parlata da appena 4000 persone e con al suo interno soltanto sei consonanti. Come possiamo definirla lingua? Come si fa a comunicare con così poche consonanti? Si può, e lo si può fare anche molto bene. L'importanza di una lingua non è data dal numero di fonemi di cui dispone ma da come riesce a utilizzarli per esprimersi. La sola intonazione di una stessa parola ne cambia il significato. In italiano possiamo pensare alla parola "principi", usata sia per denominare la categoria reale, sia per indicare i valori da rispettare. L'accento e l'intonazione fanno la magia.

Tra tutte queste possibilità, è chiaro che la lingua, come un viaggio in tuk tuk, è un delicato equilibrio tra struttura e movimento, tra regole consolidate e improvvisi cambi di direzione. Proprio come Arun guida con destrezza tra le strade caotiche, schivando pedoni e bancarelle [...] con gesti che a noi sembrano imprevedibili ma che per lui sono completamente naturali, le lingue seguono traiettorie che, sebbene possano sembrare strane o disordinate a prima vista, sono in realtà il frutto di un'evoluzione pratica e funzionale. E così, [...] ci rendiamo conto che la prossima tappa del nostro viaggio nel mondo linguistico è già pronta a svelarsi davanti a noi. (p. 88)

Sfogliando queste pagine intraprenderete un cammino tra le infinite e meravigliose peculiarità delle lingue che popolano questo nostro mondo. Il titolo, per risonanza, ne richiama ottanta, ma forse sono anche di più (se ne contano almeno un centinaio). Con rigore e ironia, Veronica Repetti ci svela la mappa linguistica che da ieri a oggi ci ha condotto all'origine delle nostre lingue e ci invita a superare i confini e le barriere umane che ci impediscono di ascoltare la nostra lingua più da vicino. 

Forse, allora, il vero punto non è se una lingua permette di pensare certe cose, ma se serve pensarle. In una cultura dove nessuno ha bisogno di contare pecore o vendere noccioline al mercato, perchè mai dovrebbero svilupparsi parole per i numeri? La mente umana ha risorse incredibili per orientarsi anche senza etichette [...]. Perché i concetti non nascono dalla grammatica, ma dal mondo. La lingua può essere una lente, certo, ma non è l'unica: ci sono il corpo, l'esperienza, la comunità. (p. 186)

Scoprire una lingua significa conoscerla da vicino, immergendosi completamente in essa e nella sua cultura. Non si può dire di aver visto il mondo, guardandolo da lontano, bisogna esplorarlo di persona, in ogni angolo e meandro più remoto, e in questo l'autrice ci conferma attraverso le sue avventure quanto il viaggio sia il binario ideale per raggiungere la conoscenza completa di un linguaggio. Questo libro si rivolge quindi ai curiosi: a coloro che non si fermano alla copertina, ma a coloro che solo arrivando all'appendice, si rendono conto di quanto sia stato ricco e istruttivo questo bellissimo e lungo viaggio.

Carlotta Lini